Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-02-2011) 24-03-2011, n. 11746 difensori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 30.7.2010, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma dispose la custodia cautelare in regime di arresti domiciliari per il reato di usura continuata.

Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed il Tribunale di Roma, con ordinanza del 25.9.2010, confermò il provvedimento impugnato.

Contro tale ordinanza ha presentato appello il difensore dell’indagato Avv. Daniela Giuliani.

Dopo la qualificazione di tale appello come ricorso l’Avv. Giuliani ha rinunziato all’impugnazione, dando atto che è stato presentato altro ricorso da un difensore iscritto nello speciale albo di cui all’art. 613 cod. proc. pen., al quale invece non è iscritto l’Avv. Giuliani.

Il difensore dell’indagato Avv. Antonio Giovanni Caracciolo ha presentato ricorso deducendo:

1. violazione della legge processuale e vizio di motivazione in quanto l’ordinanza impugnata si limita a ritenere la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza sulla base della mera disamina delle risultanze investigative senza un’adeguata illustrazione delle ragioni per le quali sono rilevanti a fini cautelari e senza adeguato esame critico;

2. inadeguatezza della misura rispetto alle esigenze cautelari, le quali non sussisterebbero e comunque potrebbero essere soddisfatte con una misura meno afflittiva; infatti l’indagato vive solo ed è gravemente malato ed in età avanzata.

Il ricorso proposto (quale appello) dall’Avv. Daniela Giuliani è inammissibile perchè sottoscritto da un difensore che non è iscritto nello speciale albo di cui all’art. 613 cod. proc. pen..

Il primo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Antonio Giovanni Caracciolo è manifestamente infondato.

L’ordinanza del Tribunale, richiama quella cautelare e la integra disattendendo le doglianze svolte dalla difesa circa la nullità del provvedimento coercitivo.

In particolare il Tribunale ha richiamato le dichiarazioni di C.C., persona offesa, spiegando le ragioni per le quali le ha ritenute attendibili, la documentazione fornita da costui e dalle registrazioni effettuate dalla figlia.

Il secondo motivo di ricorso proposto dall’Avv. Antonio Giovanni Caracciolo è manifestamente infondato.

In ordine alle esigenze cautelari il Tribunale le ha ravvisate nel pericolo di reiterazione, motivando in ragione della protrazione della condotta e della personalità dell’indagato, già sottoposto per due volte a misura di prevenzione.

In punto di adeguatezza della misura cautelare adottata, non è necessaria una analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è necessario che il giudice indichi gli elementi specifici che, nel singolo caso, fanno ragionevolmente ritenere quella applicata all’indagato o all’imputato come la misura più idonea a soddisfare le ravvisate esigenze cautelari. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19 in data 11.1.1999 dep. 19.2.1999 rv 213003).

Quanto alle ragioni di salute il Tribunale ha richiamato giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, in tema di misure cautelari personali, le condizioni di salute dell’indagato incompatibili con lo stato di detenzione non possono costituire motivo di censura contro l’ordinanza applicativa della misura coercitiva, ma devono essere fatte valere in sede di richiesta di revoca o di sostituzione della misura stessa. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 48093 in data 8.10.2009 dep. 16.12.2009 rv 245530) Entrambi i ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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