T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 23-03-2011, n. 487 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Sindaco del Comune di Venezia, ritenendo sussistere pericoli per la sicurezza urbana e l’incolumità pubblica, con ordinanza contingibile ed urgente adottata ai sensi dell’art. 54, comma 4, del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267 del 13 giugno 2008, prot. 255264 OR/2008/399, "premesso che l’art. 4, comma 4 bis, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10 (così come modificato dall’art. 16, comma 1, della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7) vieta il commercio su aree pubbliche in forma itinerante nei centri storici dei comuni superiori ai 50.000 abitanti", ha disposto che "è vietato il trasporto senza giustificato motivo di mercanzia in grandi sacchi di plastica e borsoni nel centro storico del Comune di Venezia" e che "il predetto trasporto, se accompagnato con la sosta prolungata nello stesso luogo o in aree limitrofe deve essere considerato come atto direttamente ed immediatamente finalizzato alla vendita su area pubblica in forma itinerante ed in quanto facenti parte sostanziale dell’atto di vendita, rientrando nella fattispecie prevista e sanzionata dalla vigente legislazione regionale".

Tale provvedimento è impugnato con il ricorso in epigrafe dalla "Associazione dei venditori ambulanti immigrati con licenza di commercio itinerante", in persona del legale rappresentante Sig. S.E.M.M. che agisce anche personalmente e dal Sig. N.A..

L’Associazione espone di essere costituita da oltre settanta cittadini di paesi non appartenenti all’Unione europea titolari di regolare permesso di soggiorno e di un’autorizzazione commerciale per la vendita itinerante rilasciata da Comuni della provincia di Venezia.

I Sigg. S.E.M.M. e N.A. sono in possesso, rispettivamente, delle autorizzazioni n. 3808 del 6 agosto 2003, e n. 3996 del 1 marzo 2004, rilasciate dal Comune di Venezia per l’esercizio dell’attività di commercio su area pubblica di tipo B (in forma itinerante), a carattere permanente per il settore merceologico non alimentare (cfr. docc. 4 e 5 allegati al ricorso).

Il Sig. N.A. narra inoltre di aver subito, sulla base della predetta ordinanza, una sanzione amministrativa di euro 5.164,00, con confisca di 12 borse, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 114, prevista per chiunque eserciti il commercio sulle aree pubbliche senza la prescritta autorizzazione o fuori dal territorio contemplato dall’autorizzazione stessa, perché nella località San Marco, Frezzeria "transitava per la suddetta località con sacchetto di plastica azzurra trasparente che lasciava intravvedere le cose al suo interno" (cfr. copia del verbale di cui al doc. 2 depositato in giudizio dal Comune).

Dal suddetto verbale risulta anche che è stato accertato il possesso, in capo al ricorrente, dell’autorizzazione al commercio ambulante rilasciata dal Comune di Venezia di cui sono indicati gli estremi, e che il medesimo ha dichiarato di essersi limitato a transitare per la pubblica via.

L’ordinanza è impugnata per le seguenti censure:

I) incompetenza, sviamento e difetto di motivazione per la mancata espressa indicazione che il Sindaco agisce quale ufficiale di governo;

II) sviamento e incompetenza perché riguarda un ambito, quello del commercio, sul quale il Sindaco è privo di competenze normative;

III) violazione dell’art. 54 del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267 e violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per la mancanza dei requisiti di eccezionalità ed imprevedibilità e l’omessa indicazione dei medesimi;

IV) violazione degli artt. 1 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del principio di tassatività nella descrizione della condotta vietata nonché del principio di non punibilità del tentativo nell’illecito amministrativo;

V) travisamento, difetto di istruttoria e illogicità, per l’insussistenza di episodi del tipo di quelli menzionati nella motivazione dell’ordinanza;

VI) sviamento e illogicità per la mancanza di pericoli gravi derivanti dalle tensioni e frizioni con i commercianti residenti;

VII) illegittimità derivata per l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4 bis, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, come modificata dalla legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7, per il contrasto con gli artt. 4 e 41 della Costituzione;

VIII) violazione dell’art. 4, comma 4 bis, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, come modificata dalla legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7, in quanto detta norma presupporrebbe una specifica delimitazione del centro storico ai fini del commercio itinerante.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Venezia e il Ministero dell’Interno concludendo per la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 632 del 31 luglio 2008 è stata respinta la domanda cautelare.

Alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2008, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

Con ordinanza n. 746 del 23 marzo 2009, è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4 bis, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, come modificata dalla legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7, per contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 5, 10, primo comma, 41, 117, primo e secondo comma, lettera e), e 118 della Costituzione.

La Corte Costituzionale con sentenza 8 luglio 2010, n. 247, ha dichiarato non fondata la questione sollevata sotto tutti i profili evidenziati dall’ordinanza di rimessione.

