Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-02-2011) 28-03-2011, n. 12699

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

del PG Dott. MONETTI VITO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Il GIP presso il Tribunale di Pordenone, con la sentenza del 5 novembre 2010, sulla richiesta di emissione di decreto penale ad opera del P.M. ha, viceversa, prosciolto P.G., per il reato di tentata violenza privata perchè il fatto non sussiste.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale, il quale lamenta, quale unico motivo, la violazione di legge a cagione dell’esistenza degli estremi del contestato reato.

3. Risulta, altresì, inviata memoria defensionale nell’interesse dell’imputato P..
Motivi della decisione

1. Il ricorso è, all’evidenza, accoglibile avendo il GIP presso il Tribunale di Pordenone evitato di sottoporre al necessario vaglio dibattimentale i fatti ascritti ai fini della corretta qualificazione del reato ascrivibile all’imputato.

2. In punto di diritto, si osserva come, proprio con riferimento alla posizione del pubblico ministero, le Sezioni Unite di questa Corte abbiano reiteratamente affermato (v. oltre la citata sentenza 23 giugno 1993 n. 6203 anche 13 dicembre 1995 n. 42) che, nella ipotesi in cui lo stesso denunci, attraverso l’impugnazione proposta al fine di ottenere l’esatta applicazione della legge, la violazione di una norma di diritto formale, in tanto può ritenersi la sussistenza di un interesse concreto che renda ammissibile la doglianza, in quanto dalla violazione sia derivato un reale pregiudizio dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole (anche nel senso richiesto dal Pubblico Ministero).

A ciò si aggiunga come non possa nemmeno dubitarsi che il delitto di violenza privata sia reato complesso, vale a dire che suo elemento costitutivo sia una condotta che, isolatamente considerata, costituirebbe l’elemento materiale di un altro reato (v. Cass. Sez, 5^ 17 ottobre 2008 n. 43219).

L’agente infatti, ai sensi dell’art. 610 c.p., può utilizzare (alternativamente o congiuntamente) violenza e minaccia per raggiungere il suo scopo, coartando fisicamente o psicologicamente la vittima.

Conseguentemente, quando in un unico contesto, vengano posti in essere comportamenti violenti oppure minacciosi, ed entrambe queste condotte siano finalizzate a imporre alla vittima un tacere o un pati non è dubbio che resti integrata la ipotesi di violenza privata (se l’agente raggiunge il suo scopo), ovvero quella del tentativo del predetto reato (se lo scopo non è raggiunto).

3. In punto di fatto, questa volta, si osserva come l’accertamento in concreto dell’esistenza delle minacce e della idoneità delle stesse a determinare o meno la sussistenza del contestato reato, anche nell’eventuale forma del tentativo, non possa che derivare dalla necessaria attività di istruttoria dibattimentale, luogo appositamente deputato dall’ordinamento processuale proprio per dare ai fatti la loro necessaria qualificazione giuridica.

4. Non avendo il Giudice dell’impugnata decisione sottoposto al necessario vaglio dibattimentale, attraverso l’esame dei soggetti presenti ai denunciati accadimenti, la tesi accusatoria ecco che s’impone e appare conforme a giustizia annullare tale decisione con rinvio al Tribunale di Pordenone per un necessario nuovo esame che tenga conto delle dianzi evidenziate osservazioni.
P.Q.M.

LA CORTE annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Pordenone per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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