T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 23-03-2011, n. 460 Aggiudicazione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’ATI ricorrente espone in fatto:

– di essere risultata aggiudicataria della gara per l’appalto dei lavori di manutenzione straordinaria e restauro della copertura di palazzo Loggia in Brescia (importo euro 915.000 circa, oltre IVA), il cui bando prevedeva la facoltà di svincolarsi dalla propria offerta decorso il termine di 180 giorni dalla data dell’aggiudicazione definitiva (intervenuta il 6 marzo 2008);

– che in data 20 giugno 2008 veniva eseguito, nel contraddittorio tra le parti, un sopralluogo dal quale emergeva che l’area destinata alla cantierabilità era occupata dall’impresa M. s.r.l., la quale stava realizzando alcune opere di consolidamento in un cantiere contiguo;

– che con note 3 luglio 2008 e 4 agosto 2008, il RUP e il Responsabile del settore chiedevano la sottoscrizione del verbale di cantierabilità, cui l’ATI non procedeva, adducendo che l’area risultava ancora occupata dall’impresa M. ed evidenziando, con lettera raccomandata, la carenza delle condizioni pattuite in sede di formulazione dell’offerta;

– che in data 2 settembre 2008 il nuovo RUP, nel frattempo nominato dal Comune, fissava per la redazione del verbale di cantierabilità la data del 10 settembre 2008, precisando che l’area occupata dalla M. poteva essere ridotta;

– che in tale occasione il suddetto verbale non veniva, tuttavia, sottoscritto, in quanto la ricorrente rilevava analiticamente l’insufficienza dell’area che l’impresa M. intendeva mettere a disposizione;

– che in data 30 settembre 2008, il RUP invitava nuovamente la ricorrente a sottoscrivere il verbale di cantierabilità il giorno 8.10.2008;

– che, con comunicazione inoltrata in tale ultima data, la ricorrente contestava la cantierabilità dell’area, per essere questa completamente occupata dalla M., e dichiarava la propria volontà di svincolarsi dall’offerta per decorrenza del termine di 180 giorni di validità previsti dalla lex specialis;

– che, infine, il RUP comunicava alla ricorrente (28.10.2008) la decadenza dall’aggiudicazione per decorrenza dei termini e l’avvio degli atti per l’incameramento della cauzione.

Avverso tale atto e le precedenti determinazioni di aggiudicazione provvisoria (57/2/2008) e definitiva (6.3.2008), l’ATI ricorrente deduce, mediante un unico e articolato motivo di ricorso, le censure di eccesso di potere e violazione del titolo IV del bando di gara (nella parte in cui fa salva la facoltà per gli offerenti di svincolarsi dall’offerta decorso il termine di 180 gg. dall’aggiudicazione definitiva), nonché delle regole autoimpostesi dalla P.A.

In particolare, l’ATI ricorrente sostiene che:

i) la tavola C1 del progetto esecutivo ("inserimento planimetrico dell’area sottoposta a cantieramento") individua l’area di cantiere nella zona del lato nord di Palazzo della Loggia per un impegno di circa 330 mq;

ii) detta area è risultata completamente occupata – dalla presentazione dell’offerta allo svincolo dalla stessa – dalla Ditta M.;

iii) era obbligo della stazione appaltante consegnare libera la stessa area all’appaltatore e la prolungata negligenza di tale obbligo (come da consulenza tecnica di parte prodotta in causa, da cui si evince anche che l’asserita disponibilità di parte dell’area avrebbe comportato il mancato rispetto del piano di sicurezza e coordinamento) legittimerebbe la richiesta dell’appaltatore di risolvere il contratto;

iv) conseguentemente, la decorrenza del termine di 180 giorni per la facoltà di svincolo non sarebbe attribuibile a responsabilità della ricorrente e la decadenza dall’aggiudicazione sarebbe illegittima.

2. Resiste al ricorso il Comune di Brescia, che in data 19 gennaio 2009 ha prodotto documentazione e memoria con cui eccepisce, in particolare, l’irricevibilità e inammissibilità dell’impugnativa dei rispettivi provvedimenti di aggiudicazione provvisoria e definitiva.

3. Con Ordinanza 21 gennaio 2009, n. 76, questa Sezione staccata respingeva la domanda cautelare di parte ricorrente testualmente rilevando, ad un sommario esame:

" – che l’amministrazione ha dato conto del sopralluogo compiuto dai tecnici della ditta ricorrente sull’area interessata dai lavori in data 16/1/2008 (cfr. doc. 2 amministrazione), quando l’altro cantiere era già in funzione;

– che alcun rilievo è stato sollevato dall’aggiudicataria nel corso del procedimento di gara;

– che le successive rimostranze appaiono prima facie pretestuose, in quanto in più occasioni le parti si sono confrontate per ridefinire l’area del cantiere in loco in modo soddisfacente per l’impresa ricorrente;

– che la potestà di svincolarsi dall’offerta appare essere stata esercitata in assenza dei presupposti, dato che la relativa clausola non può essere invocata da colui che ha dato causa al ritardo nell’instaurazione del rapporto contrattuale".

