T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 21-03-2011, n. 447 Procedimento e provvedimento disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il maresciallo dei Carabinieri, C.M., impugna il provvedimento disciplinare del 15. 12. 2008 n. 180 (e il rigetto del ricorso gerarchico previamente proposto e deciso con provvedimento del 23. 3. 2009) con cui gli era stata applicata la consegna per gg. 3.

Il motivo per cui il maresciallo era stato consegnato consisteva:

– nella circostanza che egli aveva usato copie di pagine di memoriali di servizio per presentare un ricorso al TAR (naturalmente, un ricorso diverso da questo)

– nella circostanza che egli aveva presentato denunce contro i propri superiori senza darne comunicazione alla linea gerarchica

I motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:

1. il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 59 co. 1 d.p.r. 545/86 perché dalla data in cui era avvenuto il fatto (che è il 2. 4. 2008, data del deposito del ricorso al TAR) al 16. 9. 2008, data dell’avvio del procedimento disciplinare, erano passati circa 6 mesi;

2. il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 58 r.d.m. perché il procedimento era stato aperto dal Comandante di Compagnia che avrebbe dovuto astenersi essendo stato denunciato dal maresciallo in sede penale;

3. il provvedimento sarebbe illegittimo per infondatezza della contestazione nel merito, perché il maresciallo deteneva legittimamente i memoriali in questione in quanto formavano oggetto del (precedente) provvedimento disciplinare, e per essi aveva comunque presentato istanza di accesso (non si precisa se accolta), in ogni caso il loro utilizzo costituisce mero esercizio del diritto di difesa davanti alle autorità giudiziaria;

4. il provvedimento sarebbe inoltre illegittimo per impropria citazione dell’art. 15, co. 4, sul regolamento sul servizio di presidio richiamato nel provvedimento impugnato ed, a giudizio del ricorrente, non applicabile perché riguarderebbe le sole querele, laddove il maresciallo avrebbe presentato delle denunce per reati procedibili d’ufficio; in ogni caso, egli ne avrebbe informato i superiori in occasione della notifica del ricorso avvenuta il 2.4. 2008.

5. il provvedimento sarebbe illegittimo per impropria citazione dell’art. 52 e 14 r.d.m. pure richiamati nel provvedimento impugnato in quanto, a giudizio del ricorrente, gli eventi in cui era rimasto coinvolto erano ben noti ai superiori, e sul senso di responsabilità violato egli – presentando le denunce – avrebbe agito nella convinzione di adempiere ai propri doveri.

Nel ricorso era formulata altresì istanza di risarcimento del danno subito, di cui il ricorrente vorrebbe una liquidazione equitativa ad opera del Tribunale.

Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che deduceva l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 9. 3. 2011, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

I. Il ricorso è infondato.

II. Nel primo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 59 co. 1 d.p.r. 545/86 perché dalla data in cui era avvenuto il fatto (che è il 2. 4. 2008, data del deposito del ricorso al TAR) al 16. 9. 2008, data dell’avvio del procedimento disciplinare, erano passati circa 6 mesi.

In realtà la norma dell’art. 59, co. 1, non prevede espressamente un termine, in quanto dice soltanto che "1. Il procedimento disciplinare deve essere instaurato senza ritardo e svolgersi oralmente attraverso le seguenti fasi: a) contestazione degli addebiti; b) acquisizione delle giustificazioni ed eventuali prove testimoniali; c) esame e valutazione degli elementi contestati e di quelli adottati a giustificazione; d) decisione; e) comunicazione all’interessato. (…)".

La norma dispone soltanto che vada intrapreso "senza ritardo". Non essendo previsto un termine esplicito deve ritenersi che non sia possibile neanche intendere in alcun modo quella appena letta come una indicazione posta a decadenza dall’azione disciplinare, posto che non sarebbe coerente che un sistema giuridico prevedesse una decadenza così incerta e soggettiva quale quella che consegue alla valutazione della esistenza o meno del "ritardo".

Una volta ritenuto che il termine (che poi non è un termine) non è previsto a pena di decadenza, non si può ritenere viziato il seguito del procedimento disciplinare.

III. Nel secondo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 58 r.d.m. perché il procedimento era stato aperto dal Comandante di Compagnia che avrebbe dovuto astenersi essendo stato denunciato dal maresciallo in sede penale.

A prescindere dal fatto che esistesse o meno l’obbligo di astensione in capo al Comandante di Compagnia cap. B., va detto che il provvedimento disciplinare è stato deciso da altro ufficiale, il ten. B..