La causa è stata quindi riassunta, a cura dei ricorrenti, e trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 19 gennaio 2011.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente deve essere dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione l’impugnazione del verbale di accertamento di violazione amministrativa e del verbale di sequestro, la cui cognizione è devoluta al giudice ordinario dall’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

1.1 In rito va osservato che i ricorrenti conservano interesse alla definizione del ricorso nonostante il provvedimento impugnato limiti la propria efficacia al 31 dicembre 2008, in quanto medio tempore l’ordinanza impugnata ha prodotto effetti, e dunque trova applicazione la regola secondo cui la mera scadenza del termine di efficacia del provvedimento amministrativo impugnato non fa venire meno l’interesse della parte a vederne caducati gli effetti per il passato (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 aprile 2003, n. 1786; Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 1998, n. 846; Consiglio di Stato Sez. IV, 19 dicembre 1994, n. 1037). Peraltro un identico provvedimento, senza soluzioni di continuità, è stato reiterato fino al 31 dicembre 2010.

2. E’ necessario premettere che, come è evidenziato nell’ordinanza della Sezione di rimessione alla Corte Costituzionale 23 marzo 2009, n. 746, la questione di legittimità costituzionale del comma 4 bis, dell’art. 4, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, come introdotto dall’art. 16 della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7, è stata sollevata in via logicamente prioritaria rispetto all’esame degli altri motivi di ricorso, perché attinente ad una censura espressamente enunciata, nel settimo motivo, che non avrebbe potuto restare assorbita dall’eventuale accoglimento degli altri motivi.

Pertanto se da un lato a seguito della sentenza della Corte Costituzionale sentenza 8 luglio 2010, n. 247 deve essere dichiarata infondata la censura di illegittimità dell’ordinanza sindacale impugnata per illegittimità derivata dall’incostituzionalità del comma 4 bis, dell’art. 4, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, dall’altro lato è ora necessario esaminare le censure proposte con gli altri motivi di ricorso.

3. Quanto al merito delle censure proposte si osserva quanto segue.

Esaminate le censure proposte con il terzo e quarto motivo, deve rilevarsi che nel caso di specie il potere di ordinanza non risulta legittimamente esercitato.

Con il terzo motivo la parte ricorrente lamenta l’illegittimità dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 54 del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267, che presuppone la sussistenza di situazioni eccezionali ed imprevedibili cui sia impossibile far fronte con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento per legittimare l’adozione di ordinanze contingibili ed urgenti.

Con il quarto motivo lamenta un’ulteriore violazione dell’art. 54 del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267, perché l’Amministrazione, attraverso l’utilizzo dello strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente, ha introdotto un atto a contenuto sostanzialmente normativo, e la violazione del principio di legalità in materia di sanzioni amministrative sancito dall’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, perché sono state previste sanzioni amministrative con un semplice atto amministrativo, in violazione del principio di determinatezza e tassatività delle condotte vietate, con anticipazione della soglia della punibilità prima della commissione di eventuali illeciti.

Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono fondate.

L’ordinanza impugnata vieta di trasportare con grandi sacchi di plastica oggetti destinati alla vendita nel centro storico di Venezia, e prevede una sanzione amministrativa pecuniaria "rientrante nella fattispecie prevista e sanzionata dalla vigente legislazione regionale"; presumibilmente trova applicazione la sanzione prevista dall’art. 29, comma 1, del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 114, per le fattispecie del commercio sulle aree pubbliche senza la prescritta autorizzazione o fuori dal territorio previsto dalla autorizzazione stessa, o senza l’autorizzazione o il permesso, come risulta dalla lettura del verbale di accertamento della sanzione irrogata (risulta che viene applicata una sanzione da un minimo di Euro 2.582 ad un massimo di Euro 15.493, per la quale è possibile il pagamento in misura ridotta della somma di Euro 5.164, che è quella prevista dal menzionato art. 29, comma 1, del Dlgs. 114 del 1998).

L’ordinanza è stata adottata il 13 giugno 2008, sotto la vigenza dell’art. 54, comma 4, del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, ma prima delle modifiche apportate dalla legge di conversione 24 luglio 2008, n. 125.

La circostanza è rilevante perché, come è noto, solo con la legge di conversione è stata attribuita al Sindaco, accanto al tradizionale potere di adottare provvedimenti contingibili ed urgenti, la possibilità di adottare ordinanze anche non contingibili ed urgenti.

