Cass. civ. Sez. III, Sent., 17-06-2011, n. 13330 Effetti del fallimento per i creditori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il tribunale di Roma, nel gennaio del 2003, condannò il Ministero dell’industria al pagamento, in favore della curatela del fallimento Hilme s.p.a., della somma di oltre 768 mila Euro, accogliendo nel contempo l’eccezione di compensazione per maggior credito sollevata dalla Banca nazionale del lavoro a fronte di una domanda di pagamento di circa i milione 400 mila euro contestualmente avanzata nei suoi confronti dalla curatela fallimentare.

La corte di appello di Roma, investita del gravame proposto dalla BNL, lo rigettò (dopo aver dichiarato inammissibile per tardività l’appello incidentale proposto dal Ministero).

La sentenza è stata impugnata dall’istituto di credito con ricorso per cassazione sorretto da 3 motivi.

Resiste con controricorso la curatela del fallimento Hilme.

Le parti hanno entrambe depositato memoria illustrative.

La difesa della BNL ha replicato con note scritte alla requisitoria del P.G..
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Dirimente risulta il contenuto del primo motivo di doglianza, il cui accoglimento comporta l’assorbimento dei successivi motivi.

Con il primo motivo, difatti, la difesa della ricorrente denuncia violazione della L. fall., art. 52 cpv. – improponibilità, in sede di cognizione ordinaria, di una domanda riconvenzionale volta ad ottenere, nei confronti del fallimento, l’accertamento di un credito pecuniario – omesso esame della circostanza decisiva che la domanda giudiziale ordinaria contro la BNL era stata proposta dopo la dichiarazione di fallimento.

Il motivo merita accoglimento.

Secondo quanto opinato dal giudice territoriale, difatti, affinchè potesse legittimamente predicarsi l’esistenza di un interesse della BNL ad invocare l’integrale rigetto della domanda di condanna formulata nei suoi confronti dal fallimento Hilme, quanto al pagamento della somma di i milione 395 mila Euro, sarebbe stato onere dell’istituto di credito proporre specifica domanda riconvenzionale, volta a far valere il proprio complessivo controcredito alla restituzione delle somme erogate alla società fallita a titolo di mutuo agevolato. Onde, in mancanza di tale domanda, ogni interesse dell’odierna ricorrente a veder rigettata la domanda principale del fallimento doveva dirsi insussistente, all’esito del rigetto di tale domanda per effetto della dichiarata compensazione.

Omette del tutto di considerare la corte di appello capitolina che tale domanda riconvenzionale sarebbe risultata, nella specie, del tutto improponibile in sede di giudizio di cognizione ordinaria poichè, giusta disposto della L. Fall., art. 52 cpv., in pendenza della procedura concorsuale l’accertamento di un credito da far valere nei confronti del fallito non poteva che essere riservato alla sede sua propria, quella, cioè, della verificazione fallimentare, inderogabilmente disciplinata dagli artt. 92 e 103 della legge speciale, atteso che il giudizio di cognizione ordinaria fu introdotto, dopo l’inizio della procedura concorsuale, proprio dal fallimento Hilme.

All’accoglimento del motivo in esame consegue, come già sottolineato nell’Incipit della motivazione, l’assorbimento delle restanti ragioni di doglianza svolte dalla ricorrente.
P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Roma in altra composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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