Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-03-2011) 24-03-2011, n. 11779 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ocuratore Generale.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 24.9.2010, il Tribunale della Libertà di Perugia, rigettava l’istanza di riesame proposta da F.G. avverso l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal gip del locale Tribunale il 4.9.2010 per il reato di rapina ai danni di una prostituta straniera.

Ha personalmente proposto ricorso per cassazione il F., deducendo, con un primo motivo il vizio di violazione dell’art. 273 c.p.p. e il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, in punto di valutazione dell’attendibilità delle fonti di prova a suo carico.

Incerte e generiche sarebbero state infatti le dichiarazioni della persona offesa tanto sulle caratteristiche dell’autovettura risultata nell’occasione in possesso del rapinatore, e peraltro corrispondente ad un modello di larga diffusione, che sulle caratteristiche fisionomiche dell’autore del fatto.

L’individuazione fotografica effettuata dalla vittima, inoltre, era avvenuta non nell’immediatezza dei fatti ma solo il giorno dopo, ed era stata condizionata dalle "consultazioni" della donna con una "collega", vittima in precedenza di analoghi fatti.

Smentirebbe infine le accuse l’individuazione delle celle impegnata nell’ora del delitto dal telefonino del ricorrente.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 274 c.p.p., e il difetto di motivazione del provvedimento, in ordine all’affermata sussistenza delle esigenze cautelari.

Dopo un diffuso richiamo ai principi che presiedono alle valutazioni del caso, il ricorrente deduce che non si ravviserebbero nella specie esigenze istruttorie tali da determinare qualunque misura di cautela personale, tanto meno quella più afflittiva; lamenta che il giudizio prognostico del tribunale sia ancorato sostanzialmente all’inammissibile valutazione di una colpa d’autore; deduce infine la violazione del principio di idoneità, sostenendo comunque l’adeguatezza di misure meno afflittive.

Il ricorso è manifestamente infondato.

In punto di gravità indiziaria, le valutazioni del tribunale sono del tutto condivisibili nella misura in cui valorizzano non solo il sicuro riconoscimento fotografico dell’imputato da parte della persona offesa, che non si vede perchè e in che modo sarebbe stato falsamente orientato da un’altra testimone, ma anche il possesso, da parte del F., di un’autovettura Lancia Ypsilon analoga a quella in uso al rapinatore, e peraltro caratterizzata dalla parziale coincidenza del numero di targa con le indicazioni fornite dalla vittima sulle prime lettere identificative.

Del tutto peregrina è poi l’osservazione del ricorrente circa la presunta "remota" datazione dell’individuazione fotografica, intervenuta non, come si vorrebbe, "solo" il giorno dopo, ma "appena" il giorno dopo, cioè con notevole tempestività, mentre il riferimento all’utilizzazione del cellulare è considerato approfonditamente dai giudici territoriali, ma per trarne, con valutazioni logiche e coerenti, elementi a carico del ricorrente, che da parte sua si è limitato ad eccepire apoditticamente il contrario.

Del tutto generiche sono infine le considerazioni del ricorrente in punto di esigenze cautelari.

Improprio è il richiamo alla colpa d’autore, che semmai rileverebbe come inaccettabile criterio di valutazione della gravità indiziaria, ma che non è in nessun modo utilizzato dal tribunale nè in questo senso nè ai fini cautelari, avendo piuttosto i giudici territoriali convenientemente sottolineato, ai fini del giudizio dell’esclusiva idoneità della più grave misura restrittiva, l’implicazione dell’imputato in altre vicende analoghe, per le quali ha già riportato condanna anche se non irrevocabile, la circostanza che il F. avrebbe commesso il nuovo reato mentre si trovava sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora per altri fatti, e, infine, i gravi precedenti specifici dell’imputato per reati contro il patrimonio.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1000,00, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1000,00; si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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