Deve allora rilevarsi che l’ordinanza impugnata è illegittima in primo luogo:

– perché ha un contenuto chiaramente normativo, che rischia di tradursi, attraverso la sua reiterazione, in una disciplina generale derogatoria che collide con la natura provvedimentale propria delle ordinanze contingibili ed urgenti richiesta dal testo dell’art. 54 del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267 vigente al momento della sua adozione, quando invece, come è stato osservato, le ordinanze contingibili ed urgenti "anche se e quando – eventualmente – normative, non sono certamente ricomprese tra le fonti del nostro ordinamento giuridico; non innovano al diritto oggettivo; né, tanto meno, sono equiparabili ad atti con forza di legge, per il sol fatto di essere eccezionalmente autorizzate a provvedere in deroga alla legge" (in tali termini, con riferimento alle ordinanze prefettizie di cui all’art. 2 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, cfr. Corte costituzionale 2 luglio 1956, n. 8; id. 27 maggio 1961, n. 26; id. 4 gennaio 1977, n. 4);

– perché il ricorso al potere di ordinanza contingibile ed urgente non può assumere, in relazione al suo scopo, carattere di continuità e stabilità di effetti divenendo suscettibile di stabile regolazione delle situazioni cui si riferisce (cfr. Tar Toscana, Sez. II, 24 agosto 2010, n. 4876; id. 15 maggio 2000, n. 836; Tar Lombardia, Brescia, 11 giugno 1997 n. 672; Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 4 ottobre 1991 n. 1227);

– perchè non può "ritenersi compatibile con la Carta costituzionale un potere atipico di ordinanza sganciato dalla necessità di far fronte a specifiche situazioni contingibili di pericolo, in quanto, diversamente opinando, verrebbe ad essere attribuita in via ordinaria ai sindaci la possibilità di incidere su diritti individuali in modo assolutamente indeterminato ed in base a presupposti molto lati suscettibili di larghissimi margini di apprezzamento" (in tali termini cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 6 aprile 2010, n. 981);

– perché il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti deve conservare la sua connotazione atipica e residuale ed è quindi esercitabile, sussistendone i presupposti, solo quando "non sia conferito dalla legge il potere di emanare atti tipici, in presenza di presupposti indicati da specifiche normative di settore" (cfr. Tar Toscana, Firenze, Sez. II, 24 agosto 2010, n. 4876).

3.1 L’ordinanza impugnata è altresì illegittima perché viola il principio di legalità in materia di sanzioni amministrative previsto dall’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, per il quale "nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati".

Per il principio di stretta legalità previsto dalla norma con una formulazione analoga a quella prevista dall’art. 25 Cost. per l’illecito penale (cfr. Cassazione, Sez. I, 7 aprile 1999, n. 3351), che ha come corollari i principi di riserva di legge, determinatezza, tassatività e divieto di analogia, è infatti da escludere che, come invece è avvenuto nel caso di specie, fonti prive del valore di legge possano introdurre fattispecie di illecito amministrativo in assenza di una legge ordinaria che le autorizzi (cfr. Consiglio di Stato, Sez. I, 17 ottobre 2001, n. 885; per cui, ad esempio, non è consentito neppure ad un regolamento, se non autorizzato da una norma di legge, introdurre nuove fattispecie di illecito amministrativo: cfr. Cassazione, Sez. I, 22 giugno 1995, n. 7038), ed è da escludere che atti amministrativi possano applicare sanzioni previste dalla legge per una determinata condotta (nel caso all’esame l’esercizio della vendita abusiva), a condotte diverse (il transito con sacchi di plastica contenenti merci destinate alla vendita).

La fondatezza della censura di violazione dell’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, risulta peraltro evidente ove si consideri che l’ordinanza impugnata confligge proprio con il regime sanzionatorio legale tipico connesso alla violazione delle ordinanze sindacali, il quale prevede l’applicazione della sanzione penale di cui all’art. 650 c.p., prevista per chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di sicurezza pubblica, d’ordine pubblico o d’igiene, quando si tratti di ordinanze contingibili ed urgenti, o contempla l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro di cui all’art. 7 bis, del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267, inserito dal decreto legge 31 marzo 2003, n. 50, convertito, con modificazioni, in legge 20 maggio 2003, n. 116, che trova invece applicazione in caso di violazione di ordinanze c.d. ordinarie, che non siano contingibili ed urgenti, adottate dal sindaco sulla base di disposizioni di legge ovvero di specifiche norme regolamentari (cfr. Cassazione penale, Sez. I, 8 febbraio 2007, n. 7893; id. 13 febbraio 2004, n. 8040).

In altre parole, poiché per gli atti amministrativi non è possibile introdurre fattispecie di illecito amministrativo non supportate da un fondamento legislativo (cfr. ancora Consiglio di Stato, Sez. I, 17 ottobre 2001, n. 885), il risultato voluto dall’Amministrazione di maggiore contrasto all’esercizio del commercio abusivo con le modalità prefigurate dall’ordinanza, avrebbe potuto essere perseguito solo attraverso una norma di legge.

In definitiva pertanto, deve essere dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione l’impugnazione dei verbali di accertamento, e, assorbite le altre censure, in accoglimento del terzo e quarto motivo, deve essere annullata l’ordinanza impugnata.

Le peculiarità della controversia giustificano peraltro la compensazione delle spese tra le parti del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:

– in parte lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione relativamente all’impugnazione del verbale di accertamento di violazione amministrativa e contestuale verbale di sequestro n. 54/08;

– in parte lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza del Sindaco del Comune di Venezia prot. 255264 del 13 giugno 2008 OR/2008/399.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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