T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, Sent., 22-03-2011, n. 1614

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 19 febbraio 2010 e depositato il 5 marzo 2010, le società ricorrenti T.- C.G. s.p.a. e Ing. D.G. s.p.a. espongono che:

– nell’anno 1991 il Comune di Aversa ha indetto una gara d’appalto per l’aggiudicazione dei lavori di sistemazione dell’emissario delle acque dei Comuni di Parete, Lusciano, Aversa, TrentolaDucenta e Frignano;

– nel corso della procedura veniva giudicata anormalmente bassa l’offerta dell’associazione temporanea di imprese (di seguito a.t.i.) condotta dalla capogruppo Z.C. s.p.a. e dalla mandante Ing. D.G. s.p.a. che aveva presentato un ribasso del 14,38% sull’importo complessivo posto a base di gara, con conseguente esclusione dalla selezione concorsuale;

– l’appalto veniva infine aggiudicato all’a.t.i. M., I., B.;

– avverso il provvedimento di esclusione e la successiva aggiudicazione in favore della prima graduata insorgeva la Z.C. s.p.a. con ricorso iscritto al numero di registro generale 14830 del 1993 che veniva accolto da questo Tribunale con sentenza n. 340 del 10 febbraio 1999, con conseguente annullamento degli atti impugnati;

– in particolare il T.A.R. condivideva le censure dedotte dalla parte ricorrente secondo cui: a) l’esclusione automatica dell’offerta anomala non poteva essere disposta in presenza soltanto di quattro offerte valide, in quanto l’art. 2 bis, terzo comma, del D.L. 2 marzo 1989 n. 65 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 26 aprile 1989 n. 155), applicabile ratione temporis alla fattispecie, prevedeva tale possibilità in via transitoria, ma solo in presenza di almeno quindici offerte valide; b) l’amministrazione non avrebbe potuto disporre l’esclusione dell’offerta della concorrente, la cui congruità doveva essere valutata in contraddittorio mediante acquisizione delle relative giustificazioni;

– la pronuncia del T.A.R. veniva infine confermata in appello dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione n. 1 del 29 gennaio 2003;

– La T.- C.G. s.p.a è subentrata alla Intercostruzioni s.p.a. (già Z.C.) per effetto del contratto di cessione di ramo d’azienda del 24 luglio 1998.

Tanto premesso, con il ricorso in trattazione le società T. s.p.a. e Ing. D.G. s.p.a. (rispettivamente nelle qualità di successore a titolo particolare della capogruppo dell’a.t.i. Z. e di mandante del predetto raggruppamento) chiedono accertarsi il proprio diritto al risarcimento dei danni conseguenti alla declaratoria di illegittimità dell’esclusione disposta dalla stazione appaltante nei confronti dell’a.t.i. Z. e del conseguente provvedimento di aggiudicazione in favore dell’a.t.i. M., I., B..

Le ricorrenti osservano che, in difetto della disposta esclusione, la procedura si sarebbe conclusa con l’aggiudicazione in favore dell’a.t.i. Z. e, poiché non è più possibile la reintegrazione in forma specifica, chiedono il risarcimento per equivalente monetario commisurato: I) al danno emergente corrispondente ai costi sostenuti per la partecipazione alla gara (Euro 154.937,06); II) al lucro cessante derivante dalla mancata esecuzione dell’appalto (per una percentuale pari al 36% sull’importo a base d’asta, come ribassato dall’a.t.i. esclusa, per complessivi Euro 4.012.434,85); III) ai danni non patrimoniali derivanti dal pregiudizio curriculare e dal danno all’immagine, da liquidarsi in Euro 40.124,34.

Si è costituito in giudizio il Comune di Aversa che oppone il difetto di legittimazione attiva della parte ricorrente in quanto, secondo l’amministrazione, la T. s.p.a. esercita un diritto di credito sorto in capo a un soggetto distinto (a.t.i. Z.C.), considerato anche che la compagine del raggruppamento partecipante non è soggettivamente modificabile se non previa verifica e riconoscimento da parte dell’amministrazione appaltante della idoneità della nuova impresa a partecipare alla gara.

