Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-01-2011) 23-03-2011, n. 11603

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.L., cittadino romeno, è stato imputato, in concorso con Ti.Fr., del delitto di omicidio aggravato ( artt. 110 e 575 c.p., art. 577 c.p., n. 4 in relazione all’art. 61 c.p., nn. 1 e 4, art. 61 c.p., n. 5) per aver cagionato la morte di D. L., attingendo il predetto con numerosi colpi di bastone, in particolare inferti al capo oltre che con un calcio al volto, morte sopravvenuta per arresto cardiocircolatorio conseguente a gravissime lesioni cerebrali secondarie alla pluralità di fratture al volto e alla teca cranica. In (OMISSIS).

Con le aggravanti di aver agito in ora notturna e con crudeltà verso la persona offesa nonchè per motivi futili (la gelosia per quanto riguarda il Ti., coniuge separato della donna con cui la vittima aveva intrecciato una relazione extraconiugale).

T. è stato imputato anche, in concorso con Ti.Fr., di rapina aggravata ( art. 628 c.p., comma 1 e comma 3, n. 1) perchè, nelle circostanze di cui sopra, sì era impossessato con violenza del telefono cellulare di D.L., sottraendolo allo stesso mentre era riverso a terra, esanime per le violenze subite.

Il GUP del Tribunale di Genova, giudicando il solo T. con il rito abbreviato, con sentenza in data 15.4.2009 ha condannato il predetto per entrambi i delitti, unificati dal vincolo della continuazione, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e con la diminuente del rito, alla pena di anni 16 e mesi otto di reclusione.

A seguito di appello proposto dall’imputato, la Corte di assise di appello di Genova, con sentenza in data 26 febbraio 2010, ha interamente confermato la suddetta sentenza del GUP, pur modificando, per alcuni aspetti, la ricostruzione del fatto eseguita dal primo giudice, tenendo conto di quanto sostenuto nei motivi d’appello dalla difesa dell’imputato.

Dalla sentenza impugnata risulta che questi, fermato il giorno dopo il fatto, aveva spontaneamente dichiarato di aver conosciuto tre giorni prima Ti.Fr., il quale gli aveva offerto un lavoro e una casa; il giorno prima del fatto Ti. gli aveva indicato un uomo, spiegando che si trattava di una persona che gli aveva fatto del male e che era sua intenzione picchiarlo e derubarlo; il giorno del fatto, verso le quattro di mattina, Ti. era andato a prenderlo con un’auto e l’aveva portato nei pressi dell’abitazione dell’uomo che gli aveva mostrato; gli aveva dato un bastone che si trovava nell’auto, dicendogli di colpire l’uomo; egli aveva colpito l’uomo, che però non era caduto a terra ed anzi aveva provato a scappare; Ti. l’aveva allora colpito con il bastone e con dei calci alla testa; successivamente si erano allontanati, lasciando l’uomo per strada. T., interrogato dal P.M. nello stesso giorno 27 marzo, alla contestazione che il corpo del D. era stato trovato sotto un cavalcavia in un tunnel e non in strada, aveva ipotizzato che Ti. fosse tornato da solo sul posto ed aveva escluso di aver aiutato a portare il D. nel tunnel; spiegava poi di aver gettato via il giaccone che indossava all’atto dell’aggressione perchè era di taglia troppo grande.

Nello stesso giorno il P.M. metteva a confronto Ti. e T.;

il primo aveva ribadito di non aver colpito il D. ed entrambi avevano affermato di non averlo trasportato in luogo diverso da quello in cui si era verificata l’aggressione. Successivamente T., interrogato dal G.I.P., aveva precisato che si era nascosto dietro un’auto con il bastone datogli da Ti.; quando questi gli aveva dato il segnale, era andato verso il D. e l’aveva colpito con il bastone sulla fronte, ma il bastone si era rotto e lui, spaventato, aveva smesso di picchiarlo; era intervenuto Ti. che aveva colpito D. con calci e pugni; l’aggredito, che era sulla strada, era caduto per terra ma parlava e si trascinava; lui e Ti. si erano allontanati; tornato a (OMISSIS), si era liberato del giaccone perchè era troppo pesante e gli faceva caldo.

