T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 21-03-2011, n. 2412 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Gli odierni ricorrenti, in qualità di eredi del Consigliere d’Ambasciata M.P., nel dettaglio illustrano le vicende professionali e le condizioni in cui quest’ultimo ha prestato servizio, in particolare nelle sedi della Nigeria e dell’Afganistan al fine di evidenziare il nesso di causalità tra il servizio prestato e l’insorgenza e l’evoluzione della patologia "Carcinosiperitoneale ed insufficienza epatica da adenocarcinoma gastrico" che ne ha causato il decesso.

Precisano, inoltre, i ricorrenti di avere in precedenza presentato domanda volta ad ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di detta patologia e che, con verbale n. 884/95 del 22 giugno 1995, la Commissione Medica Ospedaliera dell’Ospedale Militare di Medicina Legale di Roma ha negato che "fattori generici di servizio, ancorché caratterizzati da stress psicoemotivi, disagi, perfrigerazioni o esposizioni a inclemenze stagionali, possano aver agito anche solo come concausa’, escludendo la dipendenza dell’infermità da causa di servizio.

Anche il Comitato per le Pensioni Privilegiate e Ordinarie, con parere del 25 gennaio 1996, si è espresso in senso sfavorevole in ordine alla dipendenza da causa di servizio dell’infermità del congiunto.

Precisano, ancora, i ricorrenti che alla luce dei nuovi risultati della ricerca scientifica e delle nuove conoscenze hanno chiesto un parere tecnico da cui emerge la sussistenza del nesso eziologico tra la patologia sofferta dal loro congiunto e il servizio da questi prestato, così presentando una nuova istanza al Ministero degli Affari Esteri al fine di ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della predetta infermità sulla base delle mutate conoscenze tecnicoscientifiche.

Mediante adozione del gravato decreto tale istanza è stata rigettata in adesione al parere negativo espresso dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio in data 17 marzo 2010, mentre la Commissione Medica di Verifica di Roma, con verbale del 14 settembre 2009, non ha preso in esame la richiesta in quanto già definita con verbale del 22 giugno 1996 e con delibera del C.P.P.O n. 31581/95 e successivo decreto ministeriale dell’1 aprile 1996.

Avverso tale decreto deducono i ricorrenti i seguenti motivi di censura:

1 – Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 461 del 2001 – Violazione di legge in relazione agli artt. 3 della legge n. 241 del 1990 e 97 della Costituzione – Irragionevolezza – Difetto di istruttoria – Carenza assoluta di istruttoria – Eccesso di potere – Perplessità – Contraddittorietà.

Sostengono i ricorrenti come le commissione tecniche abbiano espresso i relativi pareri sulla base di affermazioni apodittiche e superficiali, omettendo di considerare i più recenti studi scientifici, come illustrati nella perizia di parte, ed omettendo altresì di compiere un’ulteriore attività di verifica in ordine alla eziopatogenesi dell’infermità, traducendosi la motivazione dei relativi atti in affermazioni stereotipate e non esaurienti, frutto del cattivo esercizio della discrezionalità tecnica.

Il parere della Commissione di Verifica, inoltre, nel riportarsi al parere del 22 giugno 1996, sarebbe affetto da contraddittorietà laddove pur dandosi atto della sussistenza di fattori di servizio caratterizzati da stress psicoemotivi, disagi, perfigerazioni o esposizioni a inclemenze, si esclude che tali fattori possano aver agito anche solo come concausa trattandosi di malattie ad eziopatogenesi sconosciuta, significando in proposito che alla luce dell’attuale scienza medica la patologia in questione può essere ricondotta ai predetti elementi di servizio.

2 – Violazione di legge in relazione agli art. 3 della legge n. 241 del 1990 e 97 della Costituzione – Irragionevolezza – Carenza assoluta di istruttoria – Travisamento fattuale.

Denunciano i ricorrenti l’omesso esame della documentazione al fine di apprezzare la rilevanza causale o concausale delle condizioni in cui il loro congiunto ha prestato servizio, lamentando la superficialità con cui i tre anni di servizio prestati a Kabul vengano qualificati come un periodo relativamente breve dal Comitato di Verifica.

Descrivono, quindi, nel dettaglio le condizioni in cui il servizio a Kabul è stato prestato, come anche emergente dai rapporti informativi, il cui esame sarebbe stato del tutto omesso, non dandosi conto nei contestati pareri degli elementi dedotti e della loro incidenza sulle condizioni di salute del congiunto.

3 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 6, 10 e 11 del D.P.R. n. 461 del 2001 – Violazione di legge in relazione agli artt. 1, 3, 6 e 7 della legge n. 241 del 1990 e 97 della Costituzione – Irragionevolezza – Difetto di motivazione – Carenza assoluta di istruttoria.