La difesa dell’ente osserva inoltre che analoga richiesta risarcitoria è stata già respinta da questo T.A.R. con sentenza n. 7755/2004 proprio per difetto di legittimazione attiva della società T. e che tale pronuncia è stata confermata in appello dal Consiglio di Stato con decisione n. 2167/2005.

L’amministrazione eccepisce inoltre l’intervenuta prescrizione del credito azionato in giudizio e, nel merito, conclude per la reiezione del gravame.

Alla pubblica udienza del 9 febbraio 2011 la causa è stata spedita in decisione.
Motivi della decisione

1. Viene in decisione il ricorso con cui le società T.- C.G. s.p.a. (nella qualità di cessionaria del ramo d’azienda acquistato dall’impresa Intercostruzioni, già Z.C.) ed Ing. D.G. s.p.a. chiedono la condanna del Comune di Aversa al risarcimento dei danni conseguenti all’illegittima esclusione disposta nei confronti dell’a.t.i. Z. – Ing. D.G. s.p.a. (accertata con sentenza di questo T.A.R. n. 340/1999, confermata in appello dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con decisione n. 1/2003), nell’ambito della gara indetta nel 1991 per l’aggiudicazione dei lavori di sistemazione dell’emissario delle acque dei Comuni di Parete, Lusciano, Aversa, TrentolaDucenta e Frignano.

2. Il ricorso non può trovare accoglimento, dovendosi all’uopo distinguere tra la posizione della T. s.p.a. e quella della Ing. D.G. s.p.a..

3. Con riguardo alla prima società, il Collegio ritiene di fare proprie le argomentazioni svolte dalla Sez. I di questo T.A.R. con riferimento ad un analogo ricorso proposto dalla medesima società e definito con sentenza n. 7755 del 2004.

3.1. In quella occasione, si è difatti rilevato che il credito azionato in giudizio è di natura personale in quanto strettamente inerente alla posizione della partecipante alla gara (a.t.i. Z.).

Né la ricorrente T. s.p.a. può fondare la propria legittimazione a ricorrere sul contratto di cessione del ramo d’azienda stipulato il 24 luglio 1998 con l’impresa Intercostruzioni (già Z.C., capogruppo dell’a.t.i. illegittimamente estromessa dalla procedura in esame).

3.2. Sul punto, giova rammentare l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. V, 1 marzo 2003 n. 1129) secondo la quale l’effetto naturale della cessione automatica dei crediti relativi all’azienda ceduta, sancito dall’art.2559 cod. civ., deve ritenersi circoscritto, tenuto conto del chiaro tenore letterale della disposizione (che ha ad oggetto "la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta") e della sua esegesi affermatasi in giurisprudenza, ai soli crediti strettamente inerenti alla gestione dell’impresa e non può essere viceversa esteso a quelli di natura personale, costituiti in capo al soggetto cedente da un illecito di tipo extracontrattuale (o anche precontrattuale).

3.3. Ne consegue che, per la cessione dei crediti di natura personale (che si trasmettono automaticamente nelle sole ipotesi di successione universale) è necessaria un’apposita pattuizione che realizzi quell’effetto traslativo che la semplice cessione d’azienda (o di un suo ramo) non è idonea, di per sé, a produrre.

3.4. Si deve, allora, rilevare che, nella fattispecie in esame, la natura sicuramente personale del credito risarcitorio generato dall’illegittima esclusione dell’a.t.i. Z. (in quanto estraneo all’esercizio dell’attività d’impresa) richiedeva, per il suo trasferimento all’impresa cessionaria, una specifica pattuizione, in mancanza della quale quel diritto non può ritenersi acquistato da altre imprese.

3.5. Viceversa, dall’esame del contratto di cessione del ramo d’azienda versato agli atti di causa si ricava che non vi è stato alcun trasferimento del credito risarcitorio in favore della società cessionaria T., risultando insufficiente a tale scopo la previsione contenuta nell’art. 6 secondo cui "vengono altresì ceduti tutti i diritti vantati nei confronti degli Enti Appaltanti per rate saldo, contenzioso, ecc., su lavori collaudati" che, per il riferimento espresso contenuto al collaudo dei lavori, si riferisce evidentemente ai crediti successivi all’affidamento dei lavori e all’esecuzione delle opere e non a quelli di natura risarcitoria conseguenti alla illegittima esclusione dalla procedura.

