T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 21-03-2011, n. 2405 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato in data 12 settembre 1997 e depositato il successivo 20 settembre 1997 il sig. A.T. e, dopo la sua morte, gli eredi, hanno impugnato il provvedimento n. 2307933 del 4 febbraio 1995, come modificato dal successivo provvedimento del 20 giugno 1996, di liquidazione delle somme dovute a titolo di trattamento di fine rapporto, nella parte in cui non dispone che la somma venga maggiorata di interessi legali e rivalutazione monetaria a far data dalla cessazione del rapporto di lavoro (17 marzo 1984) o, in subordine, dalla data in cui il provvedimento disciplinare conclusosi con la destituzione dal servizio avrebbe dovuto concludersi nel rispetto dei termini di legge, sino al giorno del pagamento della mera sorte (4 febbraio 1995).

Espongono, in fatto, che il sig. A.T. è stato dipendente dell’Istituto previdenziale sin dal 7 settembre 1959 e che, in conseguenza di illecito disciplinare, è stato sospeso dal servizio dal 17 marzo 1984 e quindi sottoposto a procedimento disciplinare, che si è concluso l’11 luglio 1992 con la sanzione della destituzione dal servizio. L’Istituto non gli ha immediatamente liquidato l’indennità di buonuscita, trattenendo il relativo importo a garanzia del ristoro dell’eventuale danno arrecato all’erario.

In data 4 febbraio 1995, dopo qualche anno dalla pronuncia di condanna della Corte dei conti (del 27 luglio 1992), l’I.N.P.S. ha inviato un prospetto di liquidazione delle spettanze dovute, operando una compensazione tra la partita creditoria (TFR) e quella debitoria del dipendente, ma illegittimamente computando la prima con riferimento alla mera sorte e la seconda rivalutata degli interessi. Dopo lunghe trattative l’Istituto ha riconosciuto gli accessori del credito a decorrere dalla data di adozione del provvedimento disciplinare e non da quella di effettiva cessazione del rapporto.

2. Avverso i predetti provvedimenti i ricorrenti sono insorti deducendo:

Eccesso di potere per errore sui presupposti, illogicità, ingiustizia manifesta.

Illegittimamente l’Istituto previdenziale ha corrisposto gli accessori dal giorno di adozione del provvedimento di destituzione, intervenuto a distanza di sei anni dall’inizio del procedimento disciplinare, e non da quello di effettiva cessazione del rapporto.

A tutto voler concedere, ove pure si dovesse ritenere di dover far riferimento al provvedimento di destituzione, bisogna considerare, quale dies a quo, la data in cui questo avrebbe dovuto concludersi se fossero stati rispettati i termini di legge.

3. Si è costituito in giudizio l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, che ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, del ricorso.

4. All’udienza del 9 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente il Collegio dà atto che non terrà conto della memoria depositata da parte ricorrente il 4 marzo 2011, ben oltre i termini previsti dall’art. 73, primo comma, c.p.a..

Nel merito, il ricorso è infondato.

Può ritenersi principio acquisito nella giurisprudenza del giudice amministrativo che legittimamente il provvedimento di destituzione dall’impiego decorre dalla data di inizio della sospensione cautelare precedentemente disposta, in quanto detta sospensione, per sua natura, anticipa gli effetti propri della sanzione irrogata al termine del relativo procedimento (da ultimo, Cons. Stato, sez. III, 10 febbraio 2009 n. 67, cui adde sez. VI, 6 giugno 2008 n. 2723; 20 ottobre 2005 n. 5907).

Ma la decorrenza retroattiva degli effetti non impedisce che il provvedimento di destituzione abbia carattere costitutivo in quanto attiene allo status del dipendente pubblico; ne deriva che il diritto del soggetto alla liquidazione dell’indennità di buonuscita sorge solo al momento della sua cessazione dal servizio, computando anche l’ulteriore periodo previsto dalla legge per la conclusione del procedimento liquidatorio, non potendo il dipendente rivendicare nessuna pretesa per il periodo precedente, in cui il relativo credito non era né liquido né esigibile.

Dalla medesima data decorrono gli accessori del credito principale (in termini Cons. St., sez. VI, 7 maggio 2010 n. 2681).

Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l’integrale compensazione fra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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