Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 02-02-2011) 28-03-2011, n. 12479 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di S.M. P. avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di Appello di Bologna in data 14.5.2008 con la quale veniva rigettata la richiesta avanzata nell’interesse della medesima S. ai sensi dell’art. 314 c.p.p., comma 1, di riparazione dell’ingiusta detenzione subita, deducendo la violazione di legge in relazione all’art. 314 c.p.p..

Il Procuratore Generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento dell’impugnata ordinanza con rinvio.

E’ stata depositata una memoria ad opera dell’Avvocatura generale dello Stato nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze, a sostegno dell’ordinanza impugnata.

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Giova premettere che la giurisprudenza consolidata di questa Corte (v. Sez. Un. 13.12.1995, n. 43, Rv. 203636; e 26.6.2002, n. 34559, Rv. 222263), afferma che la nozione di "colpa grave" di cui all’art. 314 c.p.p., comma 1, ostativa del diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione, va individuata in quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, che si sostanzi nel l’adozione o nel mantenimento di un provvedimento restrittivo della libertà personale. Inoltre, nel procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione è necessario distinguere nettamente l’operazione logica propria del giudice del giudice della riparazione è ben diversa da quella del giudice del processo penale: il primo, pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un "iter" logico- motivazionale del tutto autonomo, perchè è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento "detenzione" (Sez. Un. n. 43 del 1996). Infine, per valutare la "colpa grave" che, ai sensi dell’art. 314 c.p.p., comma 1, esclude il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione previsto da detta norma, il giudice deve fondare la propria decisione su fatti concreti esaminando la condotta del richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà ed indipendentemente dalla conoscenza che il prevenuto abbia avuto dell’inizio delle indagini al fine di stabilire, con valutazione "ex ante", non se la condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (Cass. pen. Sez. 4^, 15.2.2007 n. 10987, Rv. 236508; Sez. 4^, 9.10.2007 n. 1577, Rv.

238663, e Sez. Un. 27.5.2010, n. 32383 R.247664). Il Giudice della riparazione ha l’obbligo di fornire, al riguardo, congrua e corretta motivazione, suscettibile di sindacato da parte del giudice di legittimità (Sez. 4^, n. 1603 del 21.6.1996, rv. 205716). Orbene, la Corte territoriale non ha fatto corretto uso degli anzidetti principi. Nella fattispecie è stata ravvisata la colpa grave utilizzando i medesimi elementi stimati insufficienti ed equivoci dal giudice che ha mandato assolta l’odierna ricorrente, procedendo, di fatto, ad una rivalutazione del quadro probatorio operata nella sede processuale propria e, comunque, svolgendo considerazioni che si pongono su un piano diverso da quello che interessa in questa sede (cioè l’avere o no l’imputata – che è stata assolta definitivamente dall’addebito contestatole – dato causa con la sua condotta dolosa o colposa allo stato detentivo).

In particolare, la Corte territoriale ha attribuito rilevanza, da un lato, al fatto che la S. "non ha mai chiarito la provenienza dello stupefacente rinvenuto sotto la sua finestra" (circostanza che non può implicare alcun rimprovero nei confronti della ricorrente costituendo, se mai, esercizio del suo diritto di difesa) e, dall’altro, al fatto che la medesima si sia attivata, nel corso della perquisizione, "per avvisare tale A. e gli altri ragazzi del Centro Sociale Livello (OMISSIS)", senza spiegare in modo sufficiente l’effettiva incidenza causale, ai fini che in questa sede interessano, di siffatta condotta.

Invero la sentenza assolutoria – parlando anche di "suggestione investigativa" – attribuisce alla sopradescritta condotta della S., nel contesto della valutazione probatoria, plausibili letture non compatibili con l’assunto accusatorio (cfr. in particolare, pag. 4 della motivazione, richiamata nel ricorso, con specifico riferimento al collegamento, avvenuto in seguito al rinvenimento della droga sotto l’autovettura prossima alla finestra della ricorrente, tra la "udita convocazione di A." e la responsabilità della predetta in ordine alla disponibilità della sostanza), con riferimento alle modalità dei fatti ed alla stessa qualità dell’imputata – praticante avvocato – cui viene attribuita rilevanza al fine di spiegare la preoccupazione degli occupanti del centro sociale di avvisarla dell’inizio della perquisizione, circostanza pur estranea alla persona della S., alla quale però la Corte territoriale attribuisce valenza rafforzante l’equivocità della situazione dal punto di vista della p.g. operante (cfr. pagg. 2-3 dell’ordinanza impugnata).

In definitiva, non può ritenersi effettivamente motivata la sussistenza della colpa grave richiesta, tenuto conto, altresì, che tale non potrebbe qualificarsi anche una eventuale condotta connivente nell’illecita attività altrui, e tanto conformemente all’indirizzo di questa Corte (cfr. Cass. n. 2659/2009, Cass. 8993/2003, rv. 223688, Cass. n. 16369/2003, rv. 224773, Cass. n. 42039/2006, rv. 235397). Condividendosi l’avviso espresso dal P.G., deve conclusivamente riconoscersi che, alla stregua dei richiamati principi di diritto, la motivazione della Corte territoriale appare non sufficientemente specifica e sostanzialmente assertiva, non risultando delineato il dedotto contributo colposo dell’imputata, la cui condotta, limitatasi all’affacciarsi alla finestra e a chiamare a voce alta e ripetutamente " A.", è stata qualificata come gravemente colposa sulla base, peraltro, di una mera congettura investigativa, rivelatasi peraltro inadeguata probatoriamente, del verbalizzante che ha collegato lo stupefacente, poi rinvenuto sotto la finestra, alla S..

Consegue l’annullamento dell’impugnata ordinanza con rinvio alla Corte di Appello di Bologna per nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Bologna per nuovo esame.

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