Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-01-2011) 23-03-2011, n. 11618 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

G. Dott. GIALANELLA Antonio che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con decreto 21/12/09 la Corte di Appello di Salerno, sezione misure di prevenzione, su appello del Pm presso il Tribunale, che il 4/3/08 aveva rigettato proposta 29/5/07 del Questore di Salerno di applicazione della sorveglianza speciale di PS, disponeva nei confronti di N.M. la misura di prevenzione richiesta, per la durata di anni tre con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

La Corte dava atto che il Tribunale aveva rigettato la proposta fondamentalmente sull’assunto che il N. era persona incensurata, dei numerosi procedimenti a suo carico essendo rimasti pendenti solo due, per estorsione e per usura, minaccia ed estorsione, nessuno dei quali delineava un quadro di pericolosità sociale, trattandosi di condotte episodiche, non connotate da particolare rilevanza economica. Il soggetto, inoltre, conduceva un tenore di vita modesto e compatibile con l’attività lavorativa da lui svolta alle dipendenze del fratello.

La Corte rilevava tuttavia, quanto al primo procedimento (n. 4833/01), che il N. (unitamente a tale V.S.) figurava come spalleggiatore di un estorsore ( S.A.), che dopo aver truffato in (OMISSIS) i fratelli G. e F.C. di oltre L. 300 milioni aveva cercato di intimidirli affinchè non sporgessero denuncia. Rilevava, quanto al secondo procedimento (n. 5802/05), che il N. direttamente (in concorso con tal P.M., soggetto inserito in un giro di droga) figurava avere prestato a più riprese denaro a tassi usurari a tale L.R.; che la circostanza era confermata dal teste R.G., che indicava altresì come il N. godesse di disponibilità mobiliari e immobiliari (una BMW, una BMW coupè ed una Smart e due abitazioni in (OMISSIS)). Legittimo, da questi sintomi, nonostante la formale incensuratezza ed impossidenza del soggetto, un pieno giudizio di pericolosità sociale nei suoi confronti.

Ricorreva per cassazione il N., deducendo in primo luogo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine ai presupposti, per l’applicazione di una misura di prevenzione, dell’attualità e dell’abitualità delle condotte socialmente pericolose: nel caso in esame il Tribunale aveva dedotto la pericolosità sociale del N. sulla base di pregiudizi remoti e, in un caso (il proc. n. 4883 del 2001), di una pendenza penale per fatti altrettanto remoti (verosimilmente anteriori all’avviso orale del 18/7/01); quanto al proc. n. 5802 del 2005, esso fondava sulle sole dichiarazioni delle presunte persone offese, in un procedimento dove i pretesi riscontri rappresentati dalla parola di due collaboratori di giustizia e dalle conversazioni intercettate dalla Pg sulle utenze delle p.o. erano ancora da verificare sotto il profilo della legittimità e della rilevanza. Remote anche le frequentazioni con presunti pregiudicati, modesto il tenore di vita e peraltro consono al lavoro svolto presso la ditta del fratello. Comunque illegittimo che il N. fosse stato ritenuto genericamente pericoloso (in violazione della L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 2, sul rispetto dei termini dall’avviso orale) dopo che era fallito il tentativo di inquadrarlo tra i soggetti a pericolosità qualificata e senza operare, come dovuto, una valutazione complessiva e non frammentaria degli elementi indiziari a suo carico. Violazione di legge e vizio di motivazione anche per l’imposto obbligo di soggiorno nel comune di residenza (misura per i casi di massima pericolosità) e, tra le prescrizioni specifiche, l’immotivato divieto di allontanamento dall’abitazione senza preventivo avviso all’autorità preposta alla sorveglianza.

Nel suo parere scritto il PG presso la S.C. chiedeva la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Quanto al primo motivo veniva ricordato come in materia di prevenzione l’unico vizio deducibile nel ricorso per cassazione era quello di legittimità. Ciò posto, il ricorso in esame si caratterizzava per un evidente tentativo di sovrapporre il proprio giudizio a quello legittimamente e correttamente espresso nel decreto impugnato, con una diffusa censura in fatto del provvedimento medesimo. Veniva inoltre ricordato il principio dell’autonomia del giudizio di prevenzione rispetto a quello penale, di cui nel caso in esame il provvedimento impugnato aveva fatto buon governo anche in tema di attualità delle condotte.

Del pari di merito e pertanto inammissibili le censure relative all’obbligo di soggiorno e alle singole prescrizioni.

Con memoria 7/1/11 la difesa ribadiva le dedotte censure di violazione della L. n. 1423 del 1956, art. 1 e art. 3, u.c., e art. 5 stessa legge (ovvero per mancanza di motivazione in proposito).

Il ricorso, deducendo – a fronte di un provvedimento correttamente e congruamente motivato in ogni sua parte – questioni di mero fatto, è inammissibile. Come puntualmente ricorda il PG, la L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11, (richiamato dalla L. n. 575 del 1965, art. 3- ter, comma 2) pone come regola generale che in materia di prevenzione il ricorso per cassazione sia ammesso solamente per violazione di legge. Ne consegue che non è ammessa censura per vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente o affetta da difetti tali da renderla meramente apparente (inesistente) ovvero priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità (o per questa ragione incomprensibile o del tutto oscura). E’ ciò che invece è avvenuto nel ricorso in esame, dove dietro lo schermo della violazione di legge si è censurato il merito del provvedimento impugnato.

Questo, per contro, non merita censure, posto che ha correttamente esaminato, con valutazione complessiva e nell’autonomia che caratterizza il giudizio di prevenzione da quello penale, tutti gli indizi di pericolosità sociale che gravano sul soggetto: i trascorsi giudiziari, pur variamente risolti, sono tuttavia presenti e costanti nel tempo, segno di un’indole turbolenta che da ultimo si fa particolarmente allarmante: se nel 2001 il N. si presenta come lo spalleggiatore di un estorsore, nel 2005 figura in prima persona come usuraio ed estorsore, con denari in parte propri ed in parte di un soggetto coinvolto in un giro di droga.

Il giudizio di pericolosità sociale attuale reso in sede di prevenzione è, pertanto, del tutto legittimo e, lungi dal provenire da una valutazione frammentaria degli indizi, è invece espressione della complessiva considerazione della storia del soggetto. Che poi il N., al di là della pretesa occupazione presso il fratello (della quale non viene precisato il compenso) e comunque dell’apparente impossidenza, risulti avere cospicui beni mobili e immobili nella propria disponibilità (due auto di lusso, una utilitaria e due alloggi) è nelle indicazioni non sospette del R.. Manifestamente infondata, poi, la deduzione per cui N. non sia stato considerato soggetto a pericolosità qualificata, laddove allo stesso è stata applicata la misura in esame proprio perchè ritenuto dedito ad abituali traffici delittuosi (giusta l’evoluzione nel tempo della sua personalità socialmente pericolosa) e sostentato (vista la scarsa attitudine al lavoro) da proventi illeciti.

Un inammissibile giudizio di merito è anche quello espresso nel secondo motivo di ricorso, l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza e le singole prescrizioni d’uso (come quella sub 4 specialmente contestata) giustificandosi ampiamente in base alla complessiva motivazione del provvedimento impugnato.

Alla dichiarazione di inammissibilità segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e al versamento di una congrua sanzione pecuniaria.
P.Q.M.

visto l’art. 606 c.p.p., comma 3 e art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di 1.000 Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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