Cass. civ. Sez. V, Sent., 17-06-2011, n. 13313 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro e l’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale dell’Emilia Romagna dep. il 24/05/2005 che aveva, rigettando l’appello dell’Ufficio, confermato la sentenza della CTP di Forlì che aveva accolto il ricorso di M.G.B. avverso l’avviso di rettifica parziale per iva 1994.

La CTR aveva ritenuto che il contribuente non perdeva il diritto alla detrazione dell’iva di cui alla dichiarazione relativa al 1993 ritenuta omessa perchè effettuata con ritardo di 30 giorni.

I ricorrenti pongono a fondamento del ricorso un motivo basato sulla violazione di legge.

Il contribuente non ha resistito.

La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.
Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere rilevata la inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero, che non era parte nel giudizio di appello dal quale doveva intendersi tacitamente estromesso perchè iniziato dopo il 01/01/2001, e, pertanto, dopo l’entrata in funzione delle Agenzie delle Entrate (Cass. SS.UU. 3116/2006, 3118/2006).

Le relative spese possono giustamente compensarsi essendo l’intervento chiarificatore delle SS.UU. intervenuto successivamente alla proposizione del ricorso.

Col primo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30, 37, 43 e 45 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5 assumendo che contrariamente a quanto assunto dalla CTR la dichiarazione presentata oltre 30 giorni si considerava omessa(e non solo ai fini sanzionatori) onde si perdeva il diritto alla detrazione, fermo il diritto al rimborso con le regole ordinarie. Il motivo è fondato.

Questa Corte ritiene di dare continuità all’indirizzo espresso da Cass. n. 1823/2001 (e dalle successive n. 19495/2003, 11584/2006, 16257/2007, 21947/2007) che hanno affermato il seguente principio di diritto che" nel vigore del D.P.R. n. 633 del 1972 sull’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, il contribuente che, pure avendo computato le detrazioni per i mesi di competenza, abbia omesso di computarle nella dichiarazione annuale, perde il diritto alle detrazioni, ai sensi dell’art. 28, comma 4, fermo il diritto al rimborso di quanto versato in eccedenza, in applicazione dell’art. 30, comma 2." Che poi le dichiarazioni presentate oltre trenta giorni si debbano a tale fine considerare omesse deriva dal chiaro testo della legge e dal regime che di tali dichiarazioni è stato dato dalla successiva legislazione.

In particolare, come può dedursi da Cass. n. 11221/2002, la circostanza che; la "norma di chiusura espressa dall’art. 32, comma 7, la quale, accomunando le fattispecie di condono richieste sia con dichiarazione integrativa semplice, sia con dichiarazione integrativa "tombale" ("agli effetti degli artt….25 e 23….") stabilisce che "non si considerano omesse le dichiarazioni originarie presentate con ritardo superiore al mese", anche nell’ipotesi in cui siano state presentate (oltrechè con il predetto ritardo, anche) "ad un ufficio incompetente";… impone, ai fini della fruizione del condono automatico, che le dichiarazioni, omesse fino alla data del 14 luglio 1982, siano presentate ai sensi dell’art. 25, comma 1, e, per l’altro, considera "non omesse", ai predetti fini, in deroga al regime ordinario, le dichiarazioni presentate "anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto (e cioè, prima del 14 luglio 1982) anche se tardive oltre il mese" (comma 6);" conferma la portata, non certo limitata ai fini sanzionatori, della dichiarazione presentata oltre trenta giorni.

Il ricorso deve essere pertanto accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, con decisione nel merito, non essendo necessarie ulteriori attività istruttorie, il ricorso introduttivo del contribuente deve essere rigettato.

L’iter del giudizio (il contribuente è stato vittorioso in entrambi i gradi del merito) rende giusta la compensazione delle spese del merito, mentre la soccombenza regolerà il riparto delle spese relative al giudizio di cassazione.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero e compensa le relative spese. Accoglie il ricorso dell’Agenzia, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Condanna il contribuente alle spese sostenute dall’Agenzia che liquida in Euro 1.500,00 oltre spese prenotate a debito; compensa le spese del merito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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