Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-03-2011) 24-03-2011, n. 11772 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 14.7.2010, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo rigettò la richiesta di applicazione della misura cautelare del divieto di contrarre con la pubblica Amministrazione per un anno, nei confronti della Temporary S.p.A. in relazione alle ipotesi di truffa contestate a G.O. e T.F.M., rispettivamente responsabile commerciale e presidente del C.d.a. dell’agenzia per il lavoro interinale Temporary S.p.A..

Avverso tale provvedimento il pubblico ministero propose appello, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., e il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 17.9.2010, rigettò l’impugnazione.

Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo deducendo vizio di motivazione in quanto il Tribunale avrebbe trascurato alcune risultanze.

In particolare I.R., direttore e vice presidente del CO.IN.R.E.S. (Consorzio Intercomunale Rifiuti Energia e Servizi, che gestisce il servizio raccolta rifiuti dell’Ambito territoriale ottimale n. 4, raggruppando 22 Comuni della Provincia di Palermo), L.R. (presidente del C.d.a. di tale Consorzio) G. O. e T.F.M. (rispettivamente responsabile commerciale e presidente del C.d.a. dell’agenzia per il lavoro interinale Temporary S.p.A.), in concorso tra loro avevano creato un’associazione per delinquere finalizzata a far assumere a tempo indeterminato dal Consorzio, ingannandone l’assemblea, senza alcun concorso:

– 21 dipendenti, con la prima somministrazione di lavoro;

– 39 dipendenti con la seconda somministrazione;

– 44 dipendenti, oltre a 76 a tempo determinato con la terza somministrazione;

così assicurando alla società Temporary S.p.A. che gestiva somministrava i dipendenti il 5% di quanto fatturato, ingannando l’assemblea dei soci.

I fatti non sarebbero riconducibili all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 28, trattandosi di fattispecie residuale o almeno concorrente.

Il Tribunale argomenta che sarebbe inverosimile che i componenti dell’assemblea consortile (cioè i sindaci dei Comuni consorziati) siano stati ingannati, dal momento che per lo più gli assunti erano persone legate da rapporti di parentela o conoscenza con le loro amministrazioni. Ciò potrebbe integrare ulteriori reati di abuso d’ufficio, ma non escludere il raggiro nei confronti dell’assemblea dell’ente pubblico.

Il fatto che fosse stato trasmesso a tutti i Comuni avviso di selezione pubblica può significare che egli agisse di concerto con gli organi assembleari per detta selezione a norma di legge, ma non può significare che I. non abbia sottaciuto maliziosamente che dette selezioni non sarebbero avvenute.

Con riguardo alla terza somministrazione il C.d.A. delibera l’avvio di 76 unità ma credendo che la selezione rispetti la legge: la successiva opposizione all’Ispettorato del lavoro nulla toglierebbe all’efficacia persuasiva degli stratagemmi adottati dagli indagati.

Anche il mero silenzio su talune circostanze potrebbe integrare la truffa.

Il ricorso è proposto al di fuori dei casi consentiti, dal momento che svolge censure di merito non consentite in questa sede.

Il Tribunale ha rilevato, condividendo la valutazione del G.I.P., che non vi fossero gravi indizi di colpevolezza in ordine all’utilizzo di artifizi o raggiri ed all’induzione in errore nei confronti degli organi sociali (assemblea e consiglio di amministrazione). Infatti tale assunto sarebbe smentito dal fatto che i soggetti assunti erano legati da rapporti di parentela con esponenti politici. Inoltre era stata trasmessa una missiva relativa all’avviso pubblico di somministrazione di lavoro, il che dimostrerebbe il concerto tra I. e gli organi sociali, tanto che intervenne successivamente ratifica e l’assemblea consortile si era opposta alle contestazioni mosse dall’Ispettorato del lavoro. Tali risultanze escluderebbero sia l’utilizzo di artifizi o raggiri che l’induzione in errore degli organi consortili.

Mancavano inoltre agli atti, quanto alle prime due somministrazioni, le delibere del presidente, del C.d.A. e assembleari.

L’assenza di gravi indizi in ordine ai reati fine esclude ad avviso del Tribunale la possibilità di applicare la misura cautelare alla società, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001.

Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 c.p.p., lett. e), di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito.

Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati.

E’ perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia.

Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della motivazione.

Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del devolutimi non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice.

Infine il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere di decisività non essendo possibile da parte della Corte di cassazione una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.

Nel caso in esame non è dedotto il travisamento di un prova relativa ad un elemento decisivo, ma solo proposta una diversa interpretazione degli elementi di prova.

In particolare viene proposta, peraltro in via ipotetica, una ricostruzione alternativa a quella operata dai giudici di merito, ma, in materia di ricorso per Cassazione, perchè sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la ricostruzione contrastante con il procedimento argomentativo del giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare soltanto una ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza (V. con riferimento a massime di esperienza alternative, Cass. sez. 1, sent. n. 13528 del 11.11.1998 dep. 22.12.1998 rv. 212054).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *