Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-01-2011) 23-03-2011, n. 11662 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.S.C.D. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale la corte di appello di Bari, in sede di rinvio, rigettava l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata in relazione al periodo custodiale sofferto per il reato di violenza sessuale aggravato in danno della figlia minorenne della sua convivente, imputazione dalla quale era stato successivamente assolto con sentenza definitiva.

L’annullamento di questa Corte poggiava sulla carenza di motivazione della ordinanza della corte di appello di Bari che aveva inizialmente rigettato la domanda di riparazione sul rilievo che nei confronti dell’imputato vi erano pesanti indizi di reità e che il quadro era stato rafforzato da condotte del ricorrente quali la circostanza che la minore con la madre aveva abbandonato la città di Bari a seguito dei maltrattamenti posti in essere dall’uomo in danno della ragazza ed il fatto che il D.S. l’aveva raggiunta a Torino minacciando la madre perchè tornasse a vivere con lui.

Nel disporre il rinvio questa Corte rilevava che "i fatti (sopra riportati) sono nell’ordinanza indicati come idonei a rafforzare il quadro indiziario ma non si dice se i medesimi fatti siano stati effettivamente accertati nel giudizio di merito nè viene espressa alcuna valutazione sulla natura di colpa grave delle condotte accertate, ma soprattutto non si specifica se i fatti ricordati fossero noti all’epoca dell’emissione della misura cautelare, se siano stati indicati nell’ordinanza di custodia cautelare e in particolare se il giudice della misura li abbia effettivamente ritenuti idonei a rafforzare il quadro indiziario sì da poter affermare che l’emissione del provvedimento sia anche ad essi riconducibile".

In sede di rinvio, come detto, la Corte di appello di Bari confermava il rigetto dell’istanza rispondendo alle richieste formulate da questa Corte.

Deduce ora il ricorrente, inizialmente nei motivi di ricorso e, successivamente, con la memoria di replica, la violazione degli artt. 314 e 27 c.p.p.. Si rileva al riguardo che l’errore di fondo in cui è incorsa la seconda ordinanza di merito consiste nell’avere la corte di appello preso di considerarsi anche il provvedimento emesso dal gip di Torino ai sensi dell’art. 27 c.p.p. e non già solo quello successivamente emesso dal gip di Bari benchè la motivazione del primo provvedimento custodiale non sia stata mutuata dal secondo che faceva riferimento in motivazione solo alla gravità del reato ascritto all’imputato, indipendentemente dalla reazione asseritamente violenta assunta per l’allontanamento della propria amante del luogo di residenza. In più si rileva che non risulta data risposta alla richiesta della Corte di legittimità di stabilire se il giudice della misura abbia effettivamente ritenuto idonei a rafforzare il quadro indiziario gli ulteriori fatti (indicati nella prima ordinanza), sì da poter affermare che l’emissione del provvedimento sia anche ad essi riconducibile.

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

Come lo stesso ricorrente finisce in realtà per riconoscere, pur ritenendo meramente apparente la motivazione reiettiva, la corte di merito ha in realtà risposto sulle richieste formulate in sede di rinvio, sottolineando come il D.S. venne sottoposto a fermo per la condotta violenta e minacciosa tenuta in danno della minore e della madre e come tale atteggiamento sia stato causa determinante dell’allontanamento del ricorrente dalla città di Bari. E correttamente sottolinea la corte di appello che, come si rileva dall’ordinanza adottata dal GIP del tribunale di Torino il 29 febbraio 2000, poi dichiaratosi incompetente territorialmente, fu proprio l’atteggiamento violento tenuto dall’indagato in Torino nei confronti della madre della persona offesa a supportare le accuse della minore e a determinare la convalida del fermo e l’adozione della misura cautelare della custodia in carcere. Il che, evidentemente, consente di affermare, come rilevato anche dal procuratore generale della Corte, che l’ordinanza impugnata è da ritenere adeguatamente motivata in quanto nella stessa sono specificati con riferimento al caso concreto i comportamenti del ricorrente caratterizzati da spiccata leggerezza macroscopica trascuratezza o evidente imprudenza che la giurisprudenza di legittimità fa rientrare nel concetto di "comportamento gravemente colposo" della persona attinta da misura custodiale che rende plausibili le accuse mosse nei suoi confronti.

Nè vale rilevare, come fa il ricorrente, che il comportamento violento ha rilevato solo in relazione alla prima misura cautelare.

Si deve anzitutto rilevare, infatti, che il ricorrente, nell’istanza per la riparazione della ingiusta detenzione, si è doluto di tutto il periodo detentivo e, cioè, dal 26 febbraio 2000 – allorquando è stato disposto il fermo di PG – sino al 26 agosto 2000 data in cui era stata disposta la scarcerazione per sopravvenuta inefficacia della misura cautelare per decorrenza dei termini massimi. Il che rende certamente plausibile che il giudice di merito in sede di rinvio per rispondere alla richiesta di questa Corte abbia preso in esame la situazione con riferimento al momento iniziale della detenzione.

Vi è poi da rilevare come il comportamento violento è stato, secondo la motivazione dei giudici di merito, vieppiù rilevante in considerazione del fatto che oltre a fungere da riscontro obiettivo e, quindi, da supporto alle accuse della minore, ha assunto di per sè, in aggiunta, autonoma valenza obiettiva per giustificare anche l’urgenza della misura.

Al rigetto del ricorso consegue per il ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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