T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, Sent., 24-03-2011, n. 170 Commissione giudicatrice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – La ricorrente impugna gli esiti del concorso pubblico per soli esami per la copertura a tempo indeterminato di un posto di Capitano della Polizia Locale, bandito dal Comune di Latisana; e, in particolare, la nomina della Commissione esaminatrice ed ogni atto dalla stessa compiuto, ivi compresa la propria mancata ammissione alla prova orale.

1.1. – In fatto, espone di essere dipendente del Comune di Grado, in qualità di appartenente al Corpo di Polizia municipale, inquadrata nel livello PLB, e di aver ottenuto, dal 2004, l’incarico di Comandante del Corpo medesimo, con naturale scadenza al 31.12.09.

A seguito di una procedura di riorganizzazione degli Uffici, attivata dal Comune di Grado – che aveva istituito la posizione organica di Comandante della Polizia municipale e l’aveva coperta mediante selezione pubblica (di cui era risultato vincitore il dottor E.D.L.) – l’incarico le era stato revocato.

Iniziava quindi una complessa vertenza, in sede civile, tra la ricorrente ed il Comune di Grado (conclusasi negativamente per la parte istante), cui si affiancava anche il ricorso n. 259/09, innanzi a questo Tribunale, attivato unitamente alla Federazione Funzione Pubblica C.G.L. di Gorizia, che vedeva quale controinteressato (ritualmente notificato), rispetto ai motivi aggiunti ivi proposti, appunto il D.L., chiamato, quando la causa era già stata radicata, a ricoprire il posto di nuova istituzione. Tale ricorso, pendente al momento della proposizione del presente gravame, è successivamente stato dichiarato inammissibile, per carenza di giurisdizione del TAR, con sentenza n. 98/10.

L’istante partecipava, successivamente, al concorso bandito dal Comune di Latisana, qui contestato, della cui Commissione giudicatrice era stato chiamato a far parte anche il D.L.. Detto organo è stato nominato il 21.9.09; il 23.9.09 ciascun Commissario rendeva la prescritta dichiarazione in merito all’insussistenza di ragioni di incompatibilità, in particolare "di non trovarsi in stato di grave e notoria inimicizia con alcuno dei candidati".

All’esito delle prove scritte, la ricorrente non veniva ammessa agli orali.

1.2. – Con il presente ricorso lamenta la illegittima composizione della Commissione giudicatrice, a causa della mancata – a suo dire doverosa – astensione del commissario D.L..

In diritto lamenta:

1) violazione dell’art. 11, comma 1, del DPR 487/94; dell’art. 51 del Bando, dell’art. 54, comma 1, del D.Lg. 165/01 e dell’art. 6 del DM 28.11.00 ed eccesso di potere;

2) violazione del principio di giusto procedimento, contraddittorietà, illogicità, omesso esame ei presupposti, travisamento, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, sviamento

2. – Il Comune di Latisana, costituito, puntualmente controdeduce nel merito del ricorso, concludendo per la sua reiezione.

3. – E’ presente in giudizio, in qualità di controinteressato, anche il vincitore del concorso bandito dal Comune di Latisana, dottor G.C., che parimenti chiede che lo stesso sia respinto.

3.1. – Quest’ultimo fa presente che il protrarsi del giudizio, con la conseguente situazione di incertezza che ne è derivata, nonchè la necessità del Comune di coprire il posto messo a concorso (che ha indotto l’Ente a ingiungere al vincitore di prendere servizio entro una certa data), hanno avuto come conseguenza (poiché il dottor Carlin ricopriva già una analoga posizione di ruolo presso il Comune di Casarsa della Delizia, che non si è sentito di lasciare) la dichiarazione di decadenza.

Chiede quindi, in ogni caso e a prescindere dalla proposizione di eventuali azioni risarcitorie, che, ove il ricorso sia respinto, la ricorrente venga condannata alla rifusione delle spese ed onorari di causa dallo stesso sostenuti, e ad un risarcimento per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.; laddove, invece, il ricorso sia accolto, per illegittima composizione della Commissione, che le spese vengano addossate al resistente Comune.

4. – Col presente ricorso, l’istante impugna la nomina della Commissione esaminatrice del concorso pubblico per la copertura di un posto di Capitano della Polizia Locale, bandito dal Comune di Latisana, in quanto della stessa ha fatto parte un membro che avrebbe dovuto astenersi in ragione della sussistenza di ragioni di "grave inimicizia o causa pendente" con la ricorrente medesima.

Impugna altresì (per le medesime ragioni) la mancata ammissione alla prova orale, senza addurre nei confronti di tale atto alcun ulteriore motivo.

4.1. – Il ricorso non è fondato.

Secondo la prospettazione della ricorrente il Commissario dottor E.D.L. avrebbe dovuto astenersi dal far parte della Commissione d’esame perché incompatibile, in quanto tra lo stesso e l’istante correva grave e notoria inimicizia e vi era, inoltre, una causa pendente.

