Cons. Stato Sez. V, Sent., 24-03-2011, n. 1781 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

per delega dell’Avv. Mario Contaldi, nel secondo ricorso;
Svolgimento del processo

A) – Con il ricorso n. 218/1995 del 27 gennaio 1995, L.R. R. impugnava dinanzi al T.a.r. Piemonte, quale proprietaria frontista del fabbricato sito in via S. Francesco d’Assisi n. 5 e censito al fg. 19, n. 341, sub 1, la concessione edilizia n 72/1993 rilasciata dal comune di Gassino Torinese a G.C. e Iolanda C., per restauro conservativo ed ampliamento di un loro edificio residenziale unifamiliare.

L’originaria ricorrente aveva dedotto: (1) falsa rappresentazione della realtà, in quanto i dati planimetrici erano manifestamente falsi e riducevano sensibilmente l’immobile ai fini di eludere la norme vigenti in materia; (2) violazione dell’art. 17, n.t.a., p.r.g. (distanze dei fabbricali dal confine), secondo cui, nelle zone omogenee di tipo "c" la distanza fra i fabbricati dai confini doveva essere sempre uguale alla metà dell’altezza massima di norma stabilita dallo strumento urbanistico, pertanto, la distanza del fabbricato dal confine non poteva essere superiore a m. 5,55; violazione dell’art. 18, n.t.a., p.r.g. (distanze reciproche fra fabbricati); (3) violazione dell’art. 9, comma 2, d.m. n. 1444/1968, per distanza minima fra le pareti finestrate di m. 4,00 e non di 10,00; (4) violazione della legge n. 241/1990 per vizio della funzione amministrativa.

Si erano costituiti nel giudizio di primo grado C. e C., contestando le doglianze ed eccependo la carenza d’interesse della ricorrente R. alla proposizione del ricorso e la tardività del medesimo.

Anche il Comune di Gassino Torinese, costituitosi in giudizio, aveva contestato gli assunti di parte ricorrente.

L’istanza cautelare era stata accolta.

In data 19 novembre 2007, il T.a.r. Piemonte aveva emesso due decisioni.

Con la prima pronuncia n. 764/1997 aveva accolto il ricorso della R. avverso la concessione edilizia n 72/93, rilasciata in favore di G.C. e Iolanda C., per restauro conservativo ed ampliamento del loro edificio residenziale, annullando il provvedimento.

Con la seconda sentenza n. 765/1997 aveva accolto il ricorso n. 926/1996, proposto della R. avverso l’ordinanza del sindaco di Gassino Torinese prot. n. 159/5 del 29 febbraio 1996, nella parte in cui condizionava il rilascio della concessione edilizia in sanatoria alla produzione di atto notarile, registrato e trascritto, con il confinante, di rinuncia ad ogni azione di rivalsa per edificazione a minor distanza dal confine.

Delle due sentenze veniva discusso, all’udienza del giorno 14 luglio 2009, l’appello contro la sola sentenza n. 764/97, impugnata sia da C. e C. (appello n. 998/1998) sia dal Comune di Gassino Torinese (appello n. 2418/1998).

La pronuncia impugnata aveva accolto il ricorso proposto da L.R. R., proprietaria frontista del fabbricato censito come sopra precisato, dopo aver respinto le eccezioni di tardività del ricorso, perché proposto all’ultimazione dei lavori del rustico e quella d’inammissibilità del medesimo, data la posizione di proprietario frontista dalla R., accogliendosi la censura di violazione dell’art. 18, n.t.a. p.r.g., Comune di Gassino Torinese che, per la zona in esame, prevedeva la confrontabilità fra le pareti dei fabbricati e, comunque, una distanza mai inferiore all’altezza di quello più alto: nella specie, non inferiore a m. 7,50, mentre la confrontabilità fra gli edifici – circa 4 metri secondo l’interessata e 6,50 secondo il progetto – era comunque minore rispetto al fabbricato più alto, in contrasto con l’art. 18 citato.

B) – Venivano interposti due appelli: n. 1998/1998 di C. e C. e n. 2418/1998 del Comune di Gassino Torinese, richiamandovisi congiuntamente l’art. 18, n.t.a., p.r.g.

