Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 18-03-2011) 29-03-2011, n. 12840

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

tore generale, dott. Giovanni Galati, che ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi.
Svolgimento del processo

Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di quella stessa città in data 3 ottobre 2006 e impugnata da L. M. e C., ha dichiarato non doversi procedere in ordine al delitto di lesioni personali per mancanza di querela, mentre ha confermato la responsabilità degli imputati in ordine ai reati di danneggiamento aggravato e resistenza a pubblico ufficiale, rideterminando la pena in complessivi sette mesi di reclusione ciascuno.

Dalla sentenza si apprende che i due imputati, in stato di evidente ubriachezza, avrebbero devastato l’esercizio pubblico "Il ristoro delle fate", con violenza e minaccia nei confronti della proprietaria, O.M.L., e inoltre avrebbero opposto resistenza agli agenti di polizia intervenuti sul luogo.

Il difensore dei due imputati ha proposto ricorso per cassazione.

Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza d’appello, avendo i giudici immotivatamente escluso l’impedimento di L.C., puntualmente documentato con certificazione medica.

Con un secondo motivo ha dedotto l’erronea applicazione dell’art. 337 c.p. e il vizio di motivazione, sostenendo che la sentenza ha travisato la testimonianza dell’agente B., che avrebbe escluso ogni ipotesi di violenza o resistenza posta in essere dai fratelli L. nei confronti degli agenti di polizia intervenuti per l’identificazione. In altri termini si sarebbe trattato di una resistenza passiva, come tale non punibile.

Con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto la sussistenza del danneggiamento aggravato dall’esposizione delle cose alla pubblica fede: si assume che nel locale erano presenti la proprietaria e il personale di servizio e che anche la porta d’ingresso, danneggiata dagli imputati, era sotto il diretto e costante controllo dei dipendenti e della stessa proprietaria. Ne consegue che, esclusa la circostanza aggravante, verrebbe meno la procedibilità per il reato di danneggiamento, in quanto la persona offesa ha rimesso la querela.
Motivi della decisione

Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto all’udienza del 13 maggio 2009 – e non quella del 13 maggio 2009, come erroneamente sostenuto nel ricorso – la Corte d’appello ha respinto la richiesta di rinvio del processo, avanzata dal difensore, escludendo la sussistenza di un legittimo impedimento dell’imputato, in quanto nella certificazione medica prodotta non risultava neppure indicata l’esistenza di uno stato febbrile determinato dalla faringotracheite diagnosticata, nè si attestava il grado assoluto dell’impedimento a comparire in relazione ad altre cause.

Questo Collegio ha già avuto modo di precisare l’inidoneità di una certificazione medica che si limiti ad attestare l’infermità, senza indicare lo stato febbrile ovvero omettendo di indicarne il grado, perchè è in base a tali elementi che il giudice è messo nella condizione di valutare la fondatezza, la serietà e la gravità dell’impedimento (Sez. 6, 12 maggio 2010, n. 20811, S.). Pertanto, in mancanza di tali indicazioni deve considerarsi legittimo il provvedimento con cui il giudice d’appello non ha accolto la richiesta di rinvio per impedimento dell’imputato a comparire.

Manifestamente infondato è anche il secondo motivo.

La sentenza ha posto bene in evidenza come i due imputati abbiano cercato di opporsi, con calci e pugni, agli agenti di polizia giudiziaria che avevano disposto il loro trasferimento, per mezzo dell’automobile di servizio, presso gli uffici della Questura.

Pertanto, anche in questa seconda fase dell’azione vi è stata resistenza, peraltro esplicatasi con atti di violenza, funzionali ad impedire il compimento di un atto rientrante nel servizio di pubblica sicurezza che gli agenti stavano effettuando.

Deve, quindi, ritenersi sussistente il reato, così come correttamente ha fatto la Corte d’appello, dovendosi precisare, inoltre, che anche la seconda fase dell’azione è stata oggetto di contestazione.

Infine, manifestamente infondato è il motivo con cui i ricorrenti assumono l’insussistenza dell’aggravante in relazione al reato di danneggiamento. Infatti, anche a volere escludere la circostanza aggravante per le cose esposte alla pubblica fede, deve ritenersi comunque la sussistenza dell’aggravante derivante dalla violenza e della minaccia posta in essere nei confronti della proprietaria dell’esercizio commerciale, regolarmente contestata nel capo di imputazione e correttamente ritenuta in sentenza.

Alla ritenuta manifesta infondatezza di tutti i motivi proposti consegue la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00 per ciascun imputato.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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