T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 21-03-2011, n. 2455

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. I ricorrenti espongono (in sintesi):

– di aver acquistato il 15.12.2000 un terreno con sovrastante fabbricato in Comune di Monterotondo, Via di San Martino, facendo riferimento nel contratto di compravendita alla concessione edilizia del 20.6.2000, che il venditore aveva ottenuto per la ristrutturazione del fabbricato medesimo "con cambio di destinazione da abitazione rurale e magazzino a ristorante";

– che tale cambio di destinazione d’uso era stato consentito sulla base della deliberazione di C.C. n. 59 del 28 febbraio 1989, la quale aveva consentito l’utilizzazione per finalità turisticoricettive di edifici ricadenti in zona agricola, e dell’analoga successiva deliberazione di C.C. n. 635 del 26.7.1989;

– di aver intrapreso i lavori ottenendo anche una concessione edilizia "in variante" (n. 3020 del 21.1.2003);

– che la Regione Lazio, con la determinazione direttoriale n. 2443 del 3.11.2003 ha annullato sia l’originaria concessione edilizia n. 2402/2000 sia la concessione n. 3020/2003.

Con il presente ricorso essi censurano il provvedimento regionale facendo valere molteplici profili di illegittimità, e chiedendo anche il risarcimento dei danni derivanti dall’illecita compressione dello jus aedificandi e della libertà di iniziativa economica.

2. Si sono costituiti in giudizio la Regione Lazio e il Comune di Monterotondo, resistendo al ricorso.

3. Con ordinanza n. 3487/2004, depositata il 25 giugno 2004, questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare.

4. Il ricorso è stato chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 13 gennaio 2011 e quindi trattenuto in decisione.

5. Il provvedimento regionale si fonda (in sintesi):

– sul presupposto della classificazione dell’area come "Zona E – Sottozona E2 – destinata ad usi agricoli" alla stregua del P.R.G. approvato nel 1976;

– sul fatto che la deliberazione di C.C. n. 59/1989 condizionava l’edificazione con finalità di uso turisticoricettivo all’adozione di apposito strumento urbanistico in variante, che nella specie non è stato adottato; e che la medesima deliberazione non poteva comunque modificare la destinazione agricola risultante dal P.R.G., in assenza di apposita variante urbanistica;

– sul concreto e attuale pregiudizio che l’intervento edilizio in questione avrebbe apportato ai "caratteri esteriori della tradizione locale rintracciabili nella zona interessata".

6. Con il primo motivo di gravame, parte ricorrente sostiene – in sintesi – che le concessioni edilizie in questione sarebbero state legittimamente rilasciate sulla base del P.R.G. e delle due delibere interpretative emanate dal C.C. di Monterotondo nel 1989: delibere le quali – non essendo state oggetto di annullamento in sede di controllo tutorio o di provvedimenti di autotutela o di annullamento in sede giurisdizionale – non potrebbero quindi essere dichiarate inefficaci e/o disapplicate dall’Amministrazione Regionale.

6.1 Il motivo è fondato, non trovando il Collegio – sia pure alla luce delle ragioni prospettate dalle parti nello sviluppo del contraddittorio processuale – motivi per discostarsi dalla posizione assunta nella fase cautelare del giudizio.

Ad avviso del Collegio la Regione Lazio non ha adeguatamente considerato, nel caso di specie, l’effettiva natura e portata delle deliberazioni del C.C. di Monterotondo n. 59/1989 e 635/1989, le quali consentivano la ristrutturazione, senza aumento di volume, di edifici preesistenti nelle zone agricole e non incompatibili con la destinazione dell’area (trattorie, alloggi agrituristici), previa valutazione del’Amministrazione (in particolare, la seconda di tali deliberazioni, a carattere confermativo, è divenuta esecutiva senza condizioni).

Tali deliberazioni hanno natura non solamente interpretativa, ma anche prefigurativa e auto- limitativa dell’esercizio dei successivi poteri dell’amministrazione in sede di valutazione dei singoli interventi edilizi alla stregua della normativa di piano. Avuto riguardo a questo contenuto, esse appaiono rivestire la natura di atti generali a contenuto provvedimentale/autoritativo esterno, non essendo equiparabili – anche per il loro tenore formale – a delle mere circolari interpretative interne. Quindi, in mancanza di una rimozione delle stesse in via di controllo, o di autotutela, o in via giurisdizionale, esse devono essere considerate alla stregua di atti efficaci e non disapplicabili né dall’Amministrazione né da questo giudice, e come tali idonee a giustificare pienamente l’affidamento che i privati e gli stessi uffici dell’amministrazione hanno riposto nella legittimità del tipo di intervento edilizio in questione.

7. Con il secondo motivo di impugnazione, i ricorrenti contestano l’assenza di un’adeguata istruttoria e della connessa motivazione in ordine all’interesse pubblico all’annullamento dei titoli edilizi.

Il motivo è fondato, non apparendo l’atto impugnato adeguatamente e specificamente motivato in ordine al pregiudizio dello stato dei luoghi e in relazione alla natura dell’uso autorizzato e al carattere dell’intervento assentito, la cui incompatibilità con la situazione del territorio andava dimostrata analiticamente e in concreto.

8. Con il terzo motivo di ricorso si censura l’incongruo richiamo, nelle premesse del provvedimento, a profili attinenti a pretese difformità tra titolo edilizio e lavori effettuati.

Il motivo è fondato in considerazione del fatto che l’annullamento regionale ha come oggetto il titolo edilizio in sé considerato e non si estende, in questa sede, alle vicende successive.

Rimangono comunque estranei al presente giudizio, gli ulteriori profili (conformità al progetto, antisismica, etc.) rilevanti in altre sedi amministrative o giurisdizionali.

9. Dalle suesposte considerazioni discende l’accoglimento del ricorso nella parte impugnatoria.

Va invece respinta la domanda risarcitoria, dato che parte ricorrente non ha dimostrato l’effettivo danno subito, tenuto conto anche dell’avvenuta concessione del rimedio cautelare.

10. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio, attesi i caratteri del tutto peculiari della vicenda in questione.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– lo accoglie nella parte impugnatoria e, per l’effetto, annulla la determinazione del Direttore del Dipartimento del Territorio della Regione Lazio n. 2443 del 3 novembre 2003 (publicata in B.U.R.L. del 10 marzo2004);

– respinge la domanda di risarcimento del danno.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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