Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-01-2011) 23-03-2011, n. 11658 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

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Dott. GIULIO SARNO.
Svolgimento del processo

C.A. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale la Corte di Appello di Catania in data 24-4- 2009 rigettava, all’esito di giudizio di rinvio, nuovamente l’istanza proposta per la riparazione della ingiusta detenzione ritenendo che l’istante aveva tenuto nell’ambito di un procedimento penale in relazione al delitto di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, instaurato nei suoi confronti e definito poi con sentenza di assoluzione con formula ampia, comportamenti dolosi o colposi che impedivano il riconoscimento dell’indennizzo.

In questa sede la ricorrente deduce la violazione di legge vizio di motivazione, ritenendo quest’ultima insufficiente incongrua manifestamente illogica avendo la corte di merito fatto coincidere il dolo o la colpa grave con la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza è non essendo stato indicato alcun elemento concreto specifico tale da rilevare la sussistenza di condotte ascrivibili alla C.F. a rivelare eclatante macroscopica negligenza il rapporto di causa ed effetto rispetto alla adozione della misura cautelare. L’Avvocatura generale dello Stato ha fatto pervenire in memoria nella quale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile ovvero respinto rilevando che la assoluzione era dovuta unicamente al fatto che i testi avevano ritrattato a causa di intimidazioni e minacce le precedenti dichiarazioni e che era rimasto in piedi tutto l’impianto accusatorio che aveva giustificato la restrizione della libertà personale.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Questa corte, nell’annullare la precedente ordinanza della corte di appello di Catania, ha rilevato che nel caso di specie la motivazione adottata appariva carente e inadeguata posto che la valutazione in termini di colpa grave della condotta della C. era stata basata su pregressi coinvolgimenti della predetta in altri procedimenti penali per reati della stessa indole, la cui incidenza diretta causale nell’emissione del provvedimento restrittivo della libertà personale non era stata, però, congruamente spiegata dai giudici della riparazione, soprattutto in riferimento alla specificità del caso concreto. I giudici di merito non risultano essersi tuttavia adeguati a quanto disposto dalla Corte.

Come rilevato dal PG nella sua requisitoria, infatti, la corte di appello nel nuovo provvedimento ha enfatizzato l’esistenza a carico della ricorrente di plurime dichiarazioni indiziarie che avrebbero indotto l’autorità giudiziaria ad emettere la misura cautelare. Non chiarisce però quali siano stati i comportamenti colposi o dolosi della ricorrente, quali erano i rapporti della C. con i coimputati e quale sia stata la condotta da quest’ultima posta in essere e che possa considerarsi in rapporto di causa ad effetto rispetto alla detenzione. La corte omette di spiegare se in che modo la C. abbia ceduto dosi di eroina in cambio di denaro o di mobili e se tali circostanze risultavano solo da dichiarazioni rese da coimputati, non ritenute riscontrate dai giudici di merito o da altre circostanze obiettive emerse nel corso del procedimento e che possano far ritenere che abbiano influito sull’emissione del provvedimento restrittivo e che abbiano avuto efficienza causale sul mantenimento della misura cautelare. In sostanza il provvedimento in questione non appare effettivamente congruamente motivato non avendo individuato quali condotte dolose o gravemente colpose abbia posto in essere la ricorrente, oltre le dichiarazioni rese dai coimputati e che abbiano avuto incidenza causale sull’adozione della misura cautelare.

Da qui la necessità di un nuovo annullamento con rinvio.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catania per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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