Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-01-2011) 28-03-2011, n. 12383 arresti domiciliari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 26.11.2009, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli dispose la misura degli arresti domiciliari di C.C., indagato per i reati di concussione.

Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame, ma il Tribunale del riesame di Napoli la respinse. Proposto ricorso per cassazione la Suprema Corte annullava l’ordinanza impugnata con provvedimento del 21.12.2009 sul punto delle esigenze cautelari. La Corte rilevava che non erano stati indicati specifici elementi di fatto onde ritenerle sussistenti anche in relazione alla mutata situazione dell’Agenzia dell’entrate n. (OMISSIS) di Napoli. Per la Corte l’esigenza di garantire l’acquisizione e la genuinità della prova era stata solo allegata in modo generico e la prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell’indagato, in sè non impedita dalla sospensione dal servizio, non era connessa a specifici elementi e deduzioni puntuali.

Nell’ordinanza impugnata in sede di rinvio si ricostruiscono le vicende di cui è processo; al C. vengono contestati plurimi episodi di concussione ai danni di contribuenti minacciati di accessi mirati fiscali, nonchè di aver costituito un’associazione a delinquere per commettere un programma indeterminato e di lunga durata di natura illecita. Tale associazione non era limitata alle sole persone di B., Ca. e C. ma estesa anche ad altri soggetti non ancora identificati, per cui con l’arresto dei primi due l’associazione non era stata integralmente debellata.

Emergevano anche connivenze con altri funzionari del medesimo ufficio come F.G. che, nel corso di una intercettazione, aveva senza mezzi termini affermato "qui non c’è n’è uno che non si piglia denari"; erano emersi rapporti illeciti anche con soggetti estranei all’amministrazione finanziaria come lo S. della Polizia giudiziaria napoletana ed in servizio presso la Procura, con un certo P.L. che aveva fornito il B. di un cellulare intestato a persona inesistente per evitare intercettazioni. Il C. stesso svolge attività di consulenza fiscale per la Falanga assicurazioni di (OMISSIS), il che rende più grave il pericolo di commissione di ulteriori reati.

Pertanto, posta l’influenza emersa del C. in un ambiente assai vasto e l’ampiezza delle rete associativa costituita si impone per il provvedimento impugnata l’adozione di una misura cautelare che quanto meno impedisca al ricorrente di muoversi liberamente e di avere contatti con soggetti diversi dai familiari in funzione social- preventiva.

Ricorre il C. che allega la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato.

Il giudice del rinvio era stato chiamato a verificare la permanenza delle esigenze di ordine cautelare dopo il mutamento della situazione nell’agenzia delle entrate ove il ricorrente lavorava dopo l’arresto dei suoi colleghi in flagranza. Il reato è del 2006 e l’ordinanza del 2.12.2009 e pertanto il tempo trascorso doveva essere espressamente valutato in relazione alle novità intervenute. Il sig. F. direttore dell’agenzia era stato trasferito ed aveva lasciato l’incarico di direttore nel (OMISSIS) così come nel (OMISSIS) i funzionari B. e Ca. avevano lasciato i loro incarichi in quanto arrestati in flagranza. La frase intercettata al F. era del tutto generica e sembrava più uno sfogo che una constatazione. La rete associativa era ormai smantellata tanto che non erano emerse ulteriori fattispecie delittuose. Indebito e poco significativo era il riferimento ai contatti con lo S. non indagato per il reato associativo ed ormai andato in pensione.

Anche al P. non era stato contestato il reato associativo e lo stesso apparteneva ad altro ufficio finanziario. Nessun accenno era stato fatto al pericolo di inquinamento probatorio e non sussistevano concreti elementi sul pericolo che il C., ormai sospeso dal servizio, non più alle dipendenze del F., privo di contatti con i coindagati orinai licenziati, possa commettere altri reati della stessa natura.

Perveniva dichiarazione di rinuncia a firma solo del difensore avv.to Costantino Garigliota che risultava non cassazionista.
Motivi della decisione

il ricorso va esaminato nel merito essendo la rinuncia pervenuta in cancelleria non rituale in quanto priva della firma del ricorrente.

Il Tribunale, come accennato in premessa, ha osservato che l’associazione per la quale si procede non era limitata alle sole persone di B., Ca. e C. ma estesa anche ad altri soggetti non ancora identificati, per cui con l’arresto dei primi due l’associazione non era stata integralmente debellata.

Emergevano anche connivenze con altri funzionari del medesimo ufficio come F.G. che, nel corso di una intercettazione, aveva senza mezzi termini affermato "qui non c’è n’è uno che non si piglia denari"; erano emersi rapporti illeciti anche con soggetti estranei all’amministrazione finanziaria come lo S. della Polizia giudiziaria napoletana ed in servizio presso la Procura, con un certo P.L. che aveva fornito il B. di un cellulare intestato a persona inesistente per evitare intercettazioni. Il C. stesso svolge attività di consulenza fiscale per la Falanga assicurazioni di (OMISSIS), il che rende più grave il pericolo di commissione di ulteriori reati.

Pertanto, posta l’influenza emersa del C. in un ambiente assai vasto e l’ampiezza delle rete associativa costituita si impone per il provvedimento impugnata l’adozione di una misura cautelare che quanto meno impedisca al ricorrente di muoversi liberamente e di avere contatti con soggetti diversi dai familiari in funzione social- preventiva. Ora la motivazione appare congrua e logicamente coerente ed ha rispettato tutte le indicazioni della sentenza di annullamento in quanto ha mostrato in base ad elementi concreti come la perdurante pericolosità sociale del ricorrente derivi dalla ramificazione dell’associazione cui il ricorrente ha aderitocene da un lato non risulta debellata anche per quanto riguarda l’originaria attività illecita svolta nell’Agenzia delle entrate, dall’altro lato emerge estendersi oltre la sfera della stessa Agenzia ove il ricorrente operava. Il C. risulta avere larghi contatti di natura sospetta ed essere in rapporti con ambienti ulteriori rispetto a quelli ove originariamente sono stati commessi gli episodi di concussione e svolge un’opera di consulenza in settori in cui potrebbe proseguire l’attività illecita. Pertanto il giudizio di perdurante pericolosità sociale è stato vagliato in modo persuasivo e collegato ad elementi oggettivi non riconducibili solo alla pregressa attività nell’ambito dell’Agenzia delle entrate. Le censure peraltro sono meramente di ordine fattuale e il ricorso, perciò, va dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti; inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà dei ricorrente, deve dispersi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla Cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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