T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 22-03-2011, n. 2491

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’atto introduttivo del presente giudizio, 144 ex dipendenti dell’Aeronautica Militare hanno chiesto l’accertamento del diritto a vedersi riliquidare – nel senso da essi auspicato – la cosiddetta "indennità di buonuscita". (I cennati soggetti ritengono, in particolare, che – ai fini di cui è causa – occorra aver riguardo anche alle 2 ore di lavoro settimanali, prestate – obbligatoriamente – ai sensi dell’art.10 della legge n.231/90).

All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 2.3.2011, il Collegio – trattenuto il ricorso in decisione – ne constata la palese infondatezza.

Nel ribadire – al riguardo – quanto già evidenziato in occasione della soluzione di analoghe controversie (cfr. TAR Lazio, I Bis, n.684/2008), si rileva (invero) che il compenso percepito dagli interessati per il lavoro "de quo" – non partecipando della natura propria dello stipendio tabellare – non diviene (conseguentemente) parte integrante di questo.

Ed infatti; mentre lo stipendio tabellare – lungi dall’esser volto a remunerare la sola "quantità" del lavoro – è determinato sulla base di una serie di fattori, che tengono prevalentemente conto della professionalità del dipendente (e, dunque, della "qualità" della prestazione a questi affidata), il compenso (orario) per il lavoro straordinario non è proporzionato – di regola – alla quota di stipendio corrispondente alla normale unità oraria lavorativa: e ciò (cfr., sul punto, C.d.S., VI, n.16/99), anche "per la considerazione che tale lavoro viene ad accrescersi a mano a mano in penosità e a diminuire – correlativamente – in redditività".

Orbene; la riscontrata diversità ontologica non viene meno per il carattere obbligatorio eventualmente imposto (come nella circostanza) alla prestazione straordinaria: in quanto – anche in tal caso – il relativo compenso non costituisce una semplice maggiorazione stipendiale, ma è determinato (ancora e sempre) sulla base di appositi – e distinti – parametri. (E come tale, pur presentando natura indubbiamente retributiva, non è riconducibile alla nozione di cui all’art.38 del D.P.R. 1032/73).

Non va, del resto, dimenticato (cfr., qui, C.d.S., A.p., nn.4 e 18/1996) che la natura retributiva di un emolumento non costituisce – di per sé – elemento sufficiente per ritenerne la computabilità ai fini dell’indennità di buonuscita: che ha, per i dipendenti statali, una funzione chiaramente previdenziale; e richiede che, alla prestazione finale, corrisponda una specifica contribuzione.

Conclusivamente; atteso

che la composizione della predetta indennità (da un lato) e l’entità della relativa partecipazione contributiva (dall’altro) non possono che esser rimesse (cfr. C.d.S., n. 16/99 cit.) all’esclusiva, e discrezionale, valutazione del legislatore;

che l’emolumento in questione non è, pacificamente, ricompreso tra quelli utili per il trattamento previdenziale;

che il compenso per lavoro straordinario – a qualunque titolo, questo, sia prestato – non concorre a formare la base contributiva (e non può, quindi, esser computato ai fini di cui è causa),

il ricorso in esame non può (appunto) che esser riconosciuto infondato ed – in quanto tale – meritevole di reiezione.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

rigetta il ricorso indicato in epigrafe;

condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese di lite: che liquida in complessivi 3000 euro: 1500 dei quali in favore del Ministero della Difesa e 1500 in favore dell’INPDAP.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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