Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-03-2011) 24-03-2011, n. 11740 Ricorso

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 11.6.2009, il Tribunale di Nola dichiarò B. A. e N.G. responsabili del reato di rapina aggravata e attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, ritenuta la recidiva reiterata specifica infraquinquennale per B. – condannò B. alla pena di anni 7 mesi 6 di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa e N. alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 800,00 di multa.

Avverso tale pronunzia gli imputati proposero gravame ma la Corte d’appello di Napoli, con sentenza in data 26.4.2010, confermò la decisione di primo grado.

Ricorrono per cassazione il difensore dell’imputato B.A. e l’imputato N.G. personalmente.

Il difensore di B. deduce:

1. violazione della legge processuale in relazione alla mancata effettuazione di una formale ricognizione di persona, pur richiesta dalla difesa; l’imputato è stato condannato in base alle dichiarazioni delle persone offese che in sede di escussione lo hanno informalmente riconosciuto; ciò è stata considerata prova atipica, ma la ricognizione è disciplinata dall’art. 213 cod. proc. pen. che non può essere sovrapposto alla dichiarazione testimoniale e il principio di non tassatività delle prove non può essere utilizzato quando vi sia la previsione di prove tipiche, disciplinate dalla legge; la inosservanza delle modalità di cui all’art. 213 cod. proc. pen. è causa di nullità della ricognizione; con l’uso della sola prova testimoniale non sarebbe stata superata la soglia del dubbio ragionevole considerando che non vi è stata descrizione del rapinatore, che portava anche un berretto che gli copriva parte del volto; non sono stati indicati i tatuaggi pur visibili; la polizia giudiziaria non ha mai controllato insieme gli imputati;

2. vizio di motivazione in relazione all’avere la Corte territoriale trascurato gli elementi di segno contrario al contenuto delle testimonianze emersi in dibattimento.

N.G. deduce vizio di motivazione in quanto la Corte territoriale ha sorvolato sul deficit di riconoscimento da parte della teste A., la quale, nel descrivere l’imputato ha mancato il colore degli occhi, nonostante la durata della rapina.

Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di B.A. è manifestamente infondato.

Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, che il Collegio condivide, infatti, il riconoscimento dell’imputato presente, operato in udienza, nel corso della deposizione da parte del testimone, trova il suo paradigma nella prova testimoniale proveniente da un soggetto che, nel corso della testimonianza, abbia accertato direttamente l’identità personale dell’imputato. Esso deve, pertanto, essere tenuto distinto dalla ricognizione personale, disciplinata dall’art. 213, ed è inquadrabile tra le prove non disciplinate dalla legge di cui all’art. 189 cod. proc. pen. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3642 del 3.12.2004 dep. 2.2.2005 rv 230781).

D’altro canto l’individuazione di un soggetto – sia personale sia fotografica – operata durante le indagini preliminari è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta, perciò, una specie del più generale concetto di dichiarazione; di modo che la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale.

(Cass. Sez. 2 sent. 47871 del 28.10.2003 dep. 15.12.2003 rv 227079).

Le ulteriori doglianze svolte nel primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di B., quali quella della mancata indicazione dei tatuaggi e la presenza di un berretto che copriva parte del volto del rapinatore, sono di merito e come tali non consentite in questa sede, posto che la Corte territoriale ha motivato, richiamando anche la sentenza di primo grado, in modo non manifestamente illogico, sia in ordine alla descrizione dei rapinatori ed alla certezza dei riconoscimenti degli imputati da parte delle persone offese (p. 7 che in ordine ai tatuaggi (p. 8 sentenza impugnata) ed all’assenza di controlli in cui gli imputati fossero stati trovati insieme (p. 12 sentenza impugnata).

Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di B. A. è generico, dal momento che non sono neppure indicati gli elementi di segno contrario a quelli valutati dalla Corte territoriale che sarebbero stati trascurati nella motivazione.

Il ricorso di N.G. è inammissibile per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata.

Infatti la Corte territoriale ha rilevato che il particolare del colore degli occhi di N. non mina l’attendibilità della teste A. a fronte della nitidezza delle risposte e della certezza del riconoscimento (p. 11 sentenza impugnata).

In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5 sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2 sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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