Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 12642 Revocatoria fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

i gli altri.
Svolgimento del processo

La Curatela del Fallimento della S.r.l. SECI – Sviluppo Edilizio Civitavecchiese conveniva davanti al Tribunale di Roma il Comune di Allumiere e la società cooperativa Nuova Formula 78 a r.l, ed esponeva che la società, solo otto mesi prima del fallimento, con atto in data 22 luglio 1992, aveva trasferito a titolo gratuito al Comune l’area della superficie di mq. 2952, sita nel territorio dell’ente convenuto, e che il Comune, nella medesima data, aveva concesso a titolo gratuito alla Cooperativa convenuta il diritto di superficie su una parte dell’area sopra indicata, dell’estensione di mq. 525. Tanto premesso, il Fallimento chiedeva la dichiarazione di inefficacia dei detti atti e "la riacquisizione dei beni suddetti in uno con i relativi frutti". Il Comune si costituiva, sottolineava le finalità pubblicistiche della cessione, escludeva che l’azione proposta del Fallimento potesse implicare l’obbligo di restituzione delle aree e deduceva che era onere della Cooperativa corrispondere l’indennizzo eventualmente spettante al Fallimento attore.

La Cooperativa contestava la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 64, L. Fall., deducendo che in realtà il trasferimento risaliva al luglio 1990, in quanto perfezionatosi con l’accettazione espressa dalla Giunta municipale con la Delib. del 29 settembre 1990;

concludeva per il rigetto della domanda e la declaratoria di responsabilità del Fallimento per i danni derivati dall’azione proposta e dalla trascrizione della citazione.

La causa veniva istruita con produzione di documenti.

Il Tribunale accoglieva la domanda, dichiarava inefficaci i due atti di cessione del 22 luglio 1992, ordinava la trascrizione della sentenza e condannava i convenuti alla rifusione al Fallimento delle spese processuali. Interponeva appello il Comune; si costituiva la Cooperativa, proponendo appello incidentale; il Fallimento si costituiva, e contestava la fondatezza delle argomentazioni poste a base di entrambi gli appelli.

La Corte d’appello, con sentenza in data 4 aprile 2005, in accoglimento dell’appello principale avanzato dal Comune di Allumiere e dell’appello incidentale formulato dalla Cooperativa, ha rigettato la domanda avanzata dal Fallimento della SECI, compensando integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

La Corte d’appello, richiamata la sentenza del Supremo collegio, n. 9532 del 1997, secondo la quale, per qualificare un atto come atto a titolo gratuito agli effetti dell’art. 64 L. Fall., non è sufficiente l’assenza di corrispettivo, che dì per sè non equivale a gratuità dell’atto, ma è necessaria anche la presenza dello spirito di liberalità, ha rilevato che la società si era indotta alla cessione a titolo gratuito nel luglio 1990, sulla base del rilievo che "tale cessione, sebbene apparentemente estranea all’oggetto sociale, è funzionale alla gestione complessiva del rapporto di tipo urbanistico con il comune" (vedi verbale assembleare del 21 luglio 1992); che l’adozione del piano di zona per l’edilizia economica e popolare del marzo 1985 si era sviluppata nell’approvazione del progetto delle opere di urbanizzazione e della convenzione per la concessione del diritto di superficie alle assegnatarie; che con la Delib. febbraio 1990, il Consiglio comunale di Allumiere aveva approvato il piano di zona, contestualmente determinandosi all’espropriazione delle aree comprese nello stesso;

che in questo contesto si inseriva la determinazione della SECI di procedere alla cessione dei terreni di sua proprietà, tanto che sia nella successiva Delib. settembre 1990, con cui il Consiglio comunale decideva di accettare la cessione dell’area, che nell’atto di trasferimento del 1992, risultava chiaramente richiamata nelle premesse l’avvenuta approvazione del piano di zona.

Tale richiamo, secondo la Corte territoriale, rifletteva un rapporto di consequenzialità non soltanto temporale, nel senso che la disponibilità della società a cedere gratuitamente l’area aveva di fatto influenzato le determinazioni del Comune nel dare impulso alle procedure ablatorie, soprattutto nella localizzazione delle aree interessate alla cessione, poi circoscritte alla superficie di mq.

