Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-02-2011) 24-03-2011, n. 11729 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.D., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza,in data 22.4.2010, con cui la Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza 12.11.2008 del Tribunale di Palermo, riduceva ad anni 3 e mesi 6 di reclusione la pena inflitta al P., confermandone la responsabilità per il delitto di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, riconosciuta l’ipotesi lieve di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6 nonchè per due distinti episodi di cessione di droga, riconosciuta l’attenuante di cui D.P.R. cit., art. 73, comma 5 reati commessi tutti in (OMISSIS).

Il ricorrente deduceva:

1) violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 1, 2, e 3 e art. 80, lett. a); la Corte territoriale non aveva indicato alcun elemento da cui desumere che l’imputato fosse inserito in un’organizzazione criminale stabile, ma si era limitata a richiamare le intercettazioni telefoniche nei confronti di L.M.C., L.M.G., C.L., D.S., L.N. G., D.F.M., T.M., le cui posizioni erano già state definite con sentenza di applicazione concordata della pena, dalla quale non poteva ricavarsi la prova dell’inserimento dell’imputato in una stabile organizzazione criminale;

2) mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione; la sentenza impugnata aveva fondato la responsabilità dell’imputato riportandosi acriticamente alla motivazione del primo giudice relative alle "dichiarazioni accusatorie di più soggetti e agli esiti dei servizi di osservazione", non considerando che le dichiarazioni stesse e le intercettazioni telefoniche riguardavano soggetti le cui posizioni non erano state vagliate in dibattimento dal Tribunale;

3) mancanza assoluta di motivazione in ordine al reato contestato al capo b) della rubrica, relativo alla illegale detenzione a fine di spaccio ed alla cessione a terzi di dosi di sostanze stupefacenti del tipo marijuana, hashish e cocaina, nel periodo tra il (OMISSIS); in ordine a tale reato il Tribunale e la Corte d’Appello si erano riportati alle motivazioni sulla responsabilità dell’imputato per i fatti contestati al capo c) della imputazione, concernente lo spaccio di sostanza stupefacente il (OMISSIS), così ricavando la prova da quest’ultimo diverso episodio;

4) difetto, contraddittorietà di motivazione in ordine all’inserimento ed al ruolo specifico del P. nella presunta associazione criminosa, costituita da altri soggetti non giudicati nel presente procedimento, senza che fosse stato dato conto della finalizzazione dei singoli reati alla realizzazione di uno scopo comune associativo, rispetto all’ipotesi concorsuale di un accordo occasionale per la commissione dei reati;

5) erronea applicazione dell’art. 81 c.p., laddove il Tribunale e la Corte di Appello, dopo aver stabilito la pena base per il reato più grave di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 avevano applicato un doppio aumento di pena per la continuazione con i reati contestati ai capi b) e c) della rubrica, non tenendo conto che la fattispecie contestata al capo c) doveva considerarsi ricompresa in quella più ampia, concernente gli episodi relativi al capo b).
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Le censure sopra esposte sono reiterative di quelle svolte in sede di appello ed, oltre ad essere prive del requisito di specificità richiesto dall’art. 581 c.p.p., e art. 591 c.p.p., lett. c) in quanto non rapportate alle argomentazioni con cui la Corte d’appello le ha respinto, sono inammissibili anche sotto il profilo della prospettazione di una valutazione alternativa delle risultanze processuali, non consentita in sede di legittimità.

Alla Corte di Cassazione è, infatti, precluso la possibilità di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito essendo il sindacato di legittimità limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza e di una motivazione esente da vizi di manifesta illogicità (S.U., 3 1.5.2000, Jakani).

In particolare, la sentenza impugnata ha dato conto della partecipazione del P. al gruppo criminale operante allo Zen di Palermo, sulla base non solo di quanto emerso dalle conversazioni intercettate "già evidenziate dal primo giudice", ma anche della dichiarazioni accusatorie di più soggetti e degli esiti dei servizi di osservazione, precisando il ruolo dell’imputato, ritenuto in stretto collegamento con L.M.C. (uno degli artefici dell’illecita organizzazione") da cui riceveva le direttive circa le consegne dello stupefacente. Risulta pure congruamente motivato il mancato assorbimento del delitto di cui al capo c) in quello contestato al capo b), trattandosi di condotte "temporalmente e soggettivamente differenti".

Va poi rammentato che la motivazione della sentenza di primo grado si integra con quella di appello nè può, nel caso di cosiddetta " doppia conforme" (nella specie risulta solo modificata l’entità della pena), essere superato il limite costituito dal "devolutum", con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dai probatori non esaminati dal primo giudice, ipotesi non ricorrente nella specie (Cass. n. 19710/2009; n. 38788/2006).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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