T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, Sent., 23-03-2011, n. 675 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Il ricorrente C.B. dichiara di aver presentato domanda di sanatoria edilizia ai sensi della L. 47/1985 e della L.R. 37/1985, e di aver anche versato la dovuta oblazione, in relazione ad una costruzione realizzata in Siracusa, C.da "Chiusa Cisterna Cuba".

Con provvedimento privo di data, notificato nel 1996, ed intitolato "atto di ripulsa della domanda di sanatoria", il Comune di Siracusa ha respinto la domanda sul presupposto che l’immobile si trovi in condizione di assoluta insanabilità ai sensi dell’art. 15, lett. a della L.R. 78/1976, in quanto collocato a meno di 150 metri dalla battigia.

Avverso tale atto è stato proposto il ricorso in epigrafe col quale si denuncia:

1.- violazione e falsa applicazione dell’art. 35, co. 12, della L. 47/1985 e della L.R. 37/1985 – inosservanza della giurisprudenza del Cons. di Stato – violazione dei principi di amministrazione del territorio comunale;

2.- inesistenza/inopponibilità del vincolo costiero – violazione dell’art. 3, co. 3, della L. 241/90 – eccesso di potere per carenza di istruttoria;

In conclusione, il ricorrente chiede che venga dichiarata la nullità dell’atto impugnato ed accertato il proprio diritto soggettivo ad ottenere il titolo edilizio in sanatoria.

Si è costituito per resistere il Comune di Siracusa.

Successivamente il ricorrente ha prodotto memoria difensiva corredata da documenti.

Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2011 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso risulta infondato per quanto si chiarirà infra, e va quindi respinto.

1.- Col primo motivo, come indicato nella descrizione del fatto, parte ricorrente deduce che si sarebbe formato per silentium, ai sensi dell’art. 35, co. 12, della L. 47/1985, a causa del decorso del tempo, il titolo richiesto con la domanda di sanatoria. Aggiunge, poi, che il decorso del tempo è fattore idoneo a sanare qualunque illegittimità, come si ricaverebbe dalla legislazione che consente in via generale alla Regione di annullare i provvedimenti di silenzio assenso edilizio entro un termine non superiore ai dieci anni.

La censura è infondata.

Va premesso che il regime di sanatoria edilizia introdotto con la L. 47/1985, recepito in Sicilia con la L.R. 37/1985, prevede che "Per le costruzioni che ricadono in zone vincolate da leggi statali o regionali per la tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, igienici, idrogeologici, delle coste marine, lacuali o fluviali, le concessioni in sanatoria sono subordinate al nulla – osta rilasciato dagli enti di tutela sempre che il vincolo, posto antecedentemente all’ esecuzione delle opere, non comporti inedificabilità e le costruzioni non costituiscano grave pregiudizio per la tutela medesima; restano altresì escluse dalla concessione o autorizzazione in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell’ art. 15, lett. a, della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell’ entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976." (art. 23, co. 10, L.R. 37/1985).

Proprio l’ipotesi peculiare descritta nel secondo periodo del riportato comma – attinente alle costruzioni eseguite entro la fascia di rispetto costiero di 150 metri dalla battigia – integra infatti una fattispecie di insanabilità assoluta, valutata come tale già in partenza dallo stesso legislatore (sul punto, cfr. Tar Catania, 690/2008; Tar Palermo, 1449/2007; Cass. civ., II, 27129/2006).

Orbene, se si verte in ipotesi di insanabilità assoluta dell’abuso edilizio, non può postularsi né il rilascio del provvedimento di sanatoria espresso, né in alternativa la sua formazione fittizia a seguito del mero decorso del tempo (cd. silenzio/assenso). La soluzione contraria prospettata in ricorso si porrebbe infatti in stridente contrasto con lo spirito della legge – che prevede come già detto una ipotesi di assoluta insanabilità – ed anche con la stessa littera legis nella parte in cui, disciplinando il procedimento di sanatoria, precisa che "Negli altri casi previsti dall’ art. 23 della presente legge, con esclusione comunque dei casi di insanabilità di cui al decimo comma dello stesso articolo, il termine perentorio di 24 mesi (per la formazione del silenzio assenso, n.d.r.) decorre dalla data di rilascio del parere, nulla – osta o comunque delle determinazioni favorevoli delle competenti autorità o dalla data di approvazione del piano particolareggiato di recupero di cui al tredicesimo comma del citato art. 23." (art. 26, co. 16, L.R. 37/1985, che ha sostituito in Sicilia l’art. 35 della L. 47/1985 invocato dal ricorrente).

Risolvendo un caso per certi versi simile, questa Sezione ha avuto modo di precisare che "Qualora le opere per cui è stata presentata istanza di concessione edilizia in sanatoria ricadono nell’ambito di una lottizzazione abusiva, detta circostanza da sola determina la inapplicabilità dell’istituto del silenzio assenso di cui all’art. 35, l. n. 47 del 1985 nel testo recepito con l. reg. siciliana n. 37 del 1985, art. 26; il silenzio assenso, infatti, opera solo con riferimento ad opere oggettivamente sanabili" (Tar Catania, 1750/2004).

