Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 12632

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Padova, con sentenza del 19.2.03, in accoglimento dell’opposizione ex art. 404 c.p.c., comma 2, proposta dal Fallimento della New De Franceschi di Puleo Giuseppe & C. s.n.c. e dei soci collettivisti, P.G. e D.F.S., annullò la sentenza 26.10.99 del medesimo Tribunale, che aveva accertato il diritto di proprietà di D.F.N., padre di S., su due immobili catastalmente intestati a quest’ultima, e dichiarò che i beni appartenevano al fallimento della socia illimitatamente responsabile.

L’appello proposto da D.F.N. contro la decisione fu respinto dalla Corte d’Appello di Venezia con sentenza del 2.5.05.

La Corte, ritenuta infondata l’eccezione di tardività dell’opposizione sollevata dal D.F., affermò che le circostanze di fatto accertate dal primo giudice (adesione spontanea di D.F.S. alla domanda proposta nei suoi confronti dal padre, situazione di dissesto della s.n.c. New De Franceschi anteriore alla citazione, conoscenza di tale situazione da parte dell’attore, che aveva prestato fideiussione in favore della società) non lasciavano dubbio alcuno sulla collusione delle parti.

D.F.N. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi.

Il Fallimento della New De Franceschi di Puleo Giuseppe & C. s.n.c. e dei soci illimitatamente responsabili ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
Motivi della decisione

1) Preliminarmente, va rilevato che la nullità della notifica del ricorso, eseguita da ufficiale giudiziario non competente (in quanto addetto all’ufficio del G.d.P. di Padova), risulta sanata con effetto ex tunc, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., dalla costituzione del Fallimento intimato, sebbene questa sia avvenuta dopo la scadenza del termine per ricorrere (Cass. nn. 4870/96, 3624/92, 8235/87, 5705/86).

La nullità della notificazione, peraltro, impedisce di rilevare la tardività del controricorso, notificato oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c..

2.1) Con il primo motivo di ricorso, D.F.N., denunciando violazione degli artt. 326, 404 e 405 c.p.c., lamenta che la Corte d’Appello non abbia rilevato la nullità dell’atto di citazione in opposizione di terzo proposto dal Fallimento che, a suo dire, sarebbe privo dell’indicazione della data in cui l’opponente era venuto a conoscenza della collusione fra le parti e della relativa prova.

2.2.) Sotto altro profilo, si duole che la Corte abbia ritenuto tempestiva l’opposizione, notificatagli il 16.4.99, sul rilievo che solo il 25.3.99 il curatore aveva potuto verificare il contenuto della dichiarazione rilasciata da D.F.S. al giudice, e che non abbia considerato che la sentenza opposta si fondava proprio sul documento in questione, il cui contenuto emergeva chiaramente dalla semplice lettura della sua motivazione.

Entrambe le censure vanno dichiarate inammissibili.

Con la prima, infatti, il D.F. introduce nella presente sede un’eccezione non proposta in sede d’appello ed il cui esame risulta pertanto precluso dal giudicato interno formatosi sulla questione a seguito dell’accoglimento nel merito, in primo grado, della domanda del Fallimento, comportante l’implicita i Vj affermazione da parte del Tribunale della piena validità dell’atto introduttivo del giudizio, evidentemente ritenuto completo di tutti gli elementi richiesti a tal fine dall’art. 405 c.p.c., comma 2.

Con la seconda, invece, il ricorrente – nel contestare genericamente, e solo in parte, la approfondita motivazione in base alla quale la Corte territoriale ha escluso che la collusione emergesse dalla sola lettura della sentenza opposta ed ha ritenuto che il curatore l’avesse scoperta non prima del 24.3.99 – mira ad ottenere un diverso apprezzamento sul punto delle risultanze processuali e, dunque, un riesame del merito della causa, non consentito nella presente sede di legittimità. 3) Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso, con il quale il D.F., denunciando violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c., sostiene che la Corte territoriale, nel ritenere provata la collusione, non ha tenuto conto di una serie di elementi di fatto fondamentali (quali: la mancanza di disponibilità economiche della figlia S.; l’avvenuto acquisto degli immobili fra il 78 ed il 92, prima ancora della costituzione della società poi fallita; il rilascio sin dal luglio del 92 della dichiarazione in cui la D. F. riconosceva di essere mera intestataria dei beni; i documenti aventi data certa che dimostravano che egli aveva pagato il prezzo dei due appartamenti; la proposizione del giudizio per ottenerne la reintestazione solo dopo che la figlia aveva avviato trattative per rivenderli), la cui valutazione l’avrebbe condotta ad una diversa decisione.

Va in proposito, in primo luogo, rilevato che spetta al giudice del merito di individuare le fonti del proprio convincimento e, pertanto, di valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e di scegliere – tra le risultanze istruttorie – quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia. Al detto giudice, quindi, non può imputarsi l’omesso esame di elementi di fatto che avrebbero reso solo possibile o probabile una diversa conclusione del giudizio, ma solo quel difetto di attività che si verifica tutte le volte in cui egli abbia trascurato una circostanza idonea di per sè, qualora fosse stata presa in considerazione, a condurre con certezza ad una diversa decisione (cfr., fra molte, Cass. n. 6832/08, 15489/07, 13082/07, nonchè Cass. SS.UU. n. 13045/97).

Ebbene, le circostanze di fatto indicate dal ricorrente, quand’anche globalmente considerate, risulterebbero prive del carattere della decisività, in quanto non varrebbero ad escludere la rilevanza probatoria di quelle, con esse contrastanti, cui la Corte territoriale ha dato prevalenza e sulle quali poggia la motivazione della sentenza impugnata.

Va aggiunto, ad ogni buon conto, che il motivo è inammissibile anche perchè difetta del requisito dell’autosufficienza.

Il ricorrente, infatti, sostiene che alcune delle indicate circostanze sarebbero pacifiche in causa, ma non precisa in quale atto le abbia allegate nè chiarisce perchè dovrebbero ritenersi non contestate dal curatore, e che altre sarebbero desumibili da documenti che non assume di aver ritualmente prodotto in giudizio e dei quali omette di riportare il contenuto: non è dunque consentito a questa Corte, sulla sola base delle deduzioni contenute nel motivo (alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative), effettuare il dovuto controllo in ordine all’effettiva sussistenza del denunciato vizio di motivazione (cfr., fra molte, Cass. nn. 12988/010, 12984/06, 3105/04).

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del D.F. al pagamento in favore del Fallimento delle spese processuali, che si liquidano in L. 2.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al Fallimento New De Franceschi di Puleo Giuseppe & C. s.n.c. e dei soci illimitatamente responsabili P.G. e D.F. S. le spese del giudizio, liquidate in Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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