3.6. In conclusione, deve quindi escludersi la titolarità in capo alla ricorrente T. della pretesa risarcitoria e, di conseguenza, la sua legittimazione a ricorrere a tutela di quel credito, con conseguente inammissibilità del gravame in parte qua.

4. Quanto alla ricorrente Ing. D.G. s.p.a., coglie viceversa nel segno l’eccezione di intervenuta prescrizione del diritto di credito sollevata dalla difesa dell’amministrazione comunale.

4.1. In via preliminare, occorre prendere atto che il ricorso in esame è stato proposto prima dell’entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo (approvato con D.Lgs. 2 luglio 2010 n. 104, in attuazione dell’art. 44 L. 18 giugno 2009 n. 69 ed entrato in vigore in data 16 settembre 2010, secondo quanto disposto dall’art. 2 D.Lgs. 104/2010) che, all’art. 30, ha introdotto la previsione di un termine decadenziale per la proposizione dell’azione di condanna al risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa.

4.2. Pertanto, trova applicazione il pregresso orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui, trattandosi di responsabilità extracontrattuale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 marzo 2007 n. 1114; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 30 marzo 2009 n. 1682), il diritto al risarcimento dei danni nei casi di annullamento giurisdizionale dell’atto illegittimo si prescrive con il decorso del termine di cinque anni ed il relativo dies a quo decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamento del provvedimento illegittimo (Consiglio di Stato, Sez. V, 31 ottobre 2008 n. 5453; Sez. VI, 16 settembre 2004 n. 5995), dovendosi intendere per sentenza amministrativa di annullamento quella che chiude l’intero giudizio amministrativo e, quindi, se questo si è distribuito su due gradi di giudizio, quella del Consiglio di Stato (T.A.R. Piemonte, 22 maggio 2006 n. 2164). Da tale data decorre, quindi, il termine quinquennale di prescrizione per l’esercizio della relativa azione: tanto in applicazione della regola civilistica secondo cui la prescrizione comincia a decorrere non già da quando il diritto è sorto, bensì da quando esso può essere fatto valere ( art. 2935 cod.civ.).

4.3. Applicando tale principio al caso in esame ne consegue che, con riguardo alla Ing. D.G. s.p.a. (mandante del raggruppamento illegittimamente estromesso dalla procedura di gara), la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno da illegittima esclusione decorre dalla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 1/2003. Solo a partire dalla data di deposito di tale pronuncia, quindi, la società interessata ha avuto la certezza dell’illegittimità del provvedimento di esclusione e, a partire da tale data, poteva essere fatto valere ogni diritto consequenziale, tra cui anche quello al risarcimento del relativo danno.

4.4. Ebbene, rispetto al menzionato dies a quo, la ricorrente non ha documentato l’esistenza di atti idonei ad interrompere il termine prescrizionale antecedenti alla notifica del ricorso in esame, con la conseguenza che, il diritto al risarcimento del danno deve ritenersi estinto con il decorso del termine quinquennale di prescrizione.

4.5. Neppure può riconoscersi un effetto interruttivo della prescrizione ex art. 2943 cod. civ. ai ricorsi definiti con sentenza di questo T.A.R. n. 7755/2004 (confermata in appello dal Consiglio di Stato con decisione n. 2167/2005), dal momento che la Ing. D.G. s.p.a. non è stata parte nei precitati giudizi che, viceversa, sono stati proposti dalla T. s.p.a. (la quale, per le ragioni illustrate, non si è resa cessionaria del credito azionato con il ricorso).

5. Ne consegue che, con riguardo alla Ing. D.G. s.p.a. il ricorso deve essere respinto poiché il credito azionato in giudizio si è estinto per prescrizione.

6. Si compensano spese ed onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi indicati in motivazione.

Compensa tra le parti costituite in giudizio le spese ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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