Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-01-2011) 23-03-2011, n. 11574

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 2.3.2010 il GIP presso il Tribunale di Napoli applicava a M.G. la misura cautelare degli arresti domiciliari in ordine ad un tentativo di rapina realizzato, il 12.10.2009, in concorso con altri, in danno della Unicredit Banco di Roma di Giugliano.

L’indagato presentava istanza di riesame avverso l’ordinanza.

Il Tribunale del riesame con provvedimento in data 23.3.2010 annullava l’ordinanza impugnata.

Evidenziava il giudice del riesame che il compendio indiziario proposto dall’Accusa si fondava quasi del tutto sui risultati delle intercettazioni telefoniche, quindi, questione preliminare e decisiva era la valutazione della legittimità delle stesse.

Ciò premesso riteneva che l’intercettazione sull’utenza (OMISSIS), intestata a tale D.H., in uso secondo gli operanti a D.B.A. e MA.Gi., autorizzata dal GIP con decreto in data 26.10.2009, non era utilizzabile per nullità del decreto sulla scorta delle seguenti considerazioni:

1) il decreto era privo di motivazione perchè rinviava alla "informativa dei Carabinieri della Compagnia di Giugliano in Campania datata 17.10.2009" che non menzionava MA. e DI B. (sottolineava che era possibile che il GIP fosse incorso in errore materiale, volendo fare riferimento all’informativa del 20.10.2009);

2) il GIP senza alcuna motivazione assumeva che "le emergenze investigative avevano consentito di acclarare il coinvolgimento nella presente vicenda di MA.Gi.", circostanza che secondo il giudice del riesame, non corrispondeva a verità;

3) non motivava circa le ragioni per cui sottoponeva ad intercettazione un’utenza che poteva appartenere a D.B. A.;

4) non rispettava la condizione della assoluta indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini.

Il Tribunale affermava la nullità del decreto emesso dal GIP in data 26.10.2010.

Tale declaratoria, secondo il giudice del Riesame, comportava che i risultati di detta intercettazione che avevano giustificato tutte le intercettazioni successive, non costituivano elementi utilizzabili per giustificare le successive acquisizioni.

Concludeva affermando che a carico del M., indicato come partecipe della c.d. "banda del buco" – chiamata così perchè gli autori di rapine in danno di gioiellerie e Istituti di Credito utilizzavano la rete fognaria come via di accesso e di fuga, – rimaneva solo il foro praticato nel suo box situato vicino alla filiale Unicredit che era stata oggetto di un tentativo di rapina il 13.10.2009.

Aggiungeva che le dichiarazioni rese dal M. alla P.G. nell’immediatezza dell’esito positivo della perquisizione del box non erano utilizzabili ex art. 63 c.p.p..

Ricorre per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli deducendo:

Carenza e manifesta illogicità della motivazione, risultante dal provvedimento impugnato e da tutti gli atti richiamati.

Il ricorrente in via preliminare osserva che il compendio indiziario posto dal GIP a fondamento dell’ordinanza custodiale nei confronti dell’indagato è costituito da un articolato incrocio di attività di ricognizione dei luoghi, acquisizione di dichiarazioni testimoniali, rilievi tecnici ed ulteriore attività investigative di riscontro e che significativi dati di conoscenza e ricostruzione erano stati acquisiti attraverso l’intercettazione di conversazioni tra presenti all’interno dell’autovettura Clio tg. (OMISSIS) disposte con decreto del GIP del 14.1.2010.

Ciò detto rileva che il decreto censurato dal Riesame presenta un idoneo apparato argomentativo.

Vi è infatti il riferimento all’informativa degli operanti del 17.10.2009 e alla pregressa attività di indagine.

Tale espressione denuncia l’avvenuta valutazione da parte del GIP dei dati investigativi contenuti nell’informativa del 20.10.2009, trasmessa con la richiesta di intercettazione, nella quale erano documentate attività di indagine da cui dedurre l’assoluta indispensabilità delle intercettazioni delle utenze in uso agli indagati MA. – D.B..

Attività di indagine che aveva portato ai seguenti risultati:

M. risultava indagato per altre rapine commesse con D. B.;

in occasione della perquisizione del 16.10.2009 presso l’abitazione del MA., veniva rilevata la presenza del D.B. che cercava di darsi alla fuga; sulla vettura del MA. veniva rinvenuto un telefono cellulare (poi intercettato) intestato a cittadina polacca risultata inesistente; il MA. risultava indagato per una rapina commessa sempre con la tecnica "del buco" il 16.9.2009.

Lamentava il ricorrente che le intercettazioni sulle utenze rinvenute sulla vettura del MA. alla luce di tali elementi erano sicuramente necessarie ed indispensabili per la prosecuzione delle indagini.

Inosservanza ed erronea applicazione delle norme processuali.

Lamenta il ricorrente che secondo l’insegnamento di questa Corte la sanzione di inutilizzabilità di intercettazioni telefoniche non può estendersi ad altre successive intercettazioni ritualmente autorizzate non sussistendo il c.d. principio di inutilizzabilità derivata.

Evidenzia come il meccanismo "a cascata" congegnato dal Tribunale del Riesame avrebbe come conseguenza logica e giuridica una paralisi complessiva delle acquisizioni investigative qualificando come inutilizzabile ogni dato investigativo (anche futuro) che abbia un profilo di correlazione (anche sul piano logico) con l’originario decreto di intercettazione telefonica di cui si assume la "nullità".

Il ricorso del Procuratore della Repubblica di Napoli è fondato e merita accoglimento.

