Cass. civ. Sez. III, Sent., 17-06-2011, n. 13339 contratti agrari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Nola, accogliendo il ricorso degli A., condannò i S. al rilascio di un fondo agricolo in favore del R. (che nelle more del giudizio aveva acquistato il fondo stesso ed era intervenuto nella controversia). A tal fine, il Tribunale attribuì rilievo al giudicato esterno costituito dalla sentenza (del 26.2.2003) con la quale lo stesso Tribunale aveva respinto il ricorso attraverso cui i S. chiedevano di essere dichiarati affittuari del fondo.

L’appello proposto da S.V. è stato respinto dalla Corte d’appello di Napoli con sentenza che ora la menzionata impugna per cassazione attraverso due motivi. Rispondono con separati controricorsi l’ A. ed il R..
Motivi della decisione

Il primo motivo chiede di sapere se i termini perentori imposti dall’art. 419 c.p.c., vadano applicati, a pena di decadenza, anche all’interventore autonomo nella veste di successore a titolo particolare.

Il motivo è infondato, occorrendo ribadire il principio in ragione del quale l’intervento ex art. 111 cod. proc. civ., dell’acquirente di un fondo locato in una causa avente ad oggetto il rilascio del fondo stesso, pendente in primo grado, non è soggetto al termine di decadenza stabilito dall’art. 419 cod. proc. civ., in quanto questa tipologia d’intervento non è riconducibile all’intervento volontario del terzo di cui all’art. 105 cod. proc. civ., al quale si riferisce l’art. 419 cod. proc. civ., nel testo risultante dalla sentenza additiva della Corte Costituzionale n. 193 del 1983; peraltro, tale intervento non comporta la proposizione di una nuova domanda, in quanto l’atto di acquisto dell’immobile locato da parte del terzo interventore non integra un diverso fatto costitutivo del diritto fatto valere dall’attore, ma costituisce il titolo della successione a titolo particolare nell’originario contratto (cfr. Cass. n. 8700/09).

Il secondo motivo (che sostiene l’omessa motivazione circa il fatto che tra le parti si sarebbe instaurato un mero rapporto d’affitto per effetto della concludente accettazione del canone da parte dei proprietari) è infondato, in quanto la sentenza spiega in maniera congrua e logica (cfr. pagg. 2 e 3) le ragioni per le quali non può ritenersi che tale contratto sia sorto tra le parti.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna della, ricorrente a rivalere le controparti delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, in favore di ciascuno dei contro ricorrenti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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