Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-02-2011) 23-03-2011, n. 11519

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 2.3.10 la Corte d’Appello di Brescia dichiarava inammissibile l’apposto proposto da M.L. contro la sentenza 21.12.04 con cui il Tribunale della stessa sede, previa concessione delle attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni 3 di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa per i delitti di cui agli artt. 648, 648 bis, 490, 477 e 482 c.p., unificati nel vincolo della continuazione.

Ricorre personalmente il M. contro la decisione di inammissibilità del gravame, di cui chiede l’annullamento sostenendo che, per quanto sinteticamente, nel proprio appello aveva censurato la condanna per i delitti di cui ai cap. A, B e D, prospettando che avrebbe potuto ricevere da altri i beni in questione.

1- Il ricorso è manifestamente infondato.

La Corte territoriale, conformemente al combinato disposto dell’art. 581 c.p.p., lett. c) e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), ha dichiarato l’appello del M. inammissibile per assoluta genericità del motivo in esso svolto, che con mere affermazioni di stile non chiariva perchè non vi fossero prove della penale responsabilità relativamente ai delitti di riciclaggio, distruzione di atti amministrativi e falso, risolvendosi la richiesta di assoluzione per difetto di prova in una mera tautologica formula di stile, senza affrontare nel merito gli argomenti della sentenza di prime cure.

Quest’ultima aveva motivato la condanna in base al rilievo che il M. non aveva spiegato le circostanze in cui aveva ricevuto l’auto e che era stato l’unico possessore della stessa a potervi apporre le false targhe – in sostituzione di quelle autentiche – e a poter predisporre una falsa carta di circolazione contenente i dati identificativi di altra autovettura che lo stesso M. aveva preso in leasing dalla GE Capital di Mondovì, senza poi pagarne i canoni nè restituire l’autoveicolo.

Dato atto del carattere meramente assertivo dell’appello proposto dall’imputato, la Corte territoriale ha giustamente applicato il noto insegnamento giurisprudenziale di questa S.C., secondo cui è inammissibile il ricorso che non esamini specificamente – per confutarle – le motivazioni svolte dal provvedimento impugnato, limitandosi ad una meramente assertiva doglianza di mancanza di prova della penale responsabilità dell’imputato (cfr., ad es., Cass. n. 19951 del 15.5.2008, dep. 19.5.2008).

2- In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Ex art. 616 c.p.p. consegue la condanna del ricorrente alle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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