Il Tribunale del Riesame ha annullato la misura cautelare disposta nei confronti di M.G. sul presupposto dell’inutilizzabilità del compendio indiziario ritenuto fondato esclusivamente sul risultato di intercettazioni che non potevano essere utilizzate perchè la dichiarata nullità del decreto del GIP presso il Tribunale di Napoli che il 26.10.2009 aveva autorizzato le prime intercettazioni telefoniche sull’utenza n. (OMISSIS) in uso a MA. e D.B. aveva determinato l’inutilizzabilità di tutte le intercettazioni successive, giustificate dagli esiti di detta intercettazione inutilizzabile.

La nullità del decreto era affermata per le seguenti ragioni:

mancanza di motivazione, incertezza circa l’usuario della utenza, indicata come appartenente al D.B. o al MA., assoluta carenza del requisito dell’indispensabilità.

In realtà il Tribunale del Riesame, dopo aver affermato che il decreto in argomento è stato emesso nel rispetto della sussistenza della gravità indiziaria, ha ritenuto non rispettata la condizione della "assoluta indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini" sulla scorta della seguente considerazione: se può essere utile l’intercettazione di qualsiasi telefono nel corso delle indagini le sole intercettazioni consentite sono quelle assolutamente indispensabili.

E ha ritenuto, allo stato delle risultanze investigative, fin lì acquisite, che tale indispensabilità non sussistesse nei confronti del MA. del quale i CC avevano riferito solo che era un pregiudicato per delitti di rapina, meno ancora per il D.B. rispetto al quale nulla era stato indicato.

Ciò detto deve però rilevarsi che nel decreto censurato si legge:

"che le emergenze investigative in atti hanno consentito di acclarare il coinvolgimento di M. e MA. ed è allora indubitabile che le intercettazioni sulle utenze in uso a costoro siano assolutamente necessarie per acquisire la conoscenza e la prova degli elementi del reato, per identificare gli autori dello stesso e proseguire le indagini".

Il decreto è motivato per relationem agli atti di indagine compendiati nella richiesta di autorizzazione alle operazioni di intercettazione del P.M. e alla stessa allegati.

Questa Corte ha più volte ribadito (cfr. Cass. SSUU n. 17/2000) che l’apparato motivazionale del provvedimento autorizzativo, che può anche essere succinto, deve dare dimostrazione dell’iter cognitivo e valutativo seguito dal decidente per giungere al risultato decisorio, per consentire la facoltà di critica di chi ha titolo per impugnare o contestare la decisione e per permettere l’esercizio del potere di controllo all’organo funzionalmente sovraordinato.

Ciò implica l’esigenza che l’atto di riferimento sia contestualmente – o, quanto meno, nel momento in cui può essere esercitata la facoltà di contestazione o impugnazione – conosciuto o conoscibile nella sua integrità.

Pertanto, la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione.

Deve cioè fornire la dimostrazione che il decidente ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti alla sua decisione.

L’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, deve essere conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione.

Ciò detto deve rilevarsi che fra le emergenze investigative richiamate dal GIP e sottoposte alla sua valutazione, come indicato nella richiesta del P.M. vi erano:

1) gli accertamenti alla banca dati che attestavano che M. e D.B. erano indagati in un medesimo procedimento per associazione per delinquere nell’ambito di un’attività di indagine nei confronti di rapinatori di Giugliano in Campania, comune dove erano state segnalate numerose rapine compiute in una zona ben precisa con un metodo particolare: utilizzazione da parte dei rapitori della rete fognaria come via di accesso e di fuga;

2) accertati rapporti fra D.B. e MA., noti alle forze dell’ordine come rapinatori, e rinvenimento nella loro disponibilità dell’utenza in argomento risultata intestata a soggetto inesistente.

Il Tribunale del Riesame nella sua ordinanza ha omesso qualsiasi indicazione in ordine a tali circostanze limitandosi ad affermare che l’intercettazione è stata effettuata "a casaccio" ovvero sulla scorta di inutilizzabili informazioni confidenziali.

Deve aggiungersi che, come indicato dal ricorrente l’ordinanza applicativa della misura cautelare si fondava su un compendio indiziario costituito anche da elementi precedenti e distinti dall’intercettazione, autorizzata con decreto 26.10.2009, rispetto ai quali è stata omessa qualsiasi valutazione.

Il Tribunale si è infatti limitato ad affermare che i risultati dell’intercettazione autorizzata il 26.10.2009, che hanno giustificato tutte quelle successive, non costituiscono elementi utilizzabili per giustificare le successive acquisizioni, con la conseguenza che il compendio indiziario a carico degli indagati risultava del tutto inutilizzabile.

Il giudice del riesame non ha considerato che in via di principio il disposto fissato dall’art. 185 c.p.p., comma 1, secondo cui la nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo, non trova applicazione in materia di inutilizzabilità, riguardando quest’ultima solo le prove illegittimamente acquisite e non altre, la cui acquisizione sia avvenuta in modo autonomo e nelle forme consentite e non ha offerto alcuna indicazione in ordine alla utilizzabilità o meno degli altri elementi probatori, in particolare delle intercettazioni ambientali disposte sull’autovettura Renault Clio tg (OMISSIS) in uso al MA. (decreto n. 113/2010).

Con riguardo specifico alla posizione del M. ha affermato che a suo carico resta solo il dato obiettivo del foro praticato nella parete del box dallo stesso utilizzato e le sue dichiarazioni inutilizzabili ex art. 63 c.p.p., senza considerare che a fini cautelari sono utilizzabili le dichiarazioni spontanee rese dalla persona indagata alla polizia giudiziaria. (N. 107 del 1993 Rv.

194502, N. 1249 del 1992 Rv. 190870, N. 5912 del 1995 Rv. 203167, N. 1650 del 1997 Rv. 207427, N. 1770 del 1997 Rv. 208842, N. 3020 del 1999 Rv. 214030).

Questi errori di impostazione e questi vizi di motivazione impongono, in accoglimento del ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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