Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-07-2010, n. 15791 PREVIDENZA SOCIALE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 16 dicembre 2005, la Corte d’appello di Messina ha confermato integralmente la decisione in data 13 luglio 2004, con la quale il Tribunale di Patti aveva condannato L’INPS a pagare a N.S. l’assegno di invalidità di cui alla L. n. 222 del 1984 a decorrere dal luglio 2001.

In particolare la Corte ha respinto l’appello dell’INPS che aveva affermato che il giudice di prime cure avrebbe fondato la sua decisione sulla base di un giudizio medico legale errato per avere il C.T.U. svolto la propria indagine su di una persona, seppure omonima, ma diversa dalla ricorrente in quanto nata il giorno successivo. La Corte d’appello ha infatti accertato che la c.t.u., della quale ha fatto proprie le conclusioni, era stata compiuta sulla persona delle ricorrente, della quale solo per un errore di trascrizione era stata indicata nel ricorso introduttivo una data di nascita non corretta.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’INPS con due motivi.

Resiste alle domande N.S. con proprio rituale controricorso.

Motivi della decisione

1 – Col primo motivo di ricorso, l’INPS deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e della L. 12 giugno 1984, n. 22, art. 1 nonchè il vizio di motivazione della sentenza per omissione di pronuncia.

In proposito, l’INPS deduce di avere eccepito in appello anche il fatto che la consulenza sulla quale il giudice di primo grado aveva fondato la propria decisione era stata espletata in un diverso giudizio, avente ad oggetto il riconoscimento della invalidità civile e non della invalidità INPS della N. e censura il fatto che la Corte territoriale avesse omesso ogni pronuncia al riguardo.

2 – Col secondo motivo, viene denunciata la violazione o falsa applicazione della L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 1 e il vizio di motivazione della sentenza, la quale non avrebbe tenuto conto della diversità dei presupposti di legge delle due provvidenze, una di natura assistenziale e l’altra previdenziale.

Concludendo, l’INPS chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguenza di legge.

Con nota di deposito del 10 maggio 2010, i difensori della N. hanno comunicato il decesso della contro ricorrente, avvenuto in data 10 gennaio 2010, allegando il relativo certificato di morte e ipotizzando l’interruzione del processo.

Poichè nel giudizio per cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto dell’interruzione del processo per uno degli eventi di cui all’art. 299 c.p.c. e segg. (cfr., per tutte, Cass. 21 maggio 2008 n. 12967, 21 giugno 2007 n. 14385 e 23 gennaio 2006 n. 1257), il giudizio è proseguito e si è concluso all’udienza dell’11 maggio 2010.

Il ricorso, i cui due motivi vanno esaminati congiuntamente, è infondato.

Non avendo la Corte territoriale esaminato la questione oggi richiamata con i due motivi del ricorso dall’Ente ricorrente, questi avrebbe dovuto indicare specificatamente in quale momento del giudizio di primo grado e/o nel grado di appello avesse posto la questione della inutilizzabilità della consulenza acquisita dal giudice di primo grado e con quali ragioni l’avesse sostenuta.

Viceversa, dalla sentenza impugnata risulta che in appello l’INPS aveva proposto unicamente la questione della diversità della persona oggetto dell’indagine medico legale nel diverso giudizio e che su tale questione si era sviluppato il contraddittorio tra le parti e i giudici dell’appello avevano concentrato la loro analisi, escludendone la corrispondenza a realtà, in quanto frutto di un equivoco.

Per parte sua, l’INPS afferma nel ricorso di avere altresì dedotto in appello che la consulenza acquisita dal giudice di prime cure era stata espletata in un diverso giudizio avente ad oggetto l’invalidità civile, ma non risulta (e la relativa specificazione costituiva onere del ricorrente, secondo la regola dell’autosufficienza del ricorso per cassazione – su cui, cfr., tra le altre, recentemente Cass. nn. 5043/09, 4823/09 e 338/09) che abbia altresì sviluppato in proposito le censure poi articolate per la prima volta in sede di legittimità (come rilevato anche dalla difesa della controricorrente).

Infine e comunque, il ricorrente, nel formulare tali censure in questa sede, non contesta l’esistenza delle infermità di cui la N. era risultata affetta nell’altro giudizio e non deduce che esse comporterebbero, in sede di accertamento dell’invalidità INPS, un risultato negativo per l’assistita; da ciò si deduce che sostanzialmente l’Ente previdenziale non contesta che tali infermità incidano altresì in maniera decisiva sulla sua capacità lavorativa, dandole diritto alla prestazione richiesta.

Il ricorso va pertanto respinto, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di giudizio, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla contro ricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 10,00 per spese ed Euro 2.500,00, oltre accessori, per onorari, che distrae agli avv.ti Teresa Notaro e Raffaella Rapone.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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