Cons. Stato Sez. IV, Sent., 24-03-2011, n. 1823 ordinanze sindaco

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Giovanni Palatiello (Avv. St.);
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe, il giudice di primo grado ha accolto il ricorso proposto dagli attuali appellati, con il quale è stato chiesto l’annullamento dell’ordinanza n.70 prot.n. 133 del 19 /08/ 2009, adottata dal Prefetto di Foggia nella veste di Commissario delegato per il superamento dei danni conseguenti ai gravi dissesti idrogeologici che interessano il territorio del Comune di Marina di Lesina.

Il predetto provvedimento è stato preceduto dal d.P.C.M. del 31 ottobre 2008 con il quale veniva,infatti, dichiarato, ai sensi e per gli effetti dell’art.5,comma 1°, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e fino al 31 dicembre 2009, lo stato d’emergenza nel territorio del Comune anzidetto, dove, per la presenza di rocce gessose nelle quali sono presenti fenomeni carsici, si determinano numerose cavità con conseguente rischio di crolli improvvisi degli edifici sovrastanti.

Con ordinanza n.3750 del 30 marzo 2009 il Prefetto di Foggia, su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile della P.C.M., è stato nominato Commissario delegato per la realizzazione dei primi interventi urgenti diretti alla rimozione delle situazioni di pericolo, con facoltà di adottare, anche d’intesa con l’Autorità di Bacino della Puglia, tutte le iniziative necessarie al superamento dell’emergenza e provvedere, attraverso la predisposizione di un apposito piano, agli interventi descritti alle lettere a), b) e c), del punto 3 dell’art.1 della detta ordinanza.

In tale contesto con l’impugnata ordinanza n.70/2009 il Prefetto di Foggia, considerato che l’edificio appartenente alla parte resistente, a giudizio dell’Autorità di Bacino della Puglia, doveva essere considerato ad "alta criticità", così da rendere necessaria l’effettuazione di un’immediata verifica sull’effettiva tipologia delle fondazioni realizzate nel suo sottosuolo, ha ordinato l’accertamento della tipologia della fondazione esistente ad opera di un tecnico abilitato ed incaricato a spese dei proprietari dell’edificio, avvertendo che in caso di inottemperanza ovvero in caso di accertamento della tipologia di fondazione "a plinti isolati", si sarebbe proceduto all’immediata dichiarazione dì inagibilità dell’edificio e all’emanazione di ordinanza di sgombero.

Ove invece si fosse stata accertata la presenza di una tipologia fondazionale continua, l’ordinanza in questione ha disposto, sempre a spese del proprietari dell’edifico, di procedere "ad ulteriore approfondimento" al fine, se necessario, di realizzare interventi "di adeguamento fondazionale".

L’ordinanza n 70/2009 è stata impugnata dai proprietari dell’edificio rilevandone molteplici profili d’illegittimità attinenti: vuoi all’assenza delle condizioni necessarie per l’adozione di un provvedimento di tipo emergenziale con addebito delle spese ai proprietari dell’edificio, visto che nell’ordinanza impugnata mancava, com’era invece necessario atteso il potere eccezionale e derogatorio esercitato, il puntuale riferimento alle norme derogate e alle ragioni della deroga, vuoi all’accertamento dell’effettiva esistenza di uno stato di pericolo, che comunque era stato dichiarato senza che i proprietari dell’edificio medesimo fossero stati chiamati a partecipare al procedimento amministrativo culminato con la rilevata necessità di indagine preliminare sulle sue fondazioni.

Il giudice di primo grado, sulla base di una premessa volta ad inquadrare l’ordinanza impugnata dal punto di vista ordinamentale, per poi delinearne la struttura giuridica alla luce dell’art.5 comma 1 della legge n. 225/1992, ha accolto il ricorso, compensando le spese del giudizio.

Le Amministrazioni appellanti chiedono la riforma della sentenza impugnata ravvisandovi, sostanzialmente, una errata ricostruzione dei poteri esercitati dal Prefetto di Foggia in veste di Commissario delegato con l’ O.P.C.M. n. 3750 del 2009.

Si sono costituiti in giudizio gli appellati indicati in epigrafe per chiedere la conferma della sentenza di primo grado, e contestualmente riproponendo i motivi di primo grado non esaminati dal primo giudice.