La Corte d’Assise di Appello, dopo aver esaminato tutte le emergenze processuali e considerato quanto la difesa dell’imputato aveva osservato circa la dinamica del fatto, ha ritenuto che il primo colpo fosse stato inferto con il bastone dal T. nei pressi del box della vittima; il D., benchè gravemente ferito, era riuscito ad attraversare la carreggiata, lasciando tracce ematiche da trascinamento sul guardrail; raggiunto dai suoi aggressori, era stato trasportato a braccia da entrambi all’interno del tunnel (dove successivamente era stato rinvenuto privo di vita), come risultava confermato sia dalle lesioni sotto il capo e nella zona inguinale provocate durante il trasporto della vittima, sia dal fatto che T. – che evidentemente sorreggeva il busto dell’aggredito – si era dovuto dopo il termine dell’agguato liberare del suo giaccone, fornendo tra l’altro in proposito due causali tra loro divergenti;

all’interno del tunnel T. e Ti. avevano infierito sulla vittima, colpendolo ripetutamente, come poteva desumersi dalle tracce ematiche anche sulla parete verticale del tunnel e dalle considerazioni del perito.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato personalmente, chiedendo con un primo motivo la nullità dell’udienza preliminare, e quindi di tutti gli atti successivi, in quanto l’avviso all’imputato di detta udienza, unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio, non erano stati tradotti nella lingua dell’imputato, che quindi non era stato posto in grado di difendersi.

Il G.U.P., accogliendo la doglianza del difensore, aveva rimediato con la mera traduzione orale degli atti già notificati, senza provvedere, come avrebbe dovuto, alla rinnovazione degli stessi e a concedere all’imputato i termini previsti per la comparizione.

L’imputato, subito dopo la traduzione orale dei suddetti atti, aveva chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato, ma restava il fatto – secondo il ricorrente – che la sua scelta era avvenuta a seguito di atti di cui non era venuto a conoscenza nei modi previsti dalla legge.

Con un secondo motivo ha dedotto carenze nella motivazione della sentenza, in quanto non erano state indicate le prove dalle quali dedurre che T., insieme al Ti., avrebbero trasportato nel tunnel il D. e qui avrebbero posto in essere l’ultima parte della condotta omicidiaria.

Inoltre, la fantasiosa ricostruzione della Corte di assise di appello si era basata sull’uso di una giacca, per trasportare il D. nel tunnel, che non era stata descritta e che non poteva affermarsi che fosse funzionale allo scopo.

Non vi era alcuna prova che T. avesse continuato a colpire nel tunnel la vittima e neppure vi era prova che il predetto, dopo averlo colpito una sola volta, avesse trasportato D. nel tunnel.

Con memoria depositata il 10.1.2011, il difensore di T.L., a sostegno dei motivi di ricorso presentati personalmente dall’imputato, dopo aver ribadito che la sentenza impugnata non aveva indicato alcun riscontro oggettivo in grado di rendere inequivocabile la presenza del T. all’interno del tunnel, ha sostenuto che dal complesso delle prove raccolte si doveva desumere che T. e Ti. si erano allontanati subito dopo la prima fase dell’aggressione e, dopo essersi separati, Ti. era tornato indietro e, accortosi della presenza del D. all’interno del tunnel, ove lo stesso credeva di aver trovato rifugio, lo aveva finito con inaudita brutalità.

Doveva pertanto ritenersi che T. fosse estraneo al fine omicidiario dell’aggressione, con le conseguenze di legge.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La nullità della mancata traduzione dell’avviso dell’udienza preliminare e dell’allegata richiesta del P.M. di rinvio a giudizio è stata sanata dalla traduzione orale eseguita, tramite l’interprete, nell’udienza preliminare, traduzione che ha posto in grado l’imputato non solo di conoscere il contenuto dei suddetti atti, ma anche di esercitare la facoltà di richiedere di essere giudicato con il rito abbreviato, facoltà che l’imputato ha esercitato senza chiedere, come avrebbe potuto, termini a difesa.

D’altro canto, l’omessa traduzione dei suddetti atti in una lingua nota all’imputato determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che non può essere dedotta a seguito della scelta del giudizio abbreviato, in quanto la richiesta del rito speciale opera un effetto sanante della nullità ai sensi dell’art. 183 c.p.p. (V. Sez. U. sent. N. 39298 del 26.9.2006, Rv. 234835).

Il ricorrente, con il secondo motivo, ha dedotto solo motivi di fatto, inammissibili in sede di legittimità, prospettando una dinamica degli accadimenti alternativa a quella ritenuta dal giudice di merito, senza però denunciare con motivi specifici carenze o illogicità della motivazione attraverso la quale è stato ricostruito il fatto dal giudice di merito.

La motivazione della sentenza impugnata, per contro, appare immune da vizi logici ed ha ricostruito il fatto, accogliendo anche alcune critiche che la difesa dell’imputato aveva rivolto al giudice di primo grado nei motivi d’appello. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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