Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-02-2011) 24-03-2011, n. 11724 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del giorno 8.10.2010 il Tribunale di Bologna, investito ex art. 310 c.p.p., confermava l’ordinanza con cui la corte d’Appello di Bologna aveva rigettato un’istanza di T.F., di revoca o sostituzione della misura cautelare, a cui il medesimo era sottoposto per il reato di tentato omicidio plurimo, a danno dei vicini di casa e reati satellite, reato pel quale era stato condannato in primo grado, alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, con la diminuente di cui all’art. 89 c.p.. Veniva tratteggiata la pericolosità dell’imputato, sottolineando come il medesimo fu in passato sottoposto a misura di sicurezza provvisoria dell’assegnazione ad ospedale psichiatrico giudiziario ed indagato per reati in danno dei vicini di casa.

Veniva evidenziata dal Tribunale la persistenza di un quadro di pericolosità sociale desunto dalla gravità e reiterazione delle condotte, in un contesto persecutorio contrassegnato da spregiudicatezza ed assenza di autocontrollo, dall’indole trasgressiva aggravata da disturbi di tipo paranoideo da cui l’imputato va affetto, già condannato due volte, per evasione;

veniva ritenuto non sufficiente a scongiurare il pericolo di reiterazione la diagnosi di cessazione della pericolosità in senso psichiatrico espresso all’esito di un percorso terapeutico; veniva ribadito che le misure gradate richieste dall’imputato non potevano ritenersi adeguate, anche in ragione del fatto che lo stesso perito aveva messo in evidenza la necessità che il soggetto sia inserito in un ambito in cui venga stimolato alla prosecuzione delle cure idonee a ridurre la sintomatologia antisociale.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato personalmente, per dedurre: a) violazione di legge ed in particolare dell’art. 284 c.p.p., comma 5, assumendo che non ricorrerebbe la preclusione prevista dalla norma, in quanto i fatti di evasione sono risalenti a sette anni prima del fatto; b) contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in quanto il giudizio di pericolosità sarebbe stato espresso senza tener conto dell’aggiornata valutazione espressa dal dr. F., sul venir meno della pericolosità psichiatrica, dato non conciliabile con la ritenuta persistente pericolosità sociale; c) contraddittorietà e illogicità della motivazione quanto alle ritenute esigenze cautelari, atteso che i reati a lui contestati sarebbero stati cagionati dalla pericolosità psichiatrica oggi superata.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile poichè riproduce le stesse doglianze su cui il Tribunale di Bologna ha fornito compiuta motivazione, immune da vizi logici o giuridici.

Con l’ordinanza impugnata sono state evidenziate le pressanti esigenze cautelari che impongono, al di là del divieto di cui all’art. 284 c.p.p., comma 5 bis, una misura di restrizione piena, attesa la sottolineata particolare gravità e la reiterazione delle condotte violente, inserite in un contesto persecutorio contrassegnato da spregiudicatezza ed assenza di autocontrollo, tale da fare reputare inadeguate misure di minore rigore, anche alla luce di due episodi di evasione, dai quali il tribunale ha tratto una valutazione di inaffidabilità e di indole trasgressiva: il giudizio di pericolosità sociale espresso è stato dunque ancorato alle emergenze processuali acquisite e correttamente valutate, ivi compresa la relazione peritale del dr. F. che, lungi dall’essere interpretabile come vorrebbe il ricorrente, sottolineava la necessità di mantenere il prevenuto in ambito coercitivo, onde poter proseguire la terapia idonea a contenerne la sintomatologia antisociale e confermava il giudizio di pericolosità sociale da esprimere sul prevenuto. Il Tribunale non ha nemmeno trascurato, come invece adombra il ricorrente, di prendere in esame la relazione psichiatrica rilasciata dal centro clinico del carcere S. Vittore, con cui ancora venivano ribaditi il quadro paranoide/narcistico della personalità, la spiccata tendenza ad interpretare gli eventi in chiave persecutoria e le difficoltà incontrate in ambiente inframurario, elementi tutti che il tribunale non poteva nè sottovalutare, nè liberamente interpretare.

Il percorso logico ed argomentativo seguito nell’ordinanza impugnata per addivenire alla conclusione sulla sussistenza delle esigenze cautelari è stato corretto ed assolutamente rispondente al dettato normativo, in quanto sono stati valorizzati i dati salienti emergenti dagli atti e deponenti inconfutabilmente per la sussistenza delle ragioni di cautela, senza alcuna caduta in termini di contraddittorietà o illogicità.

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p..

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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