Nell’appello n. 1998/98 di C. e C. (contenente istanza di riunione dei due gravami, per una trattazione congiunta, essendosi impugnata la medesima pronuncia), costituitisi pure con nuovo difensore, si lamentava (pure in apposita memoria conclusiva) l’erroneità della sentenza per avere affermato:

a) – che il progetto allegato alla costruzione individuasse una distanza pari a m. 6,50 tra i due fronti dei reciproci fabbricati, con altezza oscillante tra m. 5.60 e m. 5,30 per la nuova porzione di fabbrica, senza indicare alcun criterio di misurazione dell’edificio, laddove la quota di altezza avrebbe dovuto misurarsi dall’intradosso dell’ultima soletta tenendo conto del piano di campagna e dei differenti livelli del suolo allocante le costruzioni, nel caso degli edifici in questione differenti;

b) – che il fabbricato più alto avrebbe misurato non meno di m. 7,50, senza neppure indicare il più alto dei due ed il criterio tecnico alla stregua del quale sarebbe stata misurata tale quota di altezza, in presenza pure di una mansarda, abusivamente realizzata in epoca successiva alla discussa concessione e solo indebitamente condonata, su mera autodichiarazione della R..

Vi si costituiva L.R.R.B., che resisteva all’appello, sostenendo la propria legittimazione a ricorrere, in quanto confinante e, comunque, proprietaria viciniore rispetto al manufatto di ragione C. e C. (cfr. C.S., sezione V, dec. n. 5172/2003), all’ultimazione dei cui lavori avrebbe dovuto farsi unico riferimento per potersi escludere ogni tardività del gravame introduttivo, come correttamente ritenuto dai primi giudici, anche riguardo al merito della vertenza.

Nell’appello del Comune si riscontrava la piena osservanza di detto art. 18, in quanto:

c) – al momento del rilascio della concessione, la distanza fra i fabbricati fronteggiantisi (come da relazione dell’u.t.c.) risultava pari a m. 6,63 nel punto di maggior distanza e 6,03 nel punto più vicino, mentre l’intradosso della soletta del piano residenziale del fabbricato più alto (di ragione R.) risultava pari a metri 6,00, come da licenza edilizia n. 4272 del 1963: sarebbe stata questa e non altra l’altezza da prendere in considerazione al momento del rilascio della nuova concessione edilizia n. 72/1993;

d) – la mansarda condonata successivamente non sarebbe stata rilevabile come abitabile al momento del rilascio della concessione, in quanto successiva ad esso, come da istanza di condono 31 marzo 1995, secondo cui il sottotetto non abitabile sarebbe stato trasformato, per la superficie di mq. 75 ed il volume di 128,25, in locali ad uso abitazione e, precisamente in due camere, un ripostiglio ed un w.c., senza però indicare modificazioni esterne nei prospetti: l’entità materiale di riferimento, per il calcolo delle distanze all’epoca del rilascio della concessione avrebbe previsto, perciò, l’esclusione del sottotetto.

Vi si costituivano C. e C. (poi, anche con nuovo difensore), resistendo all’appello, come faceva pure la R. che, con propria memoria, illustrava le stesse argomentazioni difensive già esposte nel primo gravame.

C) – Con memoria conclusiva, il Comune appellante illustrava ancora la propria eccezione di tardività del ricorso introduttivo della R. (che non avrebbe potuto non accorgersi per tempo dei lavori in corso a pochi metri dalla sua abitazione residenziale) e chiedeva la riforma dell’impugnata sentenza, alla luce di quanto emerso dall’effettuata verificazione tecnica, disposta da questa sezione, sospesa ogni pronuncia in rito, nel merito e sulle spese processuali, onde accertare:

1) – l’altezza del fabbricato di ragione C. e C. misurata, tenendo conto del piano di campagna e dei differenti livelli del suolo ospitante le costruzioni, sia dall’intradosso dell’ultima soletta, sia dal punto più alto del manufatto;

2) – l’altezza di tale manufatto, da misurarsi con il criterio di cui al precedente punto, sia in assenza della mansarda sia in presenza della stessa, realizzata successivamente;

3) – l’altezza del fabbricato della R., nonché degli eventuali fabbricati circonvicini, calcolata con il criterio di cui al precedente punto primo;

4) – per tutti i fabbricati misurati, l’altezza risultante tra i fronti opposti dei vari fabbricati e se taluno di essi avesse un’altezza superiore ai m. 10,00;

5) – la distanza del fabbricato di ragione C. e C. da quello della R., nonché dagli eventuali altri fabbricati circonvicini;

6) – se per qualche parte del fabbricato di ragione C. e C. sussistessero le condizioni previste dai commi 3, 4 e 5 dell’art. 18, n.t.a., p.r.g..