Il ricorrente, in effetti, lamenta che sia stato "aperto" il procedimento dal cap. B. (il soggetto su cui asseritamente graverebbe l’obbligo di astensione), ma nel motivo di ricorso il ricorrente non specifica come l’eventuale vizio della comunicazione di avvio del procedimento si trasmetta al provvedimento finale.

La comunicazione di avvio, che comunque c’è stata, serve soltanto a far conoscere al soggetto la pendenza del procedimento a suo carico e dargli la possibilità di difendersi, ed essa ha quindi raggiunto il suo scopo, chiunque la abbia materialmente firmata.

IV. Nel terzo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per infondatezza della contestazione nel merito, perché il maresciallo avrebbe detenuto legittimamente i memoriali di servizio in questione in quanto per essi aveva presentato istanza di accesso (non si precisa se accolta), in ogni caso il loro utilizzo nel procedimento disciplinare e poi in sede giurisdizionale costituirebbe mero esercizio del diritto di difesa davanti alle autorità giudiziaria ed escluderebbe l’uso personale perché funzionale anche alla trasparenza dell’amministrazione; non sarebbe, inoltre, certo che abbia riprodotto i memoriali proprio il ricorrente, perché il fatto che ne sia venuto in possesso il difensore del ricorrente non significa che glieli abbia dati proprio lui.

Questo motivo affronta il primo aspetto del merito della contestazione disciplinare (aver utilizzato memoriali di servizio per fini privati senza autorizzazione).

La norma violata è l’ art. 21 delle Istruzioni per l’Arma dei Carabinieri prevede che "nessuno può estrarre per uso personale copia di lettere o documenti d’ufficio, né dare di essi visione a persone estranee, se non per motivi di servizio e previa autorizzazione del comandante di gruppo o dell’ufficiale capo ufficio".

Le tesi difensive del ricorrente sono in successione quattro:

– avrebbe detenuto legittimamente i documenti in quanto avrebbe chiesto l’accesso ad essi,

– anche se non li ha detenuti legittimamente, li avrebbe usati per finalità di difesa che è un diritto costituzionale,

– anche se non li ha detenuti legittimamente, averli utilizzati per la difesa disciplinare escluderebbe l’uso personale perché finalizzato anche ad una amministrazione trasparente,

– anche se non li ha detenuti legittimamente, la circostanza che li abbia utilizzato in giudizio il suo difensore non starebbe a significare che sia stato proprio il ricorrente a riprodurli, ma solo che sono stati estrapolati i memoriali da qualcuno che poteva avere accesso a questi memoriali, "ma l’identità di questo qualcuno non è affatto stata accertata" (pag. 9 del ricorso).

Sorvolando su quest’ultima parte della difesa che è offensiva per l’intelligenza del Tribunale, non essendo ipotizzabile che al difensore incaricato da M. di stendere il ricorso, le copie dei memoriali di servizio siano state date da altri che da M. stesso, sulle tesi difensive sviluppate in ricorso va osservato quanto segue:

– che sia stato chiesto l’accesso ai memoriali di servizio (circostanza che comunque l’amministrazione nega) non rileva, perché comunque l’accesso non è stato assentito, e nessuno è legittimato a farsi giustizia da sé estrapolando comunque gli atti d’ufficio cui ha interesse,

– sull’esercizio del diritto costituzionale di difesa in giudizio, esso è senz’altro esistente nel caso di specie, ma si tratta di un diritto che dialoga con la riservatezza, ed il punto d’incontro del dialogo tra questi due valori tutelati è costituito dalle norme sull’accesso (e su tutti dall’art. 24, co. 7, l. 241/90) che determinano in concreto le risultanze del bilanciamento tra essi; il ricorrente non può agganciarsi direttamente al diritto di difesa senza essere passato prima attraverso l’accesso;

– sulla circostanza che aver utilizzato in giudizio i memoriali di servizio in questione non costituisca uso per motivi privati perché la difesa in un procedimento disciplinare (sia in sede amministrativa che nella sua prosecuzione davanti al Tar) sarebbe anche nell’interesse della stessa amministrazione in quanto finalizzato alla trasparenza, si osserva che il giudizio davanti agli organi di giustizia amministrativa è configurato come una giurisdizione di diritto soggettivo, e non di diritto oggettivo; per poter ricorrere davanti ai Tribunali amministrativi i ricorrenti devono dedurre un interesse ad agire che deve essere personale, e da cui è esclusa qualsiasi possibilità di spendere un interesse alla tutela della mera legalità; in definitiva, si tratta di tesi ben formulata ma non sostenibile nell’attuale sistema giuridico.