2952.

La cessione del 1992 si era pertanto tradotta per la società fallita "non nella perdita di proprietà del bene (che in realtà appariva come una conseguenza verosimile dell’attivazione delle procedure ablatorie), quanto piuttosto, nella mera rinuncia agli indennizzi spettanti per l’espropriazione; e ciò verosimilmente in funzione di una accelerazione dell’intervento pubblico, all’esito del quale la società avrebbe conservato la proprietà di una vasta area edificabile, valorizzata dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione dei terreni contigui". Tale operazione, secondo la Corte, non poteva considerarsi gratuita, perchè fondata su di una complessiva valutazione delle convenienze patrimoniali e dichiaratamente funzionale al perseguimento di situazioni di vantaggio, come risultante dalla deliberazione assembleare.

Nè infine la domanda attorea poteva essere accolta sotto il diverso profilo dell’art. 67 L. Fall., attesa la diversità tra le due domande e considerato che il Fallimento aveva chiaramente agito soltanto ai sensi dell’art. 64 L. Fall..

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione il Fallimento, sulla base di quattro motivi.

Resistono con controricorso il Comune e la soc. coop. Nuova Formula 78.

Il Fallimento e la soc. coop. Nuova Formula 78 hanno depositato le memorie ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo, il Fallimento denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 64, L. Fall. e degli artt. 169, 1321, 1322 e 1325 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Secondo il ricorrente, il ragionamento e la motivazione della Corte d’appello non solo sono illogici e contraddittori, ma rivelano altresì che la Corte d’appello identifica inammissibilmente l’atto a tìtolo gratuito necessariamente ed esclusivamente con la donazione, per la quale e solo per la quale è indispensabile lo spirito di liberalità; l’eventuale ed indimostrata accelerazione dell’intervento pubblico, così come le eventuali ed indimostrate valorizzazioni dei residui terreni di proprietà della società fallita, costituiscono al massimo dei motivi, non certamente la causa dell’atto, che pertanto non perde la natura di atto a titolo gratuito.

2.1.- Il motivo è fondato, sotto ambedue i profili fatti valere, dì vizio di violazione di legge e di motivazione. La Corte territoriale, a base delle valutazioni ed argomentazioni che l’hanno condotta alla riforma della sentenza del Tribunale, ha posto il principio affermato nella sentenza del S.C., n. 9532 del 1997, secondo cui, agli effetti dell’art. 64, L. Fall., per qualificare un atto quale a titolo gratuito non è sufficiente l’assenza di corrispettivo, che di per sè non equivale a gratuità, ma è necessaria anche la presenza dello spirito di liberalità, per cui gli interventi gratuiti compiuti da una società a favore di un’altra giuridicamente autonoma, ma ad essa collegata, debbono presumersi, qualora ricorrano particolari circostanze che rivelino unitarietà di finalità e di amministrazione, non già espressione dello spirito di condiscendenza e di liberalità, bensì come atti preordinati al soddisfacimento di un proprio interesse economico, sia pure mediato ed indiretto, ma giuridicamente rilevante.

Tale principio è stato disatteso nelle successive pronunce 6739/08 e 2325/06, che hanno affermato che nella revocatoria fallimentare di atti a titolo gratuito, la valutazione di gratuità o onerosità di un negozio va compiuta con esclusivo riguardo alla causa e non già ai motivi, dovendosi escludere che rientrino in detta nozione solo gli atti posti in essere per spirito di liberalità, essendo tale requisito richiesto per la donazione ex art. 769 c.c., mentre non è indispensabile per gli altri atti a titolo gratuito.

