Cass. civ. Sez. V, Sent., 10-06-2011, n. 12782 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.D. impugnava la cartella di pagamento relativa ad una rettifica per l’Irpef anno d’imposta 1994 deducendone la nullità conseguente all’invalidità dell’atto presupposto; specificava che a partire dal 1992 aveva trasferito la propria residenza all’estero ed aveva effettuato la relativa comunicazione all’anagrafe del Comune di Milano, dove aveva avuto l’ultima residenza italiana, ed all’AIRE. L’ufficio resisteva eccependo l’inammissibilità del ricorso sia perchè era stata impugnata la sola cartella non per vizi propri, sia per tardività dello stesso.

La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.

Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente reiterando le proprie tesi difensive; l’ufficio contrastava l’assunto reiterando a sua volta le pregresse eccezioni.

La Commissione tributaria Regionale accoglieva l’appello ritenendo la nullità della notifica dell’atto presupposto, cioè dell’avviso di accertamento, operata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e la conseguente nullità derivata della notifica della cartella di pagamento impugnata.

Contro tale ultima sentenza ricorre per cassazione l’Agenzia con ricorso fondato su tre motivi. Il contribuente non controdeduce.
Motivi della decisione

1. La ricorrente Agenzia deduce con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21, per non avere il giudice a quo rilevato: – la tardività del ricorso introduttivo, pervenuto all’ufficio di Milano nel maggio 2002 mentre lo stesso ricorrente afferma di essere venuto a conoscenza della cartella impugnata presumibilmente nel dicembre 2001; l’inammissibilità dello stesso perchè non relativo a vizi propri della cartella.

1.2 Tali censure sono manifestamente inammissibili per violazione dell’art. 369 c.p.c. (come sostituito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7, a far data dal 2 marzo 2006) che recita "Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d’improcedibilità….. 4. gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda." Nel caso di specie la ricorrente assume di aver già sollevato in primo grado le eccezioni di inammissibilità del ricorso sia del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, comma 3, che per tardività dello stesso, ma, attesa la mancanza di qualsiasi riferimento a tali eccezioni nella impugnata sentenza, è onere del ricorrente porre questa Corte in grado di svolgere il suo compito istituzionale di controllo di legalità indicando gli atti processuali nei quali tali eccezioni sono state sollevate e riportando testualmente il contenuto delle stesse.

1.3 Risulta pertanto violato il principio già affermato da questa Corte (Cass. n. 21121 del 2010) "Anche il motivo di ricorso in Cassazione in materia tributaria è inammissibile ove manchi l’indicazione dei documenti su cui si fonda, difetti la specificazione della sede processuale nella quale risultino prodotti i ripetuti documenti e ne sia omesso il deposito, unitamente al ricorso, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4". 2. L’Agenzia con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, dell’art. 100 c.p.c., per non avere il giudice a quo rilevato il difetto di interesse da parte del contribuente alla denuncia del vizio di nullità della notifica dell’avviso di accertamento, atto presupposto, non essendovi impugnazione anche nel merito di quest’ultimo, divenuto ormai definitivo.

2.1 La censura è manifestamente infondata secondo l’indirizzo già enunciato e compiutamente motivato da questa Corte (Cass. S.U. n. 5791 del 2008) con argomentazioni dalle quali questo collegio non ritiene di discostarsi. Ha infatti affermato "In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato.

Poichè tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa". A conferma di questa interpretazione è stato rilevato che, ove si accogliesse la tesi opposta, l’Ufficio potrebbe procedere sempre all’adozione di atti conseguenti – per esempio, come nella specie, la cartella di pagamento – senza notificare gli atti presupposti – nella specie l’avviso di accertamento, o notificandoli irritualmente, perchè il contribuente sarebbe vincolato alla loro impugnazione congiunta. E’ evidente che una tesi siffatta, configurandosi il potere del contribuente D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, comma 3, come una situazione giuridica soggettiva dinamica strumentale di facoltà o di diritto potestativo, stravolgerebbe l’intero impianto del procedimento di formazione degli atti di imposizione tributaria e vanificherebbe ogni garanzia del diritto di difesa riconosciuto dagli artt. 24 e 113 Cost..

3. Con il terzo motivo la ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 58 e 60 e art. 2700 c.c., per essere stata effettuata regolarmente, contrariamente a quanto assunto dal giudice a quo, la notifica dell’atto presupposto.

3.1 La censura è infondata in virtù dei principi già enucleati da questa Corte che ha affermato (Cass. n. 8209 del 2008) "In tema di accertamento delle imposte sul reddito in seguito alla pronunzia della Corte Cost. n. 366 del 10 ottobre 2007, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comma 1, lett. c, e ed f e art. 58, comma 2, secondo periodo, laddove prevedono che le disposizioni contenute nell’art. 142 c.p.c., non si applichino in caso di notificazione di atto impositivo a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’Amministrazione finanziaria in base all’iscrizione all’A.I.R.E., è valida la notificazione effettuata nel domicilio fiscale risultante dalla dichiarazione dei redditi entro il sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica e, soltanto dopo questo termine, nel domicilio estero del contribuente, ai sensi dell’art. 142 c.p.c…". 4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese del giudizio di legittimità atteso che l’intimato non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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