Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-02-2011) 28-03-2011, n. 12505 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha confermato la pronuncia di colpevolezza di C.M. in ordine ai reati di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 11, art. 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., n. 1, art. 61 c.p., nn. 2 e 5, art. 605 c.p., a lui ascritti per avere costretto con minacce, in due diverse occasioni, T.A., all’epoca dei fatti minore degli anni quattordici, a subire atti sessuali, consistiti in rapporti orali ed anali, nonchè per avere, in occasione del secondo episodio di abusi sessuali, privato il T. della libertà personale, impedendo al minore di uscire dalla abitazione in cui si erano recati mediante la chiusura a chiave della porta di ingresso. Secondo la ricostruzione fattuale della vicenda riportata in sentenza, in sintesi, il primo episodio criminoso si era verificato il 31 marzo 2002 presso l’abitazione del padre della parte lesa. Il T. avrebbe sfiorato casualmente la zona inguinale dell’imputato mentre entrambi erano seduti su un divano. Il C., interpretando il gesto della parte lesa con malizia, lo aveva condotto nell’androne delle scale e qui giunti lo aveva costretto a praticargli un rapporto orale con la minaccia di rivelare ai familiari di avere ricevuto proposte sessuali dal minore.

Nell’occasione il liquido seminale dell’imputato era schizzato parzialmente sulla parete dell’androne e su una porta. Il secondo episodio si era verificato il successivo (OMISSIS). In occasione di un incontro determinato da una festa di battesimo, cui avevano partecipato entrambi, il C. aveva convinto il T. a seguirlo presso una abitazione di cui aveva la disponibilità. Qui giunti, dopo aver chiuso a chiave la porta di ingresso, dapprima aveva confessato al minore di essersi innamorato, chiedendogli un rapporto sessuale, e successivamente lo aveva costretto a subire sia un rapporto orale che uno anale, reiterando la minaccia di essere oggetto di attenzioni sessuali da parte della vittima. Dopo il secondo episodio il T. aveva riferito ad un cugino quanto accaduto ed il discorso tra i due era stato ascoltato dalla zia, che aveva, poi, rivelato i fatti al padre del minore. La Corte territoriale, in sintesi, ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva contestato l’attendibilità della parte lesa, evidenziando l’esistenza di contraddizioni nel narrato reso in varie sedi di esame.

La sentenza sul punto ha ritenuto irrilevanti le discordanze indicate dall’appellante in considerazione della sostanziale uniformità della narrazione dei fatti da parte del T. ed ha valorizzato, quali elementi di riscontro della attendibilità della parte lesa, l’accertamento della esistenza di tracce di liquido organico essiccato nel luogo indicato dal T., liquido cui il consulente ha attribuito probabile natura seminale, mentre l’imputato si è rifiutato di sottoporsi all’esame del DNA, nonchè le ammissioni da parte C. nel corso di una riunione con i familiari della parte lesa. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, che la denuncia per vizi di motivazione.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza in relazione all’affermazione di colpevolezza per i reati di cui agli artt. 609 bis e 609 ter c.p..

In sintesi, si deduce che i giudici di merito non hanno sottoposto a rigoroso vaglio critico l’attendibilità della parte lesa. In particolare non si è tenuto conto della personalità del minore che versava in uno stato di confusione circa le proprie pulsioni sessuali, sia di origine fisiologica che per la sua condizione adolescenziale, sicchè doveva essere valutata la possibilità che l’accusa di violenza sessuale avesse trovato origine nel timore che il C. potesse rendere pubbliche le provocazioni subite ad opera del T. nelle circostanze relative al primo episodio in cui entrambi erano seduti sul divano. Si indicano poi discrasie nel narrato del minore con particolare riferimento al secondo episodio criminoso, facendosi rilevare che nel corso dell’udienza preliminare il T. ha riferito che il C. gli avrebbe chiesto di essere a sua volta penetrato, fatto di cui la parte lesa non aveva riferito in precedenza in sede di sommarie informazioni. Si rileva inoltre che vi sono altre discordanze nel narrato in ordine alla dinamica dei fatti; che le stesse dovevano essere considerate rilevanti, mentre la sentenza impugnata non spiega le ragioni per le quali due versioni sensibilmente diverse sulla dinamica dei fatti e sui ruoli avuti dalle parti conducano ad un giudizio di irrilevanza delle discrepanze evidenziate dalla difesa dell’appellante. Si censura inoltre il valore attribuito alle ammissioni fatte dall’imputato in occasione dell’incontro con i familiari della parte lesa. Si deduce sul punto che dalle stesse dichiarazioni dei testi che le hanno riferite si evince che tali ammissioni erano state rese dal C. al solo fine di potersi allontanare e sottrarsi alle ire della T.G..

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’affermazione di colpevolezza per il reato di cui all’art. 605 c.p.. Con riferimento al reato di sequestro di persona si osserva che il T. aveva seguito spontaneamente l’imputato presso la sua abitazione. Si deduce che l’affermazione del minore, secondo la quale il C. avrebbe chiuso a chiave anche la porta della camera da letto, contrasta con la successiva affermazione del T. di essere scappato in bagno dopo l’atto sessuale. Si deduce inoltre che nel caso in esame la privazione della libertà personale del minore ha sostanzialmente coinciso con la consumazione della violenza sessuale, sicchè non poteva ravvisarsi il concorso anche della fattispecie criminosa di cui all’art. 605 c.p..

Il ricorso è manifestamente infondato.

Con il primo mezzo di annullamento in effetti il ricorrente si limita a prospettare una diversa lettura delle risultanze processuali, che dovrebbe far dubitare della attendibilità delle dichiarazioni della parte lesa, mentre i giudici di merito le hanno ritenute pienamente attendibili, in considerazione della spontaneità del narrato emerso dalle confidenze rese dal T. ad un giovane parente, proprio per il timore di essere ulteriormente vittima delle violenze dell’imputato, la sostanziale coerenza nella descrizione degli decadimenti nella loro sequenza cronologica, la assenza di intenti calunniatori.

In ordine alle discordanze tra le versioni dei fatti rese in sedi diverse la sentenza ha osservato che la narrazione di particolari, in sede di esame nel corso dell’udienza preliminare, che erano stati omessi nelle precedenti dichiarazioni della parte lesa non è indice di falsità delle predette dichiarazioni nel loro complesso, tenuto conto della delicatezza ed estrema intimità di quanto narrato. Tali discordanze, peraltro, sono state esaminate analiticamente in relazione al complessivo contesto del narrato e giudicate sostanzialmente irrilevanti con valutazione di fatto, che non si palesa affatto illogica e si sottrae a censure in sede di legittimità, mentre sono stati poi valorizzati gli ulteriori elementi di riscontro della attendibilità della parte lesa indicati in narrativa.

Con riferimento al secondo motivo di gravame il reato di cui all’art. 605 c.p. non ha formato oggetto di censure in punto di fatto o di diritto dinanzi alla corte territoriale, sicchè la doglianza sul punto è inammissibile, non potendo questa Corte effettuare una valutazione di diritto sulla base di asserite circostanze di fatto che non hanno formato oggetto di contestazione nella sede di merito.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c..

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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