In materia, si sono di recente espresse le Sezioni Unite nella sentenza 6538 del 2010, nel caso di pagamento da parte del terzo (si trattava di pagamento da parte di società di capitali di debiti dei soci verso Istituto di credito), rilevando che agli effetti dell’art. 64, L. Fall., l’individuazione dell’atto gratuito, compiuta privilegiando la prospettiva del solvens, va riferita alla causa del negozio intesa come "causa concreta", quale sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente inteso a realizzare, funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato, così concludendo nel senso che pur in presenza del pagamento di un debito della società collegata, ovvero del debito del socio da parte della società partecipata e viceversa, può essere esclusa la gratuità del negozio quando la società disponente abbia comunque realizzato un suo vantaggio economico, in rapporto di causalità mediata ed indiretta con la prestazione.

Quanto alla ripartizione dell’onere della prova, concludono le SS.UU. mancando nello schema causale tipico dell’adempimento del terzo la controprestazione in favore del disponente, si presume che l’atto sia stato compiuto gratuitamente, "sicchè diviene onere del creditore beneficiario provare con ogni mezzo che pure il disponente ha ricevuto un vantaggio in seguito all’atto che ha posto in essere, in quanto questo perseguiva un suo interesse economicamente apprezzabile".

Alla stregua di detti principi, va rilevato in primis che la Corte territoriale ha valutato le risultanze di causa ai fini della individuazione nel caso dello "spirito di liberalità", in applicazione di un principio di diritto non condivisibile ed ha concluso per la valutazione di non gratuità dell’atto, avuto riguardo alle convenienze patrimoniali, siccome "dichiaratamente funzionale al perseguimento di situazioni di vantaggio.

Orbene, premesso che nel caso di cui si tratta l’atto è espressamente dichiarato a titolo gratuito, da cui lo specifico onere probatorio in capo al Comune della non gratuità, va rilevato che le argomentazioni addotte dalla Corte del merito a fondamento della natura non gratuita dell’atto sono viziate da illogicità e contraddittorietà, atteso che, a fronte dell’approvazione del progetto delle opere di urbanizzazione e della convenzione per la concessione del diritto di superficie alle assegnatarie del febbraio 1990, nessuna prova vi è agli atti della pretesa "verosimile" accelerazione dell’attivazione delle procedure ablatorie, e della "localizzazione delle aree interessate alla cessione", nè delle utilità conseguenti a detta accelerazione ed intervento pubblico; la Delib. assembleare del luglio 1992 autorizza semplicemente la cessione; la valorizzazione dei terreni della SECI stante le opere di urbanizzazione dei terreni ceduti non solo è indimostrata, ma non costituirebbe un vantaggio specifico (e per i terreni residui, la SECI avrebbe dovuto affrontare gli oneri di urbanizzazione).

La stessa Corte d’appello ha rilevato che non risultavano del tutto chiare le valutazioni che avevano indotto la società alla determinazione della cessione gratuita.

Da quanto sopra esposto, consegue che le (indimostrate) accelerazioni e valorizzazioni dell’intervento pubblico non sarebbero in tesi tali da influire sulla causa concreta dell’atto, neppure quale vantaggio economico mediato.

La sentenza impugnata è pertanto viziata sia sotto il profilo della violazione di legge che del difetto di motivazione, da cui consegue la cassazione della pronuncia, assorbito l’esame degli ulteriori motivi di ricorso.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa ex art. 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento della domanda ex art. 64, L. Fall. e pertanto con la declaratoria di inefficacia dell’atto a rogito notaio Becchetti di Civitavecchia del 22/7/1992, Rep. n. 28745, Racc. n. 15635, nonchè, quale atto collegato, dell’atto a rogito del detto notaio Becchetti del 22/7/1992, Rep. n. 28746, Racc. n. 15636.

La particolarità del caso di specie, anche alla luce di orientamenti non completamente conformi del S.C., induce motivatamente a compensare tra le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.

La Corte accoglie il 1 motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara l’inefficacia dell’atto a rogito notaio Becchetti di Civitavecchia del 22/7/1992, Rep. n. 28745, Racc. n. 15635, nonchè, quale atto collegato, dell’atto a rogito del detto notaio Becchetti del 22/7/1992, Rep. n. 28746, Racc. n. 15636.

Compensa per l’intero tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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