Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-02-2011) 24-03-2011, n. 11748

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 24.7.2010, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Taranto dispose la custodia cautelare in carcere di D.L., indagato per i reati di usura aggravata e di estorsione.

Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed il Tribunale di Taranto, con ordinanza del 3.8.2010, confermò il provvedimento impugnato.

Ricorrono per cassazione i difensori dell’indagato deducendo:

1. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il tribunale avrebbe omesso di indicare i necessari passaggi e le argomentazioni indispensabili al fine di rendere l’iter logico seguito comprensibile;

2. violazione di legge in quanto non è stato considerato che al momento del fermo l’indagato era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari sicchè non vi era pericolo di fuga; inoltre non sono state considerate le condizioni di salute del ricorrente.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e generico.

Il Tribunale ha ricostruito i fatti posti a base della misura cautelare, motivando specificamente sia in ordine alla gravità degli indizi di colpevolezza che alla esistenza di esigenza cautelari, mentre nel primo motivo di ricorso non vi è alcuna specifica critica alle argomentazioni svolte dal Tribunale.

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e generico.

Il Tribunale ha rilevato che non era suo compito occuparsi del fermo, ma della successiva ordinanza di custodia cautelare, in relazione alla quale ha motivato sul pericolo di reiterazione di reati.

Ancora una volta nel ricorso manca qualunque correlazione con la motivazione del provvedimento impugnato.

Quanto alle condizioni di salute le stesse sono solo genericamente accennate e nessuna specifica argomentazione è svolta in relazione ai rilievi del Tribunale sulla compatibilità delle stesse con la custodia in carcere.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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