Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-02-2011) 24-03-2011, n. 11735 Cognizione del giudice d’appello reformatio in peius

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p.1. Con sentenza del 9/10/2007, il Tribunale di Gorizia riteneva M.A., M.L. e D.R.C. responsabili di furto aggravato ex art. 625 c.p., n 2, così modificata l’originaria imputazione di rapina impropria, e li condannava alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 300,00 di multa ciascuno. p.2. Avverso la suddetta sentenza proponeva appello il P.G. e M.A. e la Corte di Appello di Trieste, con sentenza del 7/12/2009, riqualificato il fatto come rapina impropria, dichiarava il M.A. responsabile del reato di lesioni aggravate ex art. 61 c.p., n. 2 e condannava quest’ultimo alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione ed Euro 350,00, mentre M.L. e D.R.C. venivano condannate alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 300,00 di multa ciascuna. p.3. Avverso la suddetta sentenza, M.A. e D.R. C. hanno proposto, a mezzo del comune difensore, un unico ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

1. violazione dell’art. 597 c.p.p., commi 2 e 3 per avere la Corte illegittimamente mutato la qualificazione giuridica al fatto pur in assenza di uno specifico motivo di appello da parte del P.g..

2. CONTRADDITTORIETA’ DELLA MOTIVAZIONE per avere la Corte territoriale ritenuto che il M. avesse adoperato la violenza nei confronti del T. per procurarsi l’impunità e non, come invece aveva ritenuto il primo giudice, per difendere la sorella M.L. che, in qualità di cassiere, aveva consentito ai famigliari di passare dalla cassa senza pagare;

3. violazione dell’art. 61 c.p., n. 2 per avere la Corte ritenuto la sussistenza della suddetta aggravante laddove l’atteggiamento violento del M. appariva finalizzato a sè stesso con esclusione, quindi, di ogni rapporto teleologico con il delitto di furto;

4. INSUSSISTENZA DELL’AGGRAVANTE DI CUI all’art. 625, n. 2 e DEL REATO DI cui all’art. 612 c.p.: i ricorrenti chiedono che, nel caso in cui il reato dovesse essere nuovamente qualificato come furto, non si dovrebbe tenere conto nè dell’aggravante del mezzo fraudolento nè del reato di minacce, non sussistendone i presupposti.
Motivi della decisione

p.4. VIOLAZIONE dell’art. 597 c.p., commi 2 e 3 (motivo sub 1): la censura, nei termini in cui è stata dedotta, è infondata per le ragioni di seguito indicate.

La sentenza di primo grado fu impugnata anche dal P.m. (sebbene non sotto il profilo della qualificazione giuridica), in ordine al trattamento sanzionatorio in quanto la pena detentiva irrogata dal primo giudice per il furto aggravato era illegale essendo inferiore al minimo edittale. La Corte, dopo aver ritenuto di riqualificare il fatto come rapina impropria aggravata, ha aumentato la pena rilevando che "la lettura del combinato disposto dell’art. 597 c.p.p., commi 2 e 3 fa ritenere che, in assenza di appello del P.m. in punto di qualificazione giuridica del fatto e in presenza di un appello del P.M. in punto pena e dell’appello dell’imputato, la Corte possa mutare la qualificazione giuridica del fatto ma non superare le pene previste per il furto, pur aumentando quelle inflitte dal giudice di primo grado (operazione resa possibile dall’appello del P.G. sulla misura della pena detentiva)". Il suddetto ragionamento non si presta alla censura dedotta dai ricorrenti in quanto, la suddetta impugnazione ebbe un effetto pienamente devolutivo attribuendo al giudice di appello tutti gli ampi poteri decisoli previsti dall’art. 597 c.p.p., comma 2, lett. a). Sul punto, questa Corte, ha infatti ritenuto che "non sussiste la violazione del divieto di reformatio in peius qualora, ancorchè sia proposta impugnazione da parte del solo imputato, il giudice di appello, senza aggravare la pena inflitta, attribuisca al fatto una diversa e più grave qualificazione giuridica": ex plurimis Cass. 1 3246/2008 Rv. 242953.

La Corte, quindi, essendo stato proposto appello da parte del M. aveva il potere di qualificare diversamente il fatto, ma, essendo stato proposto appello anche del P.M. in punto pena, aveva l’obbligo, una volta riconosciuta l’illegalità della pena irrogata dal primo giudice, di adeguarla nei corretti limiti edittali. p.5. CONTRADDITTORIETA’ DELLA MOTIVAZIONE (motivo sub 2): la censura è infondata in quanto si limita a riproporre una versione alternativa ai fatti rispetto a quella ritenuta dalla Corte territoriale la cui motivazione non si appalesa nè illogica nè contraddittoria avendo adeguatamente e congruamente motivato alla stregua degli evidenziati elementi fattuali. Con il che va disatteso anche il motivo sub 3 (violazione dell’art. 61 c.p., n. 2) dovendosi ritenere congruamente motivata la sussistenza della suddetta aggravante. La reiezione del ricorso in ordine alla qualificazione giuridica assorbe i restanti motivi (che presuppongono, appunto, la diversa qualificazione giuridica del fatto come furto). p.6. In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con la conseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

RIGETTA il ricorso e CONDANNA i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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