Cass. civ. Sez. V, Sent., 17-06-2011, n. 13322 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.M. propose ricorso avverso una cartella esattoriale, con la quale, in relazione alla dichiarazione per l’anno d’imposta 1994, gli era stato intimato il pagamento dell’Iva per l’importo di L. 34.916.000. Il contribuente dedusse l’illegittimità dell’atto impositivo, rilevando, in particolare, che l’iscrizione a ruolo era stata motivata con la semplice indicazione di errori materiali o di calcolo, mentre nessun errore era in verità stato commesso tanto nella dichiarazione annuale, quanto nelle scritture contabili. Dedusse altresì che l’omessa presentazione della dichiarazione relativa al precedente anno 1993 non potevasi considerare sufficiente a sorreggere il disconoscimento del credito d’imposta riportato l’anno successivo. L’adita commissione tributaria provinciale di Bari accolse il ricorso, preliminarmente osservando, per quanto ancora interessa, che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 6, imponeva all’amministrazione di preventivamente invitare il contribuente al versamento delle somme dovute (entro trenta giorni da ricevimento di apposito avviso e con applicazione di sopratassa in misura pari al 60 %). Addebitò inoltre all’ufficio di non aver esplicitato, nell’avviso predetto, quali fossero gli errori materiali ritenuti; e ritenne computabile il credito d’imposta anche l’anno successivo. L’appello dell’agenzia delle entrate avverso la suddetta sentenza fu respinto dalla commissione tributaria regionale della Puglia con la sentenza n. 88/15/05 in data 13 luglio 2005 (non notificata), sulla scorta della decisiva e assorbente considerazione che l’iscrizione a ruolo dovesse essere comunque preceduta da un avviso di rettifica – nella specie mancato – contenente la motivazione sull’oggetto della pretesa. E ciò anche qualora l’importo fosse derivato da verifica con strumenti automatizzati di controllo, in tal caso dovendo essere l’iscrizione preceduta – a dire della commissione – da una comunicazione informativa sull’esito del dianzi detto controllo automatizzato.

Tale onere, invero, ritenne la commissione sussistente ancorchè in esito al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 alla luce del coordinamento tra la detta disciplina e quella del parzialmente abrogato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60. Avverso la decisione di appello, l’amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione sorretto da due motivi. L’intimato non ha svolto difese.
Motivi della decisione

1. – Deve la Corte preliminarmente dichiarare l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’economia e finanze, che non fu parte degli anteriori gradi di merito e che è soggetto distinto dall’agenzia fiscale, ente a sua volta dotato di autonomia soggettiva di diritto pubblico ex D.Lgs. n. 300 del 1999.

Risulta dalla sentenza esservi stata, negli anteriori gradi di merito, assunzione in via esclusiva, da parte dell’agenzia delle entrate, della gestione del contenzioso, con conseguente spettanza a essa soltanto dell’esercizio dei correlati poteri processuali in ordine all’impugnazione in sede di legittimità (per tutte, sez. un. n. 3116/2006).

2. – La ricorrente deduce, col primo motivo, "violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 28 e 30" rilevando che il credito Iva può essere portato all’anno successivo solo se risulti dalla dichiarazione, in nessun caso se la dichiarazione sia stata omessa.

Il motivo è inammissibile in quanto non calibrato sulla ratio decidendi dell’impugnata sentenza, la quale ha ritenuto assorbita la questione afferente, viceversa affrontata solo dal primo giudice.

L’ha ritenuta assorbita dalla affermata nullità dell’iscrizione a ruolo per il mancato previo invio dell’avviso bonario, pur in presenza della riforma del sistema sanzionatorio di cui ai D.Lgs. n. 471 del 1997 e D.Lgs. n. 472 del 1997. 3. – Col secondo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 6, nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3 e 17 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13.

Assume invero che la dedotta irregolarità procedimentale non precludeva il diritto dell’amministrazione alla riscossione dell’imposta, posto che la norma di cui all’art. 60, comma 6 cit., riferendosi esclusivamente a un invito ad accedere al ravvedimento operoso con riduzione della sanzione di legge, dovevasi ritenere abrogata alla stregua della generalizzata riduzione della sanzione, dovuta al sistema introdotto dai mentovati D.Lgs. del 1997. Questo motivo è fondato.

4. – Già nel vigore del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 6, la potestà dell’amministrazione finanziaria di iscrivere direttamente nei ruoli l’imposta non versata dal contribuente, così come risultante dalla dichiarazione annuale dei redditi, non trovava ostacolo nella mancata emissione e/o notificazione dell’invito al versamento delle somme dovute di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 6, stante che l’invito – allora finalizzato allo scopo di consentire al contribuente il versamento di quanto addebitatogli entro trenta giorni dal ricevimento dell’avviso, con applicazione di sanzione ridotta al 60% della somma non versata – possedeva l’unica funzione di consentire al contribuente di attenuare le conseguenze sanzionatorie della realizzata omissione, fermo restando tuttavia l’obbligo di corresponsione integrale del tributo e degli interessi sul medesimo (cfr. Cass. n. 902/2002). A ogni modo è acquisito, nella giurisprudenza della Corte, che in ipotesi di mancato versamento di imposta dichiarata dallo stesso contribuente, la previsione del preventivo invito al pagamento, di cui alla citata disposizione, è da ritenere implicitamente caducata, e comunque priva di conseguenze nel caso di sua inosservanza, per effetto del D.Lgs. n. 471 del 1997 (art. 13, comma 1), che, riducendo, per la violazione in rassegna, la sanzione inizialmente prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 44 (dal 100% al 30% dell’importo non versato), ha fatto venir meno ogni interesse del contribuente a un adempimento dell’ufficio finanziario dal quale nessun vantaggio potrebbe più trarre (cfr. per tutte Cass. n. 22689/2008; n. 8859/2006).

Consegue che la sentenza impugnata – intervenuta su di una ipotesi di iscrizione a ruolo effettuata già nella vigenza del D.Lgs. n. 471 del 1997 – si pone in contrasto con i richiamati principi. E come tale va cassata con rinvio alla commissione tributaria regionale della Puglia, la quale, in diversa composizione, provvederà a esaminare le restanti doglianze mosse con l’appello.

Provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e finanze; dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso dell’agenzia delle entrate; accoglie il secondo motivo del ricorso detto; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla commissione tributaria regionale della Puglia, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 20 aprile 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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