D) – L’anzidetta verificazione avrebbe dovuto essere effettuata dall’ufficio tecnico della Provincia di Torino, in contradditorio con i tecnici delle parti e del Comune di Gassino Torinese, entro giorni 60 (sessanta) dalla previa notificazione o comunicazione in via amministrativa della decisione n. 2200/2010 di questa sezione, entro il quale termine avrebbe pure dovuto depositarsi, a cura del Comune stesso, una dettagliata relazione illustrativa circa gli standard edilizi vigenti nella zona ospitante il fabbricato di ragione C. e C..

Adempiuti tali incombenti, all’esito della pubblica udienza di discussione le due vertenze passavano nuovamente in decisione.
Motivi della decisione

I due appelli possono essere riuniti e decisi con un’unica pronuncia, concernendo essi la medesima sentenza.

I) – Tanto premesso, il primo gravame è fondato e va accolto, con riforma dell’impugnata sentenza e rigetto del ricorso di prima istanza, circa il quale, dunque, può prescindersi dall’esame delle varie eccezioni preliminari riproposte in questa sede dalla parte appellante (quanto alla carenza di legittimazione ad agire ed alla tardività), poiché il progetto a suo tempo presentato conteneva soltanto gli estratti di mappa catastale e delle tavole di p.r.g. concernenti il discusso lotto, per cui esso non poteva che coincidere con le corrispondenti planimetrie (e ciò senza alcuna contestazione).

Era poi intervenuto il necessario parere favorevole dei competenti organi comunali e la disposta verificazione (dalle cui risultanze il collegio non ha motivo di dissentire e da aversi qui per integralmente richiamata) ha permesso di accertare come non vi fosse stata alcuna violazione di altezze, distanze o distacchi, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici sulla base di mere riproduzioni fotografiche, ma in assenza di verificazioni o consulenze tecniche, a nulla rilevando il riferimento a risultanze istruttorie di altra controversia non vertente tra le stesse parti.

II) – Considerazioni del tutto analoghe valgono a far accogliere anche il secondo appello, circa il quale deve pure precisarsi come il ricordato art. 9 punto 2, d.m. n. 1444/1968 (implicante m. 10 lineari fra le pareti) risultasse applicabile solo in aree diverse dalla zona A e, quindi, in situazioni completamente differenziate da quella in questione (relativa al semplice ampliamento di un manufatto già edificato), mentre a nulla poteva rilevare il numero di aperture finestrate presenti nella medesima parete e nelle quali non avrebbero potuto annoverarsi le porte (ricordando anche come l’unica apertura presente nel basso fabbricato (cm. 40 x cm. 40 a cm. 160 di altezza dal suolo) poteva dare luce ed aria ma senza alcuna possibilità di veduta.

Rimane solo da aggiungere come l’amministrazione comunale avesse avuto conoscenza dell’intervenuta trasformazione (senza alcuna opera esterna o di facciata) del sottotetto di ragione R. in mansarda soltanto in occasione della domanda di condono 31 marzo 1995 n. 4241, ex legge n. 724/1994, con successiva concessione edilizia in sanatoria 29 febbraio 1996 n. 115/945, comunque non implicante il rilascio di alcuna agibilità da parte dell’ente locale stesso (neppure richiesta dalla parte interessata).

III) – Conclusivamente, i due appelli riuniti vanno accolti, con riforma dell’impugnata sentenza, rigetto del ricorso di prima istanza e salvezza degli atti ivi impugnati, per giusti motivi compensandosi interamente, tra le parti, spese ed onorari del doppio grado dei due giudizi riuniti, tenuto anche conto del loro comportamento difensivo, delle alterne vicende processuali e della natura della vertenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, riunisce i due appelli (ricorso n. 1998/1998 e n. 2418/1998) e li accoglie entrambi, con riforma dell’impugnata sentenza, rigetto del ricorso di prima istanza e spese ed onorari del doppio grado dei due giudizi riuniti interamente compensati tra le parti in causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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