T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 21-03-2011, n. 448 Procedimento e provvedimento disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il maresciallo dei Carabinieri, C.M., impugna il provvedimento disciplinare del 15. 12. 2008 n. 187 (e il rigetto del ricorso gerarchico previamente proposto e rigettato con provvedimento del 25. 3. 2009) con cui gli era stata applicata la consegna per gg. 2.

Il motivo per cui il maresciallo era stato consegnato consisteva nella circostanza che egli aveva usato copie di pagine di memoriali di servizio per presentare un (precedente) ricorso al TAR ed aveva presentato denunce contro i propri superiori senza darne comunicazione alla linea gerarchica.

I motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:

1. il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 59 co. 1 d.p.r. 545/86 perché dalla data in cui era avvenuto il fatto (che è il 28. 3. 2008, data del deposito del ricorso al TAR) al 18. 9. 2008, data dell’avvio del procedimento disciplinare, erano passati quasi 6 mesi;

2. il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 58 r.d.m. perché ad avviare il procedimento era stato il Comandante di Compagnia che avrebbe dovuto astenersi essendo stato denunciato dal maresciallo in sede penale;

3. il provvedimento sarebbe illegittimo per infondatezza della contestazione nel merito, perché il maresciallo deteneva legittimamente i memoriali in questione in quanto per essi aveva comunque presentato istanza di accesso (non si precisa se accolta), in ogni caso il loro utilizzo costituisce mero esercizio del diritto di difesa davanti alle autorità giudiziaria, che è fatto per di più anche nell’interesse dell’amministrazione; aggiunge che non c’è prova che l’abbia estrapolata proprio lui, perché il legale poteva entrarne in possesso in altro modo; vi sarebbe inoltre duplicazione di sanzioni per lo stesso fatto di estrazione degli stessi memoriali;

4. il provvedimento sarebbe illegittimo per impropria citazione dell’art. 14 r.d.m. pure richiamati nel provvedimento impugnato in quanto sul senso di responsabilità violato egli – presentando le denunce – avrebbe agito nella convinzione di adempiere ai propri doveri.

Nel ricorso era formulata altresì istanza di risarcimento del danno subito, di cui il ricorrente vorrebbe una liquidazione equitativa ad opera del Tribunale.

Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 9. 3. 2011, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

I. Il ricorso è infondato.

II. Nel primo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 59 co. 1 d.p.r. 545/86 perché dalla data in cui era avvenuto il fatto (che è il 2. 4. 2008, data del deposito del ricorso al TAR) al 16. 9. 2008, data dell’avvio del procedimento disciplinare, erano passati circa 6 mesi.

In realtà la norma dell’art. 59, co. 1, non prevede espressamente un termine, in quanto dice soltanto che "1. Il procedimento disciplinare deve essere instaurato senza ritardo e svolgersi oralmente attraverso le seguenti fasi: a) contestazione degli addebiti; b) acquisizione delle giustificazioni ed eventuali prove testimoniali; c) esame e valutazione degli elementi contestati e di quelli adottati a giustificazione; d) decisione; e) comunicazione all’interessato. (…)".

La norma dispone soltanto che vada intrapreso "senza ritardo". Non essendo previsto un termine esplicito deve ritenersi che non sia possibile neanche intendere in alcun modo quella appena letta come una indicazione posta a decadenza dall’azione disciplinare, posto che non sarebbe coerente che un sistema giuridico prevedesse una decadenza così incerta e soggettiva quale quella che consegue alla valutazione della esistenza o meno del "ritardo".

Una volta ritenuto che il termine (che poi non è un termine) non è previsto a pena di decadenza, non si può ritenere viziato il seguito del procedimento disciplinare.

III. Nel secondo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 58 r.d.m. perché il procedimento era stato aperto dal Comandante di Compagnia che avrebbe dovuto astenersi essendo stato denunciato dal maresciallo in sede penale.

A prescindere dal fatto che esistesse o meno l’obbligo di astensione in capo al Comandante di Compagnia cap. Bove, va detto che il provvedimento disciplinare è stato deciso da altro ufficiale, il ten. B..

Il ricorrente, in effetti, lamenta che sia stato "aperto" il procedimento dal cap. Bove (il soggetto su cui asseritamente graverebbe l’obbligo di astensione), ma nel motivo di ricorso il ricorrente non specifica come l’eventuale vizio della comunicazione di avvio del procedimento si trasmetta al provvedimento finale.

La comunicazione di avvio, che comunque c’è stata, serve soltanto a far conoscere al soggetto la pendenza del procedimento a suo carico e dargli la possibilità di difendersi, ed essa ha quindi raggiunto il suo scopo, chiunque la abbia materialmente firmata.

IV. Nel terzo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per infondatezza della contestazione nel merito, perché il maresciallo avrebbe detenuto legittimamente i memoriali di servizio in questione in quanto per essi aveva presentato istanza di accesso (non si precisa se accolta), in ogni caso il loro utilizzo nel procedimento disciplinare e poi in sede giurisdizionale costituirebbe mero esercizio del diritto di difesa davanti alle autorità giudiziaria ed escluderebbe l’uso personale perché funzionale anche alla trasparenza dell’amministrazione; non sarebbe, inoltre, certo che abbia riprodotto i memoriali proprio il ricorrente, perché il fatto che ne sia venuto in possesso il difensore del ricorrente non significa che glieli abbia dati proprio lui.

Questo motivo affronta il primo aspetto del merito della contestazione disciplinare (aver utilizzato memoriali di servizio per fini privati senza autorizzazione).

La norma violata è l’ art. 21 delle Istruzioni per l’Arma dei Carabinieri prevede che "nessuno può estrarre per uso personale copia di lettere o documenti d’ufficio, né dare di essi visione a persone estranee, se non per motivi di servizio e previa autorizzazione del comandante di gruppo o dell’ufficiale capo ufficio".

