Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-02-2011) 28-03-2011, n. 12519

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha confermato la pronuncia di colpevolezza di S.K. in ordine ai reati: a) di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. b); b) di cui all’art. 648 c.p., a lui ascritti per avere detenuto per la vendita o per il noleggio numerosi supporti magnetici, contenenti opere tutelate dal diritto d’autore, illecitamente duplicati e privi del contrassegno SIAE, nonchè per avere acquistato o comunque ricevuto i predetti supporti magnetici conoscendone l’illecita provenienza.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva chiesto di essere assolto dai reati ascrittigli e, in subordine, la riduzione della pena inflitta.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter.

Si osserva, in sintesi, che la Corte di Giustizia della Comunità Europea con sentenza dell’8.11.2007, ric. Schwibert, ha stabilito la inopponibilità ai privati dell’obbligo di apporre il contrassegno SIAE sui supporti magnetici, in quanto regola tecnica introdotta successivamente alla Direttiva n. 83/189/CEE e non comunicata alla Commissione Europea ai sensi della direttiva medesima. Consegue da tale pronuncia la insussistenza della fattispecie criminosa prevista dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter consistente nella mancanza del contrassegno SIAE su supporti magnetici contenenti riproduzioni di opere tutelate dal diritto d’autore.

Si aggiunge che la mancanza del contrassegno SIAE, considerata la insussistenza dell’obbligo di apporlo sui supporti contenenti opere tutelate dal diritto d’autore, non può neppure essere utilizzata quale indizio della abusiva riproduzione delle predette opere.

Con il secondo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia, in relazione al reato di cui all’art. 648 c.p., la violazione ed errata applicazione della L. n. 248/2000, che ha novellato la L. n. 633 del 1941, art. 173 ter.

Si deduce che ai sensi della citata L. n. 248 del 2000, art. 16 l’acquisto di supporti audiovisivi, informatici o multimediali difformi dalle prescrizioni della L. n. 633 del 1941 costituisce illecito amministrativo, sicchè, per il principio di specialità, deve essere escluso il concorso tra la fattispecie punita con sanzione amministrativa ed il reato di ricettazione, dal quale l’imputato doveva essere assolto perchè il fatto non era, all’epoca, previsto dalla legge come reato.

Il ricorso non è fondato.

Invero, con riferimento al primo motivo di gravame, la citata pronuncia della Corte di Giustizia della Comunità Europea trova applicazione solo con riferimento alla fattispecie della detenzione di supporti magnetici riproducenti opere tutelate dal diritto d’autore prive del contrassegno SIAE, ma non anche al reato di vendita o detenzione per la vendita di supporti contenenti opere illecitamente riprodotte (sez. 3, 3.9.2008 n. 34555, Cissoko, RV 240753), così come contestato al ricorrente nel capo di imputazione;

fatto che ha formato oggetto di puntuale accertamento da parte del giudice di primo grado, che ha effettuato la visione dei DVD in udienza. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

E’ noto che con la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (sez. un. 20.12.2005 n. 47164, Marino, RV 232302) in materia di concorso tra il reato di ricettazione e quello di commercio abusivo di prodotti audiovisivi illecitamente riprodotti è stato definitivamente affermato che detto concorso è configurabile per i fatti posti in essere, a fini di commercializzazione, successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs 9 aprile 2003, n. 68, che ha abrogato l’art. 16 della L. n. 248 del 2000, che configurava l’acquisto dei prodotti audiovisivi illecitamente riprodotti, in ogni caso, quale illecito amministrativo.

Orbene, il fatto di cui al capo b) dell’imputazione è stato commesso successivamente all’entrata in vigore del citato D.Lgs n. 68 del 2003, sicchè correttamente i giudici di merito hanno ritenuto il concorso di entrambi i reati.

Deve essere, però, rilevato che con decorrenza dalla data di commissione del fatto ((OMISSIS)), ai sensi degli art. 157 e 160 c.p., è interamente decorso in data 18.11.2010 il termine di prescrizione del reato di cui al capo a), sicchè la sentenza deve essere annullata senza rinvio limitatamente a detto reato e va eliminata la relativa pena inflitta in aumento a titolo di continuazione sul reato di cui al capo b).

Il ricorso va rigettato nel resto.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato sub a) per essere detto reato estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi uno di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, nonchè le pene accessorie; rigetta il resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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