V. Nel quarto motivo di ricorso si deduce che il provvedimento sarebbe inoltre illegittimo per impropria citazione dell’art. 15, co. 4, sul regolamento sul servizio di presidio richiamato nel provvedimento impugnato ed, a giudizio del ricorrente, non applicabile perché riguarderebbe le sole querele, laddove il maresciallo avrebbe presentato delle denunce per reati procedibili d’ufficio; in ogni caso, egli ne avrebbe informato i superiori in occasione della notifica del ricorso avvenuta il 2. 4. 2008.

Su questa seconda contestazione (aver presentato denunce a carico dei superiori senza averne dato notizia) le tesi del ricorrente sono in sostanza due:

– la norma in realtà prevederebbe l’obbligo di dare notizia soltanto delle querele, e non delle denunce;

– la norma non prevede un termine entro cui dare cognizione delle denunce (quelle oggetto di addebito risalgono al 23. 9. 2007 e 25. 1. 2008), e egli avrebbe comunque provveduto il 2. 4. 2008 notificando il ricorso al Tar in cui se ne dava conto (che si ricorderà essere oggetto della prima contestazione disciplinare).

La prima tesi deve essere respinta perché ogni querela contiene anche una denuncia; querele e denunce non sono due atti diversi tra cui c’è incompatibilità logica, perché la querela è la denuncia di un fatto cui si aggiunge un elemento in più costituito dalla richiesta di punizione del colpevole. Considerato che tutti i reati che può commettere in servizio un militare dell’Arma dei Carabinieri sono reati procedibili d’ufficio (in quanto reati dei pubblici ufficiali), non è mai necessaria una richiesta di punizione del colpevole per essi. Ad interpretare la norma come vorrebbe il ricorrente, deriverebbe una sorta di interpretazione abrogatrice in quanto essa finirebbe per essere applicata soltanto a fatti privati, estranei al servizio.

La seconda tesi (pur brillante) è paradossale. Il ricorrente vorrebbe spendere proprio il precedente ricorso al Tar (che per l’utilizzo indebito dei memoriali di servizio gli è valsa la prima parte della contestazione disciplinare) come adempimento dell’obbligo che gravava su di lui di comunicare le denunce presentate a carico di alcuni superiori. Ma – ammesso anche che si tratti degli stessi organi destinatari – la notifica di un ricorso al Tar avviene per finalità private (serve ad impedire la decorrenza del termine che porta al consolidamento del provvedimento impugnato; serve per introdurre un giudizio che, come si dice prima, è di giurisdizione soggettiva davanti al Tribunale), laddove la comunicazione delle denunce è un obbligo che grava sul soggetto ed a cui lo stesso non ha inteso adempiere (o almeno, non ha dato le prove di aver adempiuto; egli sostiene anche di aver dato comunicazione a voce, ma la sua semplice attestazione postuma di questa circostanza non è sufficiente a comprovarla). La mancata comunicazione ha un connotato soggettivo (non aver voluto comunicare) ed oggettivo (aver impedito all’amministrazione di conoscere quanto denunciato). La circostanza che l’Arma abbia comunque prima o poi preso conoscenza della denuncia, in un modo peraltro del tutto ellittico, non elide pertanto l’illecito.

VI. Nel quinto motivo di ricorso si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per impropria citazione dell’art. 52 e 14 r.d.m. pure richiamati nel provvedimento impugnato in quanto, a giudizio del ricorrente, gli eventi in cui era rimasto coinvolto erano ben noti ai superiori, e in ordine al senso di responsabilità violato egli – presentando le denunce – avrebbe agito nella convinzione di adempiere ai propri doveri.

Sul primo argomento si è già detto nell’esame del punto che precede; sul secondo argomento si tratta di motivo di ricorso inammissibile perché il giudizio dato dall’organo disciplinare sul carente senso di responsabilità non è autonomo e sganciato dalle due contestazioni disciplinari rivoltegli in fatto (e che sono state esaminate sopra), ma consegue ad esse (l’organo disciplinare usa il gerundio "evidenziando carente senso di responsabilità" e poi parte con le contestazioni); una volta accertato che i fatti di cui alle due contestazioni disciplinari sono stati commessi, non si può ridiscutere tutto tornando sul giudizio che da essi è conseguito.

VII. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RESPINGE il ricorso.

CONDANNA il ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese di lite, che determina in euro 2.000, oltre i.v.a. e c.p.a. (se dovuti).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *