Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-01-2011) 23-03-2011, n. 11602

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’appello di Genova, con sentenza 31.3.2010, confermava la condanna inflitta a B.E. e BU.Ad., per il reato di tentato omicidio in danno di Ba.Kl. e reati satellite, occorsi in Savona il 23.12.2007, alle pene di anni cinque e mesi due di reclusione per B. e di anni cinque e mesi otto di reclusione per Bu., in sede di giudizio abbreviato, dal gup presso il Tribunale di Savona.

Il Ba. era stato trovato in piazza del Popolo di Savona, dalle forze dell’ordine, giacente per terra e insanguinato per ferite da arma da taglio, a seguito di un diverbio occorso con i due imputati, che erano stati visti dal fratello della vittima ed erano stati indicati come autori dell’aggressione dallo stesso Ba.. I ricorrenti venivano rintracciati, venivano anche rinvenuti i due coltelli usati per l’aggressione, entrambi ammettevano la loro responsabilità, ancorchè cercando di contenere la portata del loro intervento violento. Assumevano di aver solo inferto un pugno contro la vittima e di aver dovuto usare il coltello per difendersi dal Ba., che fece uso di stampella. Solo all’udienza del giudizio abbreviato, il B. ammetteva di aver portato il coltello, consapevole che il contrasto con la parte offesa non si era chiuso la sera precedente, quindi nutrendo l’intenzione di usarlo. Veniva dai giudici di merito ritenuta integrata l’ipotesi del tentato omicidio, considerati la parte del corpo della vittima attinta (zona toracica), il numero di colpi riscontrati (cinque colpi inferti con due coltelli), la profondità dei colpi (almeno uno attinse la pleura) ed il tipo di arma usata (coltelli a scatto con lama di oltre cm. 10), circostanze queste che portavano ad esprimere un giudizio di idoneità ed univocità degli atti rispetto all’esito letale. Quanto all’animus necandi, con doppia sentenza conforme, i giudici di merito lo ritenevano conclamato dalla pluralità di colpi, dalla zona attinta, dal tipo di coltello usato e dalle stesse indicazioni del testimoniale raccolto, secondo cui si trattò di una spedizione punitiva, strascico di un tentativo di conciliazione non andato a buon fine della sera precedente. Giudizio questo espresso in grado di appello, all’esito della rinnovazione della perizia medico legale, che evidenziava come almeno una delle coltellate fu da punta e taglio, fu profonda ed attinse la pleura.

In primo grado non veniva concessa l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, perchè non vi era prova agli atti dell’intervenuto risarcimento; in secondo grado la corte confermava la decisione, in ragione però del fatto che la somma pagata a titolo di ristoro non era congrua e che venne offerta dopo l’instaurazione del giudizio abbreviato. Le circostanze attenuanti generiche concesse in primo grado venivano valutate in entrambi i giudizi di merito solo con giudizio di equivalenza, in ragione della gravità del fatto e della personalità degli imputati.

2. Avverso la sentenza, interponeva ricorso per Cassazione la difesa di entrambi gli imputati, per dedurre vizi di cui all’art. 606 c.p.p., lett. b) e d). Non sarebbe accettabile l’intervenuta condanna per il reato di tentato omicidio, laddove sarebbe stata esclusa dal perito la sussistenza di un pericolo di vita in capo alla persona offesa, che venne sentita dal pm un’ora dopo il fatto, segno questo delle buone condizioni di salute in cui versava la vittima. Non sarebbe stato spiegato dai giudici di merito perchè venne disattesa la consulenza di parte del prof. R., che concludeva sulla non idoneità della condotta con argomentazioni approfondite, laddove si sarebbe registrato un appiattimento sulle tesi del Perito, tesi espresse peraltro non in termini di certezza, ma di semplice probabilità.

In secondo luogo, viene contestato il mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno, posto che la somma che venne consegnata fu di 5000 Euro, somma sicuramente elevata in relazione alle condizioni economiche dei due imputati; fu consegnata nel maggio 2008, laddove l’ordinanza che ammise il giudizio abbreviato fu del 16.1.2009 e la parte offesa si dichiarò soddisfatta della somma ricevuta.

Infine, viene dedotta violazione dell’art. 62 bis c.p., in ragione del fatto che le circostanze attenuanti generiche furono concesse, ma solo con giudizio di equivalenza, laddove il buon comportamento processuale, l’assenza di pendenze o precedenti, la condotta Sparatoria post delictum, avrebbero dovuto portare ad una più favorevole valutazione.
Motivi della decisione

I motivi sono manifestamente infondati e di conseguenza il ricorso va dichiarato inammissibile.

Quanto al primo dei motivi avanzati, concernente la qualificazione del reato, deve essere sottolineato che correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che la condotta dei due imputati debba essere valutata in termini di tentato omicidio e non di lesioni aggravate, considerato il dato oggettivo della idoneità letifera dei due coltelli sequestrati agli imputati ed usati nell’occorso e valutata la micidialità di almeno una delle coltellate inferte, da punta e taglio che attinse la zona toracica, provocando pneumotorace con versamento pleurico.

Correttamente il dato della zona attinta, certamente vitale, è stato valorizzato con conseguente sottovalutazione delle osservazioni difensive facenti leva sulla breve durata della malattia e sulle buone condizioni della parte offesa subito dopo il fatto, essendo stato nell’immediatezza il BA. sentito dagli investigatori. E’ assolutamente inconfutabile il principio secondo cui il giudizio sull’idoneità dell’azione va condotto in concreto, ma con riferimento alla situazione che si presentava all’imputato al momento dell’azione, in base alle condizioni umanamente prevedibili del caso particolare, rilevando ovviamente la potenzialità lesiva dell’azione medesima, indipendentemente dalle limitate conseguenze arrecate: se così non fosse, del resto, l’azione proprio per non aver conseguito l’evento, sarebbe sempre inidonea nel delitto tentato. Una volta appurato (senza incertezze che almeno uno dei colpi fu da punta, oltre che da taglio e che fu mirata la zona toracica (la zona più vitale) i giudici di merito non potevano che giungere alle conclusioni prese. Nessun vizio di illogicità è apprezzabile, nè risultano forzature del dato normativo.

Quanto all’intervenuto diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, la Corte ha ritenuto che – al di là della tempistica del risarcimento – la somma asseritamente versata a mani della vittima non è congrua a configurare un ristoro adeguato, sia sotto un profilo economico che sotto un profilo morale, alla luce della durata della malattia e della drammaticità del fatto, valutazione questa che costituisce espressione di discrezionalità che non può essere censurata in sede di legittimità, trattandosi di questione di puro merito.

Analogo discorso deve essere fatto sul terzo motivo con cui si censura il giudizio espresso in sede di bilanciamento: le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti sono censurabili in cassazione solo nell’ipotesi in cui siano state frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico, essendo sufficiente a giustificare la soluzione della equivalenza aver ritenuto la soluzione più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (cfr. Cass. 23.5.2007, n. 25532): la corte territoriale ha infatti opinato nel senso che un giudizio di miglior favore non sarebbe congruo, alla luce della gravità del fatto e della personalità degli imputati, inclini all’uso del coltello per risolvere le conflittualità, dando prova di aver operato una valutazione ancorata ai dati di fatto e dunque non arbitraria.

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusta il disposto dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al pagamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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