4. Con Ordinanza 17 aprile 2009, n. 1948, la V Sezione del Consiglio di Stato ha confermato detta pronuncia cautelare di I grado, così motivando:

"Rilevato, ad un sommario esame, che il rifiuto opposto dall’appellante alla sottoscrizione del verbale di cantierabilità non risulta fondato su idonee cause giustificative;

Reputato, in particolare, che l’operatività di altro cantiere in loco era già conosciuta in corso di gara e che non sono state prese in adeguata considerazione le soluzioni operative emerse nel corso degli incontri svoltisi all’uopo;

Reputato, quindi, che l’imputabilità all’impresa del ritardo impediva il legittimo esercizio della facoltà di ritirare l’offerta".

5. In vista dell’odierna udienza di discussione del merito, entrambe le parti dimettevano memorie difensive.

In particolare, il Comune di Brescia:

– eccepiva che la ricorrente avrebbe dovuto impugnare la determinazione dirigenziale 1.7.2009 (contestualmente prodotta) di affidamento dei lavori di cui è causa alla terza classificata e che, in difetto, ne conseguirebbe la sopravvenuta carenza di interesse ai motivi di ricorso;

– depositava, altresì, successiva memoria di replica conclusionale.

Indi, previa discussione orale tra i difensori delle parti medesime, la causa passava in decisione.

6.1. Ciò premesso, il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, in questa sede di merito, dall’avviso già espresso in fase cautelare da questo Giudice di primo grado e da quello di appello.

Anzi, la giurisprudenza successiva a tali dicta cautelari ha confermato la validità delle conclusioni cui essi sono pervenuti.

6.2. Il riferimento è, in particolare, alla recente decisione della sede di Milano di questo T.A.R. (cfr. sez. III, 23 febbraio 2010, n. 431) che, in una controversia analoga, ha riaffermato principi (già enunciati anche dalla Cassazione civile) assolutamente conferenti e applicabili al caso in esame, che di seguito, per maggiore chiarezza espositiva, si riportano integralmente:

"Il Collegio ritiene che l’atto di decadenza emesso dalla Provincia di Milano sia legittimo.

Invero, la particolare disciplina dettata dalla legge 109/94 e del relativo regolamento di esecuzione in ordine alla formazione dei contratti di appalto di lavori delle pubbliche amministrazioni comporta che l’accordo delle parti sull’oggetto del contratto si formi già in sede di gara e debba, quindi, considerasi definitivamente perfezionato a seguito del provvedimento di aggiudicazione.

Invero, che si voglia o meno riconoscere a tale atto efficacia costitutiva del vincolo negoziale, ciò che appare indubbio è che esso fissa in modo definitivo termini economici e tecnici dell’accordo che divengono poi insuscettibili di successive modificazioni o integrazioni, salvo che per aspetti del tutto marginali.

Infatti, a mente dell’art. 19 della L. 109/94, il contratto d’appalto deve avere, di regola, ad oggetto la sola esecuzione di lavori pubblici sulla base di un progetto esecutivo che la stazione appaltante redige e mette in gara.

L’art. 71 del D.P.R. 554/99 prevede poi che l’offerta dell’impresa (alla quale deve riconoscersi una valenza anche negoziale e non solo procedimentale) debba contenere una dichiarazione con la quale il concorrente attesti di aver esaminato gli elaborati progettuali, compreso il computo metrico, e di averli giudicati adeguati, considerando i lavori eseguibili e remunerativi alla luce del ribasso offerto. L’impresa deve altresì dichiarare di essersi recata sul luogo di esecuzione dei lavori, prendendo conoscenza delle condizioni locali, nonché di tutte le circostanze generali e particolari suscettibili di influire sulla determinazione del prezzo.

La giurisprudenza della Corte Suprema, occupandosi dell’art. 1 del DPR 1063 del 1962, che costituisce l’antecedente cronologico dell’art. 71 del D.P.R. 554/99, ha avuto modo di chiarire che la clausola contrattuale con cui l’impresa dichiara di aver esaminato la situazione dei luoghi e di averne valutato i riflessi sull’esecuzione dell’opera, lungi dal costituire una mera clausola di stile o dal risolversi in un riconoscimento della remuneratività dei prezzi dell’appalto, si traduce in un’attestazione della presa di conoscenza delle condizioni locali e di tutte le circostanze che possono influire sull’esecuzione dell’opera; essa, pertanto, pone a carico dell’appaltatore un preciso dovere cognitivo, cui corrisponde una altrettanto precisa responsabilità, determinando un allargamento del rischio, senza però comportare un’alterazione della struttura e della funzione del contratto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio (Cass. 18/02/2008 n. 2932; Cass. 18/09/2003 n. 13734).

Del tutto priva di riscontro normativo appare, quindi, la tesi prospettata dalla ricorrente secondo cui il controllo che dovrebbe effettuare l’appaltatore al momento dell’offerta si esaurirebbe in una verifica di larga massima che non inficia la possibilità di sollevare successive contestazioni al momento della stipulazione o della esecuzione dei lavori alla luce di una più approfondita disamina.