2.- Col secondo articolato motivo, il ricorrente lamenta che: a) non sarebbe stata misurata l’effettiva distanza dell’immobile dalla battigia, sussistente al momento della realizzazione dell’abuso; b) la motivazione del provvedimento sarebbe insufficiente, dal momento che non vengono indicati gli estremi dello strumento urbanistico col quale sarebbe stato recepito il "vincolo costiero"; c) l’efficacia erga omnes (anche nei confronti dei privati) del vincolo costiero è frutto di una interpretazione autentica del legislatore regionale introdotta con la L.R. 15/1990, successiva alla realizzazione dell’abuso; d) lo strumento urbanistico di riferimento per l’area in esame è il Piano di recupero, che si trova ancora in itinere.

Anche l’articolata censura in esame non appare fondata.

2.1 – Con riguardo alla presunta mancata misurazione della distanza dal mare, il ricorrente produce un estratto di mappa (di cui peraltro non è chiara la provenienza) che vorrebbe evidenziare il rispetto del limite posto dall’art. 15 lett. a della L.R. 78/1976.

La documentazione prodotta non risulta però affatto probante, dal momento che non consente di cogliere né l’esatta posizione dell’immobile del ricorrente, né l’asserito rispetto della distanza legale. Né d’altra parte, viene fornita – come si sarebbe senz’altro potuto fare – una prova più dettagliata e certa (misurazione eseguita da consulente tecnico di parte, o altro) concernente la posizione dell’immobile.

Né infine possono essere condivise, sempre sulla questione in esame, le considerazioni che il ricorrente rassegna in memoria in ordine al possibile errore commesso dalla PA nella redazione della mappa, ed alla conseguente possibilità – sempre prospettata in tesi – di contemperare l’interesse del provato con quello pubblico.

In primo luogo, si tratta di deduzioni inammissibili in quanto nuove, estranee al ricorso, e contenute in una memoria non notificata alla controparte. In secondo luogo, come si evince chiaramente dalla legge, il divieto di edificazione entro i 150 metri dalla battigia costituisce un principio fermo ed inderogabile posto dal legislatore, che non lascia spazio a valutazioni di opportunità e/o della gravità della relativa violazione.

2.2 – Sotto altro aspetto, non ha pregio l’osservazione secondo la quale il vincolo costiero non sarebbe stato recepito dallo strumento urbanistico.

Come si è già messo in evidenza retro, il vincolo in esame opera per diretta scelta del legislatore regionale, e la sua operatività non è quindi condizionata da alcun atto di recepimento ad opera degli strumenti urbanistici. Infatti, se è vero, per un verso, che l’art. 15 della L.R. 78/1976 qui in esame esordisce stabilendo che "Ai fini della formazione degli strumenti urbanistici generali comunali debbono osservarsi, in tutte le zone omogenee ad eccezione delle zone A e B, in aggiunta alle disposizioni vigenti, le seguenti prescrizioni: (…)", e quindi la norma sembrerebbe introdurre limitazioni destinate ad essere "recepite" negli strumenti urbanistici, è altrettanto vero che l’art. 2, co. 3 della L.R. 15/1991, con disposizione avente funzione di interpretazione autentica, ha precisato che "Le disposizioni di cui all’ articolo 15, primo comma, lettere a, d, ed e della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78 devono intendersi direttamente ed immediatamente efficaci anche nei confronti dei privati. Esse prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi". Non può, quindi, dubitarsi della valenza immediatamente precettiva dei vincoli in esame, decorrente già dalla data di entrata in vigore della L.R. 78/1976 ed a prescindere da ogni eventuale atto di recepimento (Tar Palermo, 1449/2007; Cass. civ., II, 27129/2006; Tar Palermo 426/2006).

2.3 – Quanto è stato appena chiarito al punto precedente è sufficiente per dichiarare infondata anche l’ulteriore deduzione del ricorrente improntata sul fatto che l’abuso edilizio è stato realizzato in epoca antecedente alla norma che ha esteso erga omnes – anche nei confronti dei privati – la rilevanza del "vincolo costiero". Come già detto, l’art. 2 della L.R. 15/91 ha avuto la sola funzione di chiarire – con effetto dunque retroattivo – il significato della precedente norma.

2.4 – Da ultimo, nessun rilievo può assumere la circostanza dedotta in ricorso secondo la quale l’area in cui insiste la costruzione abusiva in esame sarebbe disciplinata da un Piano di recupero ancora in itinere. Come si è già chiarito, il vincolo di inedificabilità posto direttamente dalla norma prevale anche su eventuali strumenti urbanistici difformi.

Per quanto esposto, il ricorso non può essere accolto con le consequenziali statuizioni in ordine alla spese processuali, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dal Comune di Siracusa, liquidate forfettariamente in Euro 1.500, oltre accessori se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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