Si riportano i ricorrenti alle considerazioni espresse nella perizia di parte circa le cause della patologia ed i fattori di rischio generalmente accettati, significando la lunga esposizione del congiunto a tali fattori di rischio nel concreto riscontrabili nelle condizioni di svolgimento del servizio.

Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione eccependo, in via preliminare, l’irricevibilità per tardività del ricorso e deducendone nel merito l’infondatezza, con richiesta di corrispondente pronuncia.

Alla pubblica udienza del 23 febbraio 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso il decreto – meglio descritto in epigrafe nei suoi estremi – con cui è stata rigettata la nuova istanza volta al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità "Carcinosiperitoneale ed insufficienza epatica da adenocarcinoma gastrico" che ha causato il decesso del congiunto dei ricorrenti in data 5 luglio 1994, istanza presentata nella considerazione che il nesso di causalità tra la patologia e l’attività di servizio, negato in sede di rigetto della precedente istanza con D.M. dell’1 aprile 1996, dovesse essere rivalutato alla luce delle nuove conoscenze scientifiche acquisite.

Deducono i ricorrenti, avverso il gravato decreto, una articolata serie di censure volte a denunciarne l’illegittimità sia per violazione di legge che per eccesso di potere sotto vari profili sintomatici.

Anticipando le conclusioni che il Collegio, alla luce delle considerazioni che si andranno ad illustrate, intende trarre, deve ritenersi l’infondatezza delle proposte censure, non risultando il gravato provvedimento affetto dai denunciati vizi, avuto particolare riguardo al quadro normativo di riferimento, alla natura del giudizio contestato ed al correlato ambito di sindacabilità in sede giurisdizionale ed al contenuto del gravato provvedimento, adottato in adesione ai pareri sfavorevoli espressi dalla Commissione Medica di Verifica di Roma e dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, tenuto conto dell’ambito delle rispettive competenze.

L’anticipata infondatezza delle censure ricorsuali proposte consente – anche per ragioni di giustizia sostanziale – di prescindere dalla disamina dell’eccezione, sollevata dalla resistente Amministrazione, di irricevibilità del ricorso per tardività della sua proposizione.

Per ragioni di logica espositiva e di ordine nella trattazione, giova premettere alla disamina delle censure proposte l’illustrazione del contenuto dei pareri espressi dagli organi tecnici intervenuti nel procedimento confluito nell’adozione del gravato decreto, che agli stessi si conforma, risultando tale illustrazione utile a far comprendere le ragioni dell’infondatezza delle censure con cui i ricorrenti lamentano i vizi di difetto di motivazione e di istruttoria che inficerebbero il gravato diniego.

Va, in tale direzione, evidenziato che la Commissione Medica di Verifica di Roma, con parere reso in data 14 settembre 2009, non ha ritenuto di prendere in esame l’infermità in quanto già definita con verbale del 22 giugno 1995 della Commissione Medica Ospedaliera, con delibera del C.P.P.O n. 31581/95 e successivo decreto ministeriale dell’1 aprile 1996.

Il parere della Commissione Medica Ospedaliera dell’Ospedale Militare di Medicina Legale di Roma del 22 giugno 1995 si esprime nel senso di negare la dipendenza da causa di servizio della patologia trattandosi di malattia ad eziopatogenesi sconosciuta, in relazione alla quale viene escluso che "fatti generici di servizio, ancorchè caratterizzati da stress psicoemotivi, disagi, perfigerazioni o esposizioni a inclemenze stagionali, possano aver agito anche solo come concausa nel determinismo dell’infermità causa del decesso e considerato che l’ex dipendente nel corso del servizio non è stato esposto a particolari e specifici agenti cancerogeni".

Il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio ha confermato, con parere reso in data 17 marzo 2010, il precedente parere negativo nella considerazione che "neanche quanto ora dedotto evidenzia specifici elementi del servizio che per loro natura, rilevanza ed entità ben determinata o quantificata, forniscano la prova piena, che incombe sul richiedente, di essere esclusivamente causativi ovvero prevalenti rispetto ai comuni fattori morbigeni e cioè causa o concausa efficiente e determinante della patologia". A tale conclusione il Comitato è pervenuto previo dichiarato esame e valutazione di tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio, tenendo conto dell’assenza di patologie pregresse dell’apparato gastrico riconosciute dipendenti da causa di servizio, del relativamente breve periodo trascorso dal dipendente a Kabul, della non acclarata rapida insorgenza della particolare patologia tumorale, ritenuta a lenta evoluzione.