Le tesi difensive del ricorrente sono in successione quattro:

– avrebbe detenuto legittimamente i documenti in quanto avrebbe chiesto l’accesso ad essi,

– anche se non li ha detenuti legittimamente, li avrebbe usati per finalità di difesa che è un diritto costituzionale,

– anche se non li ha detenuti legittimamente, averli utilizzati per la difesa disciplinare escluderebbe l’uso personale perché finalizzato anche ad una amministrazione trasparente,

– anche se non li ha detenuti legittimamente, la circostanza che li abbia utilizzato in giudizio il suo difensore non starebbe a significare che sia stato proprio il ricorrente a riprodurli, ma solo che sono stati estrapolati i memoriali da qualcuno che poteva avere accesso a questi memoriali, "ma l’identità di questo qualcuno non è affatto stata accertata" (pag. 8 del ricorso).

Sorvolando su quest’ultima parte della difesa che è offensiva per l’intelligenza del Tribunale, non essendo ipotizzabile che al difensore incaricato da M. di stendere il ricorso, le copie dei memoriali di servizio siano state date da altri che da M. stesso, sulle tesi difensive sviluppate in ricorso va osservato quanto segue:

– che sia stato chiesto l’accesso ai memoriali di servizio (circostanza che comunque l’amministrazione nega) non rileva, perché comunque l’accesso non è stato assentito, e nessuno è legittimato a farsi giustizia da sé estrapolando comunque gli atti d’ufficio cui ha interesse,

– sull’esercizio del diritto costituzionale di difesa in giudizio, esso è senz’altro esistente nel caso di specie, ma si tratta di un diritto che dialoga con la riservatezza, ed il punto d’incontro del dialogo tra questi due valori tutelati è costituito dalle norme sull’accesso (e su tutti dall’art. 24, co. 7, l. 241/90) che determinano in concreto le risultanze del bilanciamento tra essi; il ricorrente non può agganciarsi direttamente al diritto di difesa senza essere passato prima attraverso l’accesso;

– sulla circostanza che aver utilizzato in giudizio i memoriali di servizio in questione non costituisca uso per motivi privati perché la difesa in un procedimento disciplinare (sia in sede amministrativa che nella sua prosecuzione davanti al Tar) sarebbe anche nell’interesse della stessa amministrazione in quanto finalizzato alla trasparenza, si osserva che il giudizio davanti agli organi di giustizia amministrativa è configurato come una giurisdizione di diritto soggettivo, e non di diritto oggettivo; per poter ricorrere davanti ai Tribunali amministrativi i ricorrenti devono dedurre un interesse ad agire che deve essere personale, e da cui è esclusa qualsiasi possibilità di spendere un interesse alla tutela della mera legalità; in definitiva, si tratta di tesi ben formulata ma non sostenibile nell’attuale sistema giuridico.

A queste tesi, tutte già sviluppate nel ricorso 656/06, il ricorrente aggiunge anche una ulteriore difesa in questo ricorso (che ha ad oggetto il secondo provvedimento disciplinare in ordine di tempo).

Esso, a giudizio del ricorrente, sarebbe affetto da ne bis in idem, in quanto lo sanziona per lo stesso comportamento per il quale era già stato sanzionato con il provvedimento che ha originato il ricorso gemello 656/06.

La censura non è fondata.

In fatto la situazione è la seguente:

– il ricorrente ha utilizzato i memoriali di servizio 28 agosto e del primo settembre e li ha depositati in un primo ricorso al Tar del 28. 3. 2008 e poi di nuovo in un secondo ricorso del 2. 4. 2008,

– il ricorrente sostiene che avrebbe, al più, violato la norma una volta sola e non può essere sanzionato due volte.

Il Tribunale ritiene che questo assunto non sia corretto. La norma violata (il prima ricordato art. 21) afferma che "nessuno può estrarre per uso personale copia di lettere o documenti d’ufficio, né dare di essi visione a persone estranee, se non per motivi di servizio e previa autorizzazione del comandante di gruppo o dell’ufficiale capo ufficio".

La norma quindi vieta l’estrarre ma anche il dare visione ad estranei. Il ricorrente, che verosimilmente ha estratto una sola volta, ha però offerto visione a terzi più volte spendendo i memoriali di servizio nei due diversi ricorsi giurisdizionali che ha presentato.

Una interpretazione diversa, d’altronde, legittimerebbe a questo punto il ricorrente a utilizzare liberamente i due memoriali in questione dal girono in cui è stato sanzionato la prima volta perché, una volta sanzionato con i 3 gg. di consegna di cui al precedente provvedimento disciplinare, non potrebbe essere più perseguito per ulteriori propagazioni dell’illecito.

V. Nel quarto motivo di ricorso si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per impropria citazione dell’art. 14 r.d.m. in quanto, in ordine al senso di responsabilità violato, egli – presentando le denunce – avrebbe agito nella convinzione di adempiere ai propri doveri.

Su tale argomento si tratta di motivo di ricorso inammissibile perché il giudizio dato dall’organo disciplinare sul carente senso di responsabilità non è autonomo e sganciato dalle contestazioni disciplinari rivoltegli in fatto (che sono state esaminate sopra), ma consegue ad esse (l’organo disciplinare usa il gerundio "evidenziando carente senso di responsabilità" e poi parte con le contestazioni); una volta accertato che i fatti di cui alle due contestazioni disciplinari sono stati commessi, non si può ridiscutere tutto tornando sul giudizio che da essi è conseguito.

VI. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RESPINGE il ricorso.

CONDANNA il ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese di lite, che determina in euro 2.000, oltre i.v.a. e c.p.a. (se dovuti).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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