All’udienza del 22 febbraio 2011 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione a conclusione della sintetica difesa orale svolta dai legali delle parti presenti.

L’appello è infondato.

Conviene a tal proposito riprendere i passaggi più significativi che dalla decisione di primo grado vengono dedicati alle caratteristiche delle ordinanze adottate in base alla legge n. 225 del 1992.

Quando si verificano nel nostro Paese gli eventi descritti nella lettera c) comma 1° dell’art. 2 della richiamata legge (calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari), il Consiglio dei Ministri, in applicazione dell’art. 5 comma primo della stessa legge, delibera lo stato di emergenza determinandone la durata e l’estensione territoriale.

Gli interventi di emergenza conseguenti alla detta dichiarazione vengono attuati con ordinanze in deroga "ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico" (comma 2°).

Sempre con ordinanze si procede per evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose (comma 3°).

Il Presidente del Consiglio dei Ministri per l’attuazione degli interventi di cui di cui ai commi 2° e 3°, può avvalersi di commissari delegati.

Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto della delega dell’incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio (comma 4°).

"Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate." (comma 5°).

In virtù di quanto sopra, dopo aver dichiarato lo stato di emergenza, il Presidente del Consiglio emana provvedimenti con i quali delega le funzioni ad un commissario, individuando "i tempi e le modalità" di svolgimento dell’incarico, stabilendo inoltre che possono essere adottati provvedimenti in deroga alla vigente normativa.

In tal modo viene delimitato il potere di deroga alla legislazione vigente, indicando a quali leggi, per quanto strettamente occorre per la realizzazione degli interventi, il commissario può derogare.

Sono poi gli atti del commissario, cioè le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti, che rappresentano i provvedimenti che devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e che vengono adottati nella fase di attuazione degli interventi di emergenza.

L’O.P.C.M., in sostanza, conferisce il potere di deroga alla legislazione vigente indicandone i limiti per quanto è strettamente necessario ad assumere i provvedimenti di natura emergenziale da parte del Commissario; questo a sua volta è tenuto ad indicare in concreto di quale ambito del potere di deroga conferitogli ha inteso avvalersi, indicando le ragioni per le quali ha ritenuto necessario ricorrere alla deroga per affrontare l’emergenza.

E ciò è tanto più necessario quando, come nella fattispecie, la derogabilità afferisce ad interi corpi legislativi (v.art. 5 ord. n. 3750/2009), seppure comunque individuati settorialmente, così da rendere necessario che il provvedimento attuativo del Commissario delegato indichi il nesso di strumentalità tra l’esercizio della deroga e l’emergenza da affrontare, in modo da giustificare la deroga alla legislazione vigente.

A fronte di tutto quanto sopra evidenziato, il collegio non può non condividere l’avviso del primo giudice dove si afferma che "emerge con nettezza l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, non avendo il Prefetto saputo indicare a quali norme (tra quelle contemplate dall’art. 5 della cit. ordinanza n. 3750/2009) abbia inteso derogare."

Né detti provvedimenti attengono "alla mitigazione del rischio idrogeologico" di cui all’art.1 punto 3 lett. a) dell’ordinanza n.3570/2009, potendo al riguardo il Commissario delegato soltanto effettuare interventi volti "alla prosecuzione, d’intesa con il Comune di Lesina, dei lavori appaltati e finalizzati…." al detto fine.

E ciò non poteva non fare poiché l’ordinanza commissariale attuativa dell’ O.P.C.M. n. 3750/2009, di cui si sta discutendo, non appartiene alla tipologia delle ordinanze c.d. libere, quali quelle che il sindaco può adottare ai sensi dell’art.54 del TUEL, D.LGS. 267/2000.

Quese ultime attribuiscono un potere sostanzialmente normativo, che deve rispettare, nell’ambito di finalità genericamente individuate, solo i principi generali dell’ordinamento e, essendo disancorato da specifici e localizzati presupposti fattuali, è tendenzialmente illimitato e, in quanto tale, autorizzato a dettare regole di condotta e sanzioni che conculcano la sfera di autonomia dei singoli, garantita invece dal principio silentium legis, libertas civium.

Al commissario delegato ex lege n. 225/1992, compete invece un potere di attuare gli interventi emergenziali che dalla dichiarazione dello stato di emergenza e dalla successiva ordinanza presidenziale con cui è stato conferito, è stato conformato.

