Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-06-2011, n. 13149

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 29.5.2006, appellata in via principale da G.G. e in via incidentale dalla Unione Euro Americana di Assicurazione s.p.a. in l.c.a., di cui il primo era stato agente, confermava la sentenza con il Tribunale della stessa sede aveva rigettato l’opposizione allo stato passivo proposta da G.G., intesa al riconoscimento del suo diritto all’indennità sostitutiva del preavviso di cui all’art. 13 dell’AEC e dell’indennità di risoluzione, senza gli addebiti operati dalla liquidazione.

La Corte di merito, quanto all’indennità di preavviso, osservava che l’appellante non aveva più insistito nella relativa domanda, a seguito dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui tale indennità non è dovuta, D.L. n. 576 del 1978, ex art. 6 convertito nella L. n. 738 del 1978, in caso di risoluzione di diritto del rapporto di agenzia a seguito della sottoposizione della compagnia assicurativa a l.c.a.

Quanto all’indennità di risoluzione, premesso che la stessa non era stata riconosciuta all’ex agente per effetto di compensazione della stessa con crediti nei suoi confronti della società, osservava che l’opponente non aveva assolto l’onere di contestare specificamente, in sede di opposizione allo stato passivo, che ha natura impugnatoria, le voci di addebito nei suoi confronti: in effetti egli solo tardivamente e con documentazione ir rituale aveva contestato le poste in questione contenute nella scheda di stato passivo della l.c.a.

Infine la Corte dichiarava inammissibile, perchè non ritualmente proposto, l’appello incidentale relativo alla domanda riconvenzionale di condanna del G. al pagamento del residuo credito della società in l.c.a.

Il G. ricorre per cassazione con due motivi illustrati da successiva memoria. La intimata resiste con controricorso.

Memorie di entrambe le parti.
Motivi della decisione

Il primo motivo, denunciando omessa, contraddittoria, insufficiente motivazione, lamenta che sia mancato l’esame sul fatto decisivo consistente nel riconoscimento da parte dell’organo della liquidazione nella memoria conclusionale di replica nel giudizio di primo grado – che gli addebiti posti a carico dell’agenzia e compensati con l’indennità di risoluzione, spettante all’ex agente in base alla stessa scheda di stato passivo, in effetti erano insussistenti, in quanto successivamente alla formazione di detta scheda era stata verificata la regolarità amministrativa delle operazioni in questione.

Il secondo motivo denuncia il vizio di omessa pronuncia e conseguente nullità della sentenza. Si sostiene che in definitiva il giudice di merito è incorso in detto vizio processuale, in quanto in sede di opposizione allo stato passivo era stato chiesto il riconoscimento delle intere indennità di risoluzione ed era mancata l’espressa contestazione nel dettaglio delle voci di addebito, poichè la loro insussistenza era stata riconosciuta dal liquidatore prima stragiudizialmente e poi espressamente in giudizio. Il fatto, quindi, in realtà non necessitava di contestazione, ed essendo pacifico avrebbe dovuto essere tenuto in conto dal giudice.

I due motivi sono esaminati congiuntamente stante la loro connessione.

La censura di omessa pronuncia è manifestamente infondata, in quanto il giudice di appello, come già il giudice di primo grado – e come in definitiva confermato dalle attuali deduzioni del ricorrente – ha esaminato la domanda proposta dall’attuale ricorrente e provveduto su di essa, rigettando l’opposizione allo stato passivo per la ragione che non aveva formato oggetto di specifica contestazione la sussistenza del credito dell’impresa computato, nello stato passivo, in compensazione del credito dell’ex agente.

Quanto alla censura proposta con il primo motivo, la stessa non può ritenersi fondata. Infatti il giudice di appello ha correttamente dato rilievo alla mancanza di contestazione, in sede di opposizione allo stato passivo, della reale ragione del mancato riconoscimento di un credito a favore del G., consistente non nel disconoscimento in sè dell’esistenza di una sua ragione di credito a titolo di indennità di risoluzione, ma nel riconoscimento della sussistenza di crediti della società posta in l.c.a. Trovano quindi applicazione i principi ripetutamente enunciati circa l’efficacia dello stato passivo nell’ambito concorsuale in difetto della proposizione di un’opposizione relativa alle sue specifiche poste (cfr. Cass. n. 882/1975,10408/1998, 4522/2004).

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese del giudizio sono regolate in applicazione del criterio legale della soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio, liquidate in Euro 25,00 per esborsi ed Euro duemila/00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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