L’illustrato contenuto dei pareri cui il decreto impugnato si conforma e di cui costituiscono motivazione per relationem, rende conto, innanzitutto, dell’adeguatezza della motivazione sottesa al mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità contratta dal congiunto dei ricorrenti, essendo ivi diffusamente illustrate le ragioni in base alle quali gli elementi caratterizzanti il servizio prestato non siano stati ritenuti integrare i caratteri di causa o concausa efficiente e determinante dell’infermità.

Avuto particolare riguardo al parere reso dal Comitato, gli eventi di servizio, difatti, sono stati posti in relazione con le conoscenze inerenti la natura e lo sviluppo dell’infermità, e nel non ritenerne la prevalenza rispetto ai comuni fattori morbigeni, sono stati espressamente considerati la natura, la rilevanza e l’entità dei fattori di servizio allegati a sostegno dell’istanza, i quali non sono stati ritenuti, sulla base di una motivazione congrua e non affetta da palesi vizi di irrazionalità, rivestire efficacia causale nella misura richiesta.

Ed invero, non è sufficiente, ai fini del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, che un fattore inerente il servizio prestato costituisca un elemento di rischio per l’insorgenza o lo sviluppo dell’infermità sulla base delle conoscenze scientifiche, occorrendo invece che gli stessi rivestano un ruolo causale o concausale efficiente e determinante da provare in concreto, e non sulla base di un giudizio meramente probabilistico, che sembra invece ispirare sia le affermazioni svolte da parte ricorrente che la perizia di parte depositata in atti.

Parimenti esaustivo e privo di vizi logici appare il parere formulato dalla Commissione Medica di Verifica di Roma, che nel confermare il contenuto per parere precedentemente espresso dall’omologo organo, esclude che fattori generici di servizio, pur se caratterizzati da stress, in assenza di esposizione a particolari e specifici agenti cancerogeni, possano aver agito anche a livello di concausa nel determinismo di un’infermità ad eziopatogenesi sconosciuta, senza che possa ravvisarsi la dedotta contraddittorietà tra gli illustrati pareri, posto che la mancata conoscenza delle precise cause di insorgenza di una patologia non precludono la possibilità di escludere l’incidenza sulla stessa di fattori di servizio stressanti, né appare contraddittoria l’affermazione del Comitato secondo cui non sarebbero evidenziati specifici elementi di servizio aventi efficienza causale o concausale, i quali, per come affermato da parte ricorrente, rilevano al più quali fattori di rischio, ed in ordine ai quali non emerge con il necessario carattere di certezza e di univoca concludenza probatoria l’incidenza causale sulla patologia, trattandosi di "possibili fattori causativi dell’insorgenza" della neoplasia" – come affermato in ricorso – che invece, ai fini della dimostrazione del nesso di causalità o concausalità devono assumere una più concreta incidenza.

Né emergono profili di illegittimità nel parere reso dal Comitato di Verifica laddove ha omesso di prendere nuovamente in esame l’infermità confermando il precedente parere, competendo a tale organo la diagnosi dell’infermità, l’individuazione del momento di conoscibilità e delle conseguenze della stessa sull’integrità fisica e psichica del dipendente, e rispetto a tali competenze non risulta censurabile l’aver rinviato alle considerazioni già espresse, senza che ciò si traduca in una omessa valutazione degli elementi di rilievo, come emergenti anche dalle attuali conoscenze scientifiche, che all’evidenza non sono state ritenute idonee a mutare il precedente giudizio.

Non meritano, inoltre, favorevole esame le deduzioni svolte dai ricorrenti in ordine al difetto di istruttoria, posto che, richiamato quanto sopra appena illustrato, risulta dal parere del Comitato l’esame degli elementi rappresentati a sostegno della nuova istanza, la cui valenza non è stata ritenuta idonee a comprovare il necessario nesso causale o concausale.

Aggiungasi che nel procedimento preordinato all’accertamento dei presupposti per la liquidazione al pubblico dipendente dell’equo indennizzo la valutazione tecnica affidata al Comitato per la verifica delle Cause di Servizio è volta all’accertamento del nesso di dipendenza causale o anche solo concausale, ma pur sempre efficiente e determinante, non solo fra l’infermità e l’invalidità che si assume essere da essa derivata, ma anche e innanzi tutto fra l’infermità e i fatti ricollegabili alla prestazione lavorativa svolta dal pubblico dipendente e/o all’ambiente lavorativo nel quale quest’ultimo era tenuto a prestare la propria opera.