In concreto, è accaduto invece, che l’ordinanza impugnata si è atteggiata sul modello di un’ordinanza c.d. libera, tesa cioè ad affrontare accadimenti che potrebbero mettere in pericolo una collettività, e però determinati in modo generico, sì da rendere necessaria la verifica preliminare della loro effettiva esistenza, attraverso l’obbligo dell’accertamento tecnico in questa sede contestato.

Poiché, poi, come detto, è proprio l’ordinanza n. 3750/2009 ad aver delimitato la competenza del Commissario delegato, ne deriva che l’imposizione al condominio appellato dei suddetti accertamenti tecnici preliminari, volti alla verifica della tipologia della fondazione dell’edificio e delle sue caratteristiche strutturali, all’evidenza, non rientra tra gli interventi elencati al punto 3) dell’art.1 della stessa ordinanza, non avendo essi relazione diretta né con "la mitigazione del rischio idrogeologico", né con la rimozione "delle cause dell’emergenza".

E’ inoltre altrettanto evidente la contraddizione in cui cade l’argomentare di parte appellante che, nel tentativo di individuare il supporto giustificativo dell’ordinanza impugnata, da un lato, afferma che i predetti accertamenti rientrano, a tenore dell’art.1 comma 2° dell’ O.P.C.M. n. 3795/09, nelle "iniziative necessarie al superamento dell’emergenza" e, dall’altro, esclude che gli stessi accertamenti possano essere considerati (ex art. 1 comma 3° lett. b) "indagini necessarie alla identificazione delle cause che hanno determinato la situazione emergenziale" ovvero (ex art.1 comma 3° lett. c) "interventi diretti alla mitigazione e alla rimozione delle situazioni di pericolo", con la conseguenza che correttamente sarebbero stati richiesti ai singoli proprietari dell’edificio in questione, con relativo addebito.

Senonché, per giungere ad affermare tanto quanto precede, occorre non accorgersi che tutte le iniziative che il Commissario delegato può assumere in virtù dell’art.1 della citata ordinanza n.3750/2009 sono tra loro intrinsecamente connesse e s’inquadrano nel disegno complessivo in essa delineato per affrontare lo stato di emergenza, rispetto al quale, tuttavia, l’effettuazione degli accertamenti in questione rappresenta una fase senz’altro distinta, seppure necessaria, alla luce del criterio di corretta amministrazione per il quale per ben agire occorre prima conoscere.

Né in base all’ordinanza di delega dei poteri, il Commissario delegato, come già riferito, poteva addossare ai privati adempimenti che rientrano nel "risanamento idrogeologico del territorio", non avendo detta ordinanza affatto richiamato né l’art. 53 né l’art. 67 del t.u. in materia di ambiente.

Neppure il richiamo che parte appellante ha effettuato all’art.1117 del cod.civ. ha pregio.

E’ evidente, infatti, che dall’evocata norma civilistica non si ricava alcuna possibilità d’intervento autoritativo degli organi amministrativi sulle parti comuni di un edificio condominiale, ma semmai un potere degli stessi proprietari che l’autorità amministrativa è tenuta ad autorizzare se conforme alle prescrizioni edilizie vigenti.

Non può infine essere omesso di evidenziare che la posizione dei proprietari dell’edificio in questione, assoggettati al carico delle spese per le indagini solo dall’ordinanza prefettizia, riceve, sotto tale aspetto, tutela al massimo grado delle fonti normative, per via, cioè, della prescrizione costituzionale secondo la quale "Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base a legge" (art.23 Cost.).

Come visto, dall’ordinanza commissariale impugnata non si ricava alcuna indicazione in ordine a quali delle norme si è inteso derogare, tra quelle contemplate dall’ordinanza n. 3750/2009, imponendo l’effettuazione dell’accertamento tecnico preliminare ai proprietari dell’edificio anzidetto.

In ragione della richiamata disposizione costituzionale, appare allora ancor più evidente il rilievo appena svolto, ove venga rapportato all’addebito delle spese conseguenti, il quale appare invero sfornito di copertura normativa addirittura a partire dalla stessa ordinanza n. 3750 /2009.

L’appello deve in conclusione essere respinto.

Nel peculiare andamento del processo ed alla luce delle questioni dedotte in secondo grado, il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, e per l’effetto conferma la sentenza impugnata.

Spese del grado compensate..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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