T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 21-03-2011, n. 2413 Equo indennizzo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Alla signora R.Z., madre del ricorrente, è stato riconosciuto giudizialmente (sentenza Cons. dio Stato n. 5980 del 9 ottobre 2006) il diritto all’equo indennizzo, in ragione della infermità contratta a causa del servizio, prestato presso l’Azienda intimata, che l’ha condotta a morte.

Con delibera 21 febbraio 2007, l’Azienda Ospedaliera S. Giovanni Addolorata ha liquidato all’istante, nella qualità di erede, l’equo indennizzo pari ad Euro 40.943,88, senza tuttavia liquidare alcuna somma accessoria.

Con atto di significazione e diffida, notificato il 20 febbraio 2009, il ricorrente ha chiesto la piena esecuzione della precitata sentenza del Consiglio di Stato n. 5980 del 2006 e, conseguentemente, la liquidazione della somma di Euro 13.720,62 a titolo di rivalutazione monetaria nonché delle ulteriori somme maturate e maturande dalla data della richiesta a quella dell’effettivo soddisfo.

Avendo l’intimata Amministrazione, con l’atto impugnato n. 9501 del 19 marzo 2009, negato il diritto del ricorrente al godimento delle somme accessorie, questi, con il ricorso notificato il 20 maggio 2009 ha adito questo Tribunale, deducendo:

1, violazione degli artt. 68 d.P.R. n. 3 del 57 e 48 d.P.R. n. 686 del 1957; eccesso di potere.

Assume il ricorrente che una volta che la P.A. abbia riconosciuta la causa di servizio e liquidato l’equo indennizzo, conseguentemente è tenuta al pagamento delle somme accessorie.

Sul punto viene richiamata copiosa giurisprudenza.

Sottolinea la irrilevanza della circostanza che il ricorrente non abbia espressamente chiesto il pagamento degli accessori unitamente alla richiesta di corresponsione dell’equo indennizzo, poiché l’obbligo di corresponsione degli accessori sussiste indipendentemente dalla specifica richiesta.

Conclude per l’accoglimento del ricorso, con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese ed onorari di giudizio.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, eccepisce la irricevibilità del ricorso; nel merito, conclude per il rigetto.

All’Udienza del 23 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame, il signor G.Z., chiede l’annullamento della nota n. 9501 del 19 marzo 2009, con la quale l’intimata Amministrazione ha respinto la domanda e diffida prodotta dal medesimo il 20 febbraio 2009 volta ad ottenere la concessione degli interessi e rivalutazione monetaria sulla somma corrispostagli a titolo di equo indennizzo per la morte della propria madre dovuta a causa di servizio.

Va, in via preliminare, disattesa l’eccezione di irricevibilità del ricorso, sollevata dall’Amministrazione sul rilievo che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare il provvedimento concessivo dell’equo indennizzo, che implicitamente escludeva i benefici accessori.

L’assunto non può essere condiviso.

Invero, gli interessi e la rivalutazione monetaria sono componenti naturali del credito e decorrono dalla stessa data del credito principale, sicché, in quanto inscindibilmente legati al riconoscimento del diritto in argomento, non necessitano di autonoma richiesta. Non averli liquidati contestualmente all’importo dell’equo indennizzo non implica un esplicito diniego in tal senso, sicché il ricorrente correttamente, con atto notificato il 20 febbraio 2009, ha sollecitato la piena esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, rivendicando anche i naturali accessori del credito principale.

Nel merito, il ricorso è fondato.

L’Amministrazione, nel contrastare la pretesa del ricorrente, invoca la giurisprudenza sulla natura non retributiva dell’equo indennizzo e sulla esigibilità del credito dal momento della liquidazione, nonché sulla intervenuta prescrizione del diritto a percepire le somme accessorie.

L’assunto è infondato.

Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, – in sede di concessione di equo indennizzo, non si fa luogo a rivalutazione monetaria perché tale istituto non ha natura retributiva ed è assistito, oltretutto, da un autonomo meccanismo di rivalutazione, in quanto nella determinazione del quantum l’amministrazione tiene conto del trattamento retributivo del dipendente al momento della definizione del procedimento, laddove spettano, invece, gli interessi compensativi dalla data dell’atto concessorio dell’equo indennizzo a quello dell’effettivo pagamento e cioè da quando il credito è divenuto liquido ed esigibile (Cons. Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3391).

Tuttavia a conclusioni diverse si perviene in caso di morte del pubblico dipendente per cause di servizio, in quanto l’obbligo di liquidazione dell’equo indennizzo decorre dalla data del decesso e non da quella di conclusione del relativo procedimento, onde dalla stessa vanno computati interessi e rivalutazione della somma spettante agli eredi (Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2006, n. 2523).

Ed invero, le difese dell’Amministrazione non possono essere condivise, dal momento che "il diritto all’equo indennizzo per la menomazione dell’integrità fisica viene riconosciuto anche in caso di morte…sorge nel momento stesso in cui si manifesta la perdita dell’integrità fisica….precede la morte ed appartiene alla sfera patrimoniale dell’infortunato, da questi acquisito in vita e trasmesso agli eredi, ai quali spetta per diritto di successione e non come diritto proprio" (sentenza n. 321 del 30.10.1997 della Corte costituzionale).

Questo indirizzo giurisprudenziale, già espresso dal Giudice di Appello (dec. n. 26/1996 della Sesta Sezione), è stato ribadito con decisioni n. 3214 del 10.6.2002 e n. 3116 del 20 maggio 2009, e non vi è alcuna valida ragione per dissentire da un tale orientamento che correttamente riconosce l’obbligo di liquidazione dell’equo indennizzo dalla data del decesso, e non dalla data di conclusione del relativo procedimento.

Nel caso in esame, in cui non è stato possibile applicare il meccanismo rivalutativo autonomo e la liquidazione è intervenuta il 21 febbraio 2007, con notevole ritardo rispetto al decesso in attività di servizio, avvenuto il 7 ottobre 1995, spettano, quindi, gli accessori come per legge dalla data del decesso della dante causa.

Né è configurabile una prescrizione del diritto a detti accessori, poiché essi fanno parte della pretesa creditoria originariamente richiesta e soddisfatta solo parzialmente dall’Amministrazione con la delibera del 21 febbraio 2007.

Per le argomentazioni che precedono, il ricorso va, pertanto, accolto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’Amministrazione a rimborsare le spese di giudizio che liquida in complessivi euro 2.000.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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