In senso contrario deve, invece, ribadirsi che all’onere di completezza progettuale che fa capo all’amministrazione nella fase del bando di gara fa riscontro un correlativo dovere di analisi degli elaborati da parte delle imprese offerenti, le quali, sottoscrivendo la dichiarazione prevista dall’art. 71 cit., assumono l’impegno di realizzare l’opera così come progettata, avendone valutato i rischi e le difficoltà e ricompreso nell’offerta formulata i relativi costi.

Lo scopo della norma, occorre ricordarlo, è, infatti, proprio quello di evitare che offerte poco avvedute o possano poi comportare successive controversie con l’impresa, con conseguenti dilatazioni dei tempi di esecuzione dell’opera e lievitazioni dei suoi costi.

Non può, quindi ritenersi giustificato il comportamento tenuto dalla ricorrente che solo in fase di stipula del contratto ha sollevato questioni in ordine alla esecutività e congruenza del medesimo progetto che essa aveva dichiarato adeguato ed eseguibile in sede di offerta.

Ed ancor meno si giustifica il comportamento tenuto dalla ricorrente alla luce della disponibilità manifestata da parte dell’Amministrazione provinciale a tenere in considerazione le sue proposte di modifica progettuale attraverso l’approvazione di una successiva perizia di variante nei limiti consentiti dall’ordinamento.

Peraltro, anche a voler ammettere che la Omega costruzioni potesse far valere anche dopo l’aggiudicazione asserite carenze progettuali, lo strumento di tutela a cui essa poteva ricorrere non era certamente quello del rifiuto di stipulare il contratto in forma pubblica.

Infatti, la disciplina speciale che connota gli appalti pubblici di lavori prevede che nel caso in cui non si possa addivenire alla stipulazione del contratto per fatto dell’amministrazione il contraente possa solo recedere dal contratto con diritto al rimborso delle spese contrattuali. In caso di mancata presentazione della istanza di recesso all’impresa non spetta alcun indennizzo (art. 109 D.P.R. 554/99).

Non era, dunque, in facoltà dell’impresa tenere in sospeso la stipula del contratto fino a quando la stazione appaltante non avesse aderito alle sue richieste. Di fronte ad un siffatto comportamento la Provincia di Milano ha, quindi, correttamente pronunciato la decadenza dall’aggiudicazione ed assegnato l’esecuzione dell’opera all’impresa successivamente classificata.

Il ricorso deve, quindi, essere respinto."

6.3. Quanto alla vicenda di cui è causa, le circostanze fattuali salienti – rispettivamente ed esattamente poste in evidenza dal Comune nel controricorso iniziale e alla nota 7 della memoria depositata il 28 febbraio 2011 – risultano essere che:

a) prima del termine di presentazione delle offerte (4 febbraio 2008) l’ATI ricorrente ha effettuato, per mezzo di un proprio tecnico (16 gennaio 2008) la necessaria visita al luogo di esecuzione dei lavori, di cui al citato art. 71 DPR 554/1999;

b) in data 6 marzo 2008 è stato assunto il provvedimento di aggiudicazione definitiva all’ATI ricorrente, la quale risultava dallo stesso momento obbligata alla stipulazione del contratto ai sensi della previsione contenuta al Capo VIpag. 11 del bando di gara, a tenore della quale "l’aggiudicazione è immediatamente impegnativa per l’aggiudicatario".

Ne consegue che, alla stregua dei principi sopra enunciati sub 6.2. e condivisi dal Collegio, anche nella specie occorre concludere per la legittimità dell’atto di decadenza adottato dal Comune di Brescia.

Il che determina certamente la carenza di interesse concreto e attuale della ricorrente a coltivare l’impugnativa dei provvedimenti di aggiudicazione provvisoria e definitiva in proprio favore, potendosi, con ciò, prescindere da ogni disamina in ordine alla loro originaria ammissibilità e tempestività, pur da subito messe in dubbio dallo stesso Comune.

7. Riassuntivamente, il ricorso deve essere respinto.

Quanto alla regolazione delle spese di lite, il Collegio osserva che l’indiscussa compresenza di due cantieri pubblici nella stessa area può essere ritenuta circostanza in parte esimente ai fini di una non integrale applicazione del principio della soccombenza: cosicché, le spese possono essere parzialmente compensate tra le parti e, per il resto, poste a carico, in solido tra loro, delle tre imprese costituenti l’ATI aggiudicataria e ricorrente, per un importo che – vista la nota spese presentata dal Comune di Brescia e tenuto conto del doppio grado cautelare – può essere liquidato in complessivi Euro 10.000,00 (euro diecimila/00), comprensivo del rimborso delle spese generali e con esclusione della maggiorazione per IVA e Cpa, nella specie non dovuta.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna le imprese ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere parzialmente le spese di lite in favore del Comune di Brescia, spese che liquida, a tale titolo, nell’importo complessivo e onnicomprensivo di Euro 10.000,00 (euro diecimila/00).

Spese compensate per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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