Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-02-2011) 24-03-2011, n. 11736

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p.1. Con sentenza del 18/01/2010, la Corte di Appello di Catania confermava la sentenza pronunciata in data 17/3/2005 dal Tribunale della medesima città con la quale V.U. era stato ritenuto responsabile di tre episodi di usura a carico di S. N., Sp.Sa. e di F.A.. p.2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

1. illogicità della motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto la sussistenza del reato contestato nonostante la perizia contabile, disposta dalla stessa Corte, avesse concluso che la frammentarietà della documentazione non consentisse la ricostruzione del saggio degli interessi pagati al V..

Illegittimamente, quindi, la Corte aveva ritenuto inidonea ed obliterata la suddetta perizia.

2. violazione del D.Lgs. n. 356 del 1992, art. 12 sexies per avere la Corte disposto la confisca di parte dei beni del V. avendo ritenuto che il loro valore fosse del tutto sproporzionato al reddito dichiarato. Si trattava, però, di una motivazione non solo apodittica ma anche contraria a quanto accertato dal perito che aveva concluso sostenendo che "complessivamente comunque si può giudicare un certo equilibrio tra quanto acquistato nel corso degli anni e le risorse finanziarie introitate". 3. VIOLAZIONE dell’art. 157 c.p. per non avere la Corte territoriale dichiarato la prescrizione dell’usura nei confronti dello S., essendo pacifico che il patto usurario era stato realizzato nel (OMISSIS);

4. violazione dell’art. 81 c.p. per avere omesso la Corte territoriale ogni motivazione in ordine alla richiesta continuazione con altra sentenza della Corte di Appello di Catania del 12/11/2004, passata in giudicato il 7/02/2007.
Motivi della decisione

p.3. ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE: la doglianza, nei termini in cui è stata dedotta è infondata.

La Corte aveva disposto la perizia per appurare quale fosse il tasso d’interessi applicato.

In via di principio, va osservato che il fatto che il perito non approdi ad alcun risultato utile, non comporta l’automatico proscioglimento dell’imputato quando il giudice, comunque, sia in grado di affermare, sulla base dei riscontri probatori, che il tasso praticato (sebbene non specificamente individuato) è di natura usuraria. E così, nella fattispecie concreta, dalla motivazione della sentenza impugnata, risulta dall’ampio compendio probatorio evidenziato dalla Corte, che, in tutti e tre gli episodi, il tasso preteso dall’imputato (che variava fra l’8 ed il 10% mensile) era di natura usuraria, sicchè l’esito della perizia (che non ha escluso che al V. fossero corrisposti interessi usurati ma, molto più semplicemente, ha concluso per un non liquit) non poteva condizionare il giudizio della Corte la quale peraltro ha chiarito che il tasso praticato era ben oltre superiore a quello della L. n. 24 del 2001 "ancorchè la loro effettiva specificazione possa sfuggire all’accertamento peritale eseguito a posteriori allorquando i titoli incorporavano tanto il capitale, quanto gli interessi, ma non mancando delle anomalie ut supra evidenziatesi". p.4. VIOLAZIONE del D.Lgs. n. 356 del 1992, art. 12 sexies: la censura è fondata atteso che la motivazione è tautologica essendosi la Corte limitata alla parafrasi della legge. p.5. VIOLAZIONE dell’art. 157 c.p.: anche tale censura è fondata atteso che la motivazione è, in pratica, inesistente essendosi la Corte limitata a scrivere: "non si ravvisano gli elementi probatori per esondare (sic), ai sensi dell’art. 120 c.p.p. (sic) la declaratoria di prescrizione per il reato di cui al capo 4 della rubrica". p.6. VIOLAZIONE dell’art. 81 c.p.: anche la suddette doglianza è fondata alla stregua di quella pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo la quale "una volta che l’imputato abbia formulato uno specifico motivo di gravame sulla mancata applicazione della continuazione, il giudice dell’impugnazione ha l’obbligo di pronunciarsi sul tema di indagine devolutogli, per l’evidente ragione che al principio devolutivo è coessenziale il potere-dovere del giudice del gravame di esaminare e decidere sulle richieste dell’impugnante: sicchè, stante la correlazione tra motivi di impugnazione e ambito della cognizione e della decisione, non è ammissibile che il giudice possa esimersi da tale compito, riservandone la soluzione al giudice dell’esecuzione e possa, cosi, sovrapporre all’iniziativa rimessa al potere dispositivo della parte la propria valutazione circa l’opportunità di esaminare, o non, l’istanza dell’impugnante. Ne consegue che, qualora il giudice di appello abbia omesso di pronunciare sulla richiesta di continuazione formulata con specifico motivo di impugnazione, sussiste l’interesse dell’imputato al ricorso per cassazione per la mancata pronuncia sul punto": SS.UU. 1/2000 Rv. 216238.
P.Q.M.

ANNULLA Con rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’omessa valutazione della chiesta continuazione, della chiesta prescrizione e per omessa motivazione in ordine alla confisca di cui al D.Lgs. n. 356 del 1992, art. 12 sexies e DISPONE Trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte di Appello di Catania per nuovo giudizio sui punti RIGETTA Nel resto il ricorso del V. che condanna alla rifusione in favore della parte civile S.N. delle spese sostenute in questo grado di giudizio liquidate in complessivi Euro 2.000,00 oltre iva e cpa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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