Tale parere non risulta, inoltre, essere fondato su presupposti erronei laddove definisce relativamente breve il periodo trascorso dal congiunto dei ricorrenti a Kabul, trattandosi di un periodo di tre anni, e rilevando in proposito il Collegio che viene in rilievo un’ipotesi di recidiva di infermità già trattata chirurgicamente nel 1991 e che il congiunto è stato destinato a Kabul per tre anni sino al 1994.

Non risulta, quindi, neanche integrato il denunciato vizio di cattivo esercizio della discrezionalità tecnica, avendo l’organo consultivo espresso un parere sorretto da adeguata motivazione calata nella specifica situazione presa in esame – e non, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, stereotipata ed apodittica – sulla base dell’esame degli elementi di rilievo.

Peraltro, giova ricordare che – secondo consolidata e costante giurisprudenza da cui non sussistono ragioni per discostarsi (ex plurimis, da ultimo: T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 21 dicembre 2010, n. 37911; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 03 dicembre 2010, n. 35286; Consiglio di Stato, Sez. IV, 06 maggio 2010, n. 2619) il giudizio medico legale circa la dipendenza di infermità da cause o concause di servizio rientra nella discrezionalità tecnica della Commissione Medica di Verifica e del Comitato Medico di Verifica per le Causa di Servizio ed è basato su nozioni della scienza medica specialistica e su dati di esperienza di carattere tecnico – discrezionale che, in quanto tali, sono sottratti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvi i casi in cui si ravvisi irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, manifesta irragionevolezza, arbitrarietà, mancata considerazione della sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sul giudizio medico finale, che invero non ricorrono nel caso di specie, dovendo il sindacato del giudice amministrativo – comunque chiamato ad una valutazione ab externo della ragionevolezza, incongruità e carenza di esaustività – arrestarsi, in ordine alle valutazioni specifiche di carattere medicolegale, qualora l’operato dell’Amministrazione non presenti indizi di sussistenza di tali vizi o qualora siano criticati i criteri tecnici impiegati.

Il sindacato sui giudizi espressi in relazione a domande di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di patologie contratte da pubblici dipendenti in costanza di servizio o di riconoscimento dell’equo indennizzo è ammesso, difatti, esclusivamente nelle ipotesi in cui emergano dall’atto contestato evidenti vizi logici, desumibili dalla sua motivazione, in ragione dei quali si evidenzi l’inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l’Amministrazione, non potendo il giudice amministrativo sindacare il merito della valutazione riservata al Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, né tanto meno può sostituire la propria valutazione a quella del predetto comitato, ma può censurare la valutazione sul piano della carenza della motivazione ovvero del difetto di istruttoria, nella specie in esame non riscontrabili.

Non può, quindi, il Collegio accedere alla prospettiva di parte ricorrente laddove tende a contestare nel merito le valutazioni espresse dagli organi consultivi, essendo al giudice rimessa una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza da causa di servizio, vale adire sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, laddove l’accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato al Comitato di verifica per le cause di servizio.

Al riguardo è utile rilevare che ai sensi del D.P.R. n. 461 del 2001, di cui parte ricorrente denuncia l’intervenuta violazione, al Comitato spetta il compito di emettere il giudizio definitivo circa la dipendenza o meno da causa di servizio della patologia già diagnosticata – laddove la diagnosi è rimessa alla competenza della Commissione Medica -esprimendo un giudizio conclusivo, che rappresenta il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, quale la Commissione Medica.

Il parere della Commissione Medica è di carattere strettamente medico – legale e si limita, perciò, a constatare l’infermità ed il tipo di lavoro, mentre quello del Comitato è di carattere più articolato e complesso, sia per la composizione dell’organo (in cui sono presenti professionalità non soltanto mediche, ma anche giuridiche e amministrative), sia per la più completa istruttoria effettuata, non limitata ai soli aspetti medico – legali, assumendo a fondamento del proprio apprezzamento le cognizioni della scienza medica e specialistica ed il cui ruolo preminente discende dalla sua particolare composizione che riflette una competenza generale, costituendo un momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi, rispetto alle cui valutazioni, vincolanti per l’Amministrazione in quanto definitive, il sindacato giurisdizionale, a fronte della natura delle stesse, è di tipo estrinseco.

Il delineato quadro delle competenze assegnate agli organi consultivi ed all’Amministrazione chiamata ad adottare il provvedimento conclusivo risulta, nella fattispecie in esame, essere stato rispettato, non essendo rinvenibili discostamenti dal modello e dalle regole procedimentali fissate dal richiamato testo normativo.

In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra illustrate, il gravato decreto ed i pareri cui lo stesso si conforma non si presentano affetti dai denunciati vizi, dovendo pertanto il ricorso in esame essere rigettato.

La natura della vicenda contenziosa suggerisce di disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso N. 8263/20010 R.G., come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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