Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-12-2010) 24-03-2011, n. 11959 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 16.3.2010, in parziale riforma della sentenza 14.11.2008 del Tribunale monocratico di quella città, ribadiva l’affermazione della responsabilità penale di S.F. e Sc.Te. in ordine ai reati di cui:

– al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), (per avere eseguito, in assenza del prescritto permesso di costruire, opere edilizie consistite in una piattaforma in cemento e pietrisco di circa 90 mq. con sovrastante carpenteria in legno pronta per la gettata di cemento – acc. in (OMISSIS));

– al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95 e – essendo già stati unificati i reati nel vincolo della continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., nonchè già riconosciute ad entrambi circostanze attenuanti generiche – determinava le pene, per ciascuno, in giorni 20 di arresto ed Euro 4.000,00 di ammenda (con il beneficio della sospensione condizionale).

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore, il quale – sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione – ha eccepito:

– l’illegittimità del diniego della rinnovazione del dibattimento;

– la carenza assoluta di prova in ordine alla riconducibilità dell’attività di edificazione abusiva alle persone degli imputati;

– la inconfigurabilità dei reati, in quanto "un semplice basamento non costituisce alcuna trasformazione del territorio e comunque questa non può considerarsi penalmente rilevante".
Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè manifestamente infondato.

1. A norma dell’art. 603 c.p.p., comma 1, la rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello ha natura di istituto eccezionale rispetto all’abbandono del principio di oralità nel secondo grado, ove vige la presunzione che l’indagine probatoria abbia raggiunto la sua completezza nel dibattimento già svoltosi.

A tale istituto di carattere eccezionale può farsi ricorso solo quando il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti ed un’impossibilità siffatta può sussistere quando i dati probatori già acquisiti siano incerti nonchè quando l’incombente richiesto rivesta carattere di decisività nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali suddette incertezze ovvero sia di per sè oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza.

L’error in procedendo, in cui sì sostanzia il vizio che l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), ricomprende fra i motivi di ricorso per Cassazione, rileva – secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema – solo quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le motivazioni addotte a sostegno della sentenza impugnata, risulti "decisiva", cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una decisione diversa. Ciò comporta che la valutazione in ordine alla decisività della prova deve essere compiuta accertando se i fatti indicati dalla parte nella relativa richiesta fossero tali da potere inficiare le argomentazioni poste a base del convincimento dei giudici di merito e tanto non è dato ravvisare nella sentenza in esame.

Gli imputati avevano chiesto la rinnovazione dell’escussione dei testi, al fine di evidenziare pretese contraddizioni rispetto alla documentazione fotografica acquisita, e la Corte di merito, con argomentazioni logiche, ha dimostrato l’ininfluenza di una prova siffatta, a fronte degli elementi probatori già acquisiti, che non avevano oggettive caratteristiche di incertezza.

2. Quanto alle doglianze riferite all’affermazione delle rispettive responsabilità, va rilevato che lo S. (marito della Sc.) venne trovato in cantiere ad occuparsi direttamente dello svolgimento dei lavori.

Con riferimento alla Sc. (unica proprietaria del fondo), deve evidenziarsi poi che la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema è orientata nel senso che non può essere attribuito ad un soggetto, per il solo fatto di essere proprietario di un’area, un dovere di controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva.

Occorre considerare, invece, la situazione concreta in cui si è svolta l’attività incriminata, tenendo conto della disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell’interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest"), nonchè di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all’esecuzione delle opere (vedi Cass., Sez. 3: 2.3.2004, n. 9536, Mancuso ed altro; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro; 12.1.2005, n. 216, Fucciolo; 15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856, Farzone. Vedi pure Cass., Sez. 5, 19.12.2007, n. 47083).

Grava, comunque, sull’interessato l’onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.9.2003, n. 35537, Vitale ed altro).

Alla stregua di tali principi, nella fattispecie in esame, i giudici del merito hanno fondato correttamente la corresponsabilità della attuale ricorrente non soltanto sulla circostanza che ella risulta essere proprietaria del fondo illecitamente edificato ma altresì sulla disponibilità giuridica e di fatto del suolo, in una situazione in cui l’imputata non ha mai prospettato che altri abbia disposto dell’immobile senza che essa ne fosse consapevole o contro il suo volere e, in circostanze siffatte, abbia intrapreso sullo stesso l’attività edilizia illecita in contestazione.

3. Nessun dubbio può sorgere circa la configurazione dell’intervento (in corso di realizzazione al momento dell’accertamento) quale vera e propria attività edificatoria, in quanto si configura inizio di lavori di costruzione ogni volta che le opere intraprese, di qualsiasi tipo esse siano e quale che sia la loro entità, manifestino oggettivamente un’effettiva volontà di realizzare un manufatto.

Nella fattispecie in esame vi è stata esecuzione di opere comportante trasformazione edilizia, assoggettata come tale al regime del permesso di costruire; il titolo abilitativo non è stato richiesto e quanto eseguito ha di per se stesso violato l’interesse protetto sostanziale della tutela dell’assetto del territorio e del suo corretto uso e governo conforme alla normazione urbanistica.

4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè, per ciascun ricorrente, quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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