Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-01-2011) 23-03-2011, n. 11623 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del Tribunale di Bari, in data 21.1.2010, veniva rigettato l’incidente di esecuzione promosso da C.A., – con cui veniva richiesta la sospensione della esecuzione di pena risultata inflitta a A.A., con sentenza irrevocabile 22.1.2006, sul presupposto che trattavasi di persone diverse.

Emergeva che dal verbale di accompagnamento redatto nei confronti del C., il 31.10.2009, lo stesso declinò dette generalità, mostrando passaporto a nome C.), ma in base ai riscontri dattiloscopici, il medesimo risultava attinto da misura cautelare in carcere, sotto il nome di A.A., nato in (OMISSIS), per violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74, reato per cui era stata pronunciata sentenza di condanna, diventata definitiva, che era stata messa in esecuzione.

2. Avvero detto provvedimento, ha interposto ricorso per Cassazione la difesa dell’imputato, per dedurre mancanza e manifesta illogicità della motivazione, nonchè violazione dell’art. 667 c.p.p. e dell’art. 13 Cost..

Secondo la difesa, i giudici dell’esecuzione avrebbero dato credito solo ai rilievi della Guardia di Finanza di Bari, che aveva asserito di aver acquisito riscontri dattiloscopici mediante AFIS comprovanti l’identità del soggetto, senza alcuna allegazione dei documenti attestanti quanto affermato. Lamenta la difesa che il Tribunale di Bari non abbia attivato la procedura ex art. 667 c.p.p. e non abbia sollecitato il pm ad ulteriori accertamenti, non abbia acquisito i rilievi dattiloscopici dell’interessato, onde procedere ad una comparazione tra le impronte digitali con perizia tecnica, con ciò incorrendo anche nella violazione dell’art. 13 Cost., secondo cui un cittadino non può essere privato della libertà personale, sulla base di una mera relazione di Pg. Viene sottolineato che la misura custodiate cui si fa riferimento, non venne mai eseguita, poichè trattasi di soggetto latitante e contumace nel processo.

3. Il Pg ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso, in quanto secondo l’art. 667 c.p.p., comma 1 la procedura per accertare l’identità del soggetto si attiva solo ove ricorra il dubbio dell’identità, dubbio che nel caso di specie non ricorre, in base all’esito dei rilievi dattiloscopici e delle operazioni di fotosegnalamento.
Motivi della decisione

Il motivo di ricorso è manifestamente infondato.

La identificazione di C.A. con l’ A.A. è avvenuta all’esito di riscontri dattiloscopici che non lasciavano spazio a dubbi di sorta, ragion per cui la procedura di cui all’art. 667 c.p.p., a cui fa appello la difesa, non doveva essere attivata. Il ricorrente avrebbe dovuto dare contezza dei dubbi in modo specifico e concreto, per accreditare lo scambio di persona, non essendo sufficiente adombrare ipotetici errori in sede dattiloscopica.

Si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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