4.2. – L’art. 11, comma 1, del D.P.R. 487/94 stabilisce che "i componenti (della Commissione), presa visione dell’elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile". L’art. 51, per quanto qui rileva, stabilisce che il giudice (e, per il richiamo fattone dal D.P.R. 487/94, il membro della Commissione) ha l’obbligo di astenersi "se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori"; l’art. 52, a sua volta, precisa che "nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, ciascuna delle parti può proporre la ricusazione mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova".

Due sono le cause di astensione che vengono in rilievo nella presente vicenda: la grave e notoria inimicizia e la pendenza di una causa.

4.2.1. – Merita innanzi tutto ricordare che la giurisprudenza ha ritenuto che nei concorsi a pubblici impieghi le cause d’incompatibilità dei componenti della Commissione esaminatrice sono tipiche e, stante il loro carattere eccezionale, sono di stretta interpretazione e non estensibili in via analogica (C.S., n. 4961/01); la ragione di tale affermazione risiede nel fatto che occorre evitare la dilatazione delle ipotesi di incompatibilità, anche al fine di prevenire pretestuose istanze di ricusazione.

Quanto alla "grave inimicizia", va innanzi tutto osservato che dell’esistenza di tale situazione, benchè venga espressamente richiamata, la ricorrente non porta alcuna prova (e neppure principio di prova), come invece doveroso. Secondo un costante orientamento giurisprudenziale, infatti, la "grave inimicizia" deve essere dimostrata da chi la oppone con riferimento a "manifestazioni oggettive, non riconducibili ad uno stato d’animo soltanto supposto o possibile"; inoltre, per essere rilevante ai fini del dovere di astensione e/o della ricusazione, deve essere "reciproca e trovare fondamento esclusivamente in pregressi rapporti personali, derivanti da vicende estranee allo svolgimento delle funzioni esercitate"; va, infine, comprovata con riferimento a "dati di fatto concreti e precisi" (si veda, ex multis: TAR Lazio n. 12773/05).

Dati di fatto "concreti e precisi" che, nella specie, mancano del tutto.

Va altresì ribadito che, per altrettanto costante giurisprudenza, l’esistenza di una delle situazioni indicate dall’art. 51 c.p.c. determina sia l’obbligo di astensione, che il diritto, per il destinatario dall’attività dell’organo collegiale, di ricusare il membro o i membri incompatibili (si veda, ad esempio: C.S n. 1490/04); diritto di cui la ricorrente non ha ritenuto di avvalersi.

In conclusione, dell’esistenza della "grave inimicizia" che avrebbe dovuto determinare l’obbligo di astensione, non è stata fornita prova alcuna.

4.2.2. – Non sussiste neppure la causa di astensione relativa alla "causa pendente".

Infatti, per poter far valere tale motivo di incompatibilità, la "causa pendente" di cui trattasi deve essere, innanzi tutto, radicata tra le parti stesse; cioè, nella specie, tra la ricorrente e il D.L. (al quale, si osserva per incidens, il presente ricorso neppure è stato notificato ancorchè debba ritenersi sicuramente controinteressato, dato che si discute della sua posizione all’interno della Commissione e del suo comportamento, asseritamente violativo della legge).

Risulta invece dagli atti che il ricorso che, secondo la prospettazione dell’istante, avrebbe determinato l’obbligo di astensione, è stato proposto dalla ricorrente stessa, in uno con la Federazione dei Lavoratori della Funzione Pubblica – C.G.I.L. Di Gorizia, nei confronti del Comune di Grado, per l’annullamento – quanto al ricorso introduttivo – delle deliberazioni della Giunta comunale n. 29/09 (avente ad oggetto: "Ricognizione e determinazione della dotazione organica") e n. 33/09 (avente ad oggetto: "Programmazione triennale del fabbisogno di personale – Anni 2009/2011"), nella parte in cui prevedono, rispettivamente, l’istituzione e la copertura di una posizione organica di categoria PLC – Comandante della Polizia municipale, attraverso le procedure di mobilità esterna; e, quanto ai motivi aggiunti, notificati il 25.5.2009, della deliberazione n. 45/09, nonché della determinazione dirigenziale n. 293/09 nella parte in cui prevedono la copertura di una posizione organica di categoria PLC – mediante la "mobilità di comparto individuale ai sensi dell’art. 25 del CCRL 7.12.2006" ed esprimono parere favorevole al trasferimento presso il Comune di Grado del dott. E.D.L., dipendente a tempo indeterminato, di Cat. PLC, del Comune di Udine); nonchè il relativo impegno di spesa.

La causa (che è stata dichiarata inammissibile per carenza di giurisdizione) ha quindi ad oggetto – diretto ed immediato – i provvedimenti di modifica della pianta organica del Comune di Grado; e tocca solo indirettamente la posizione del D.L., notificato in quanto soggetto che, pendente la causa, è stato chiamato a coprire il posto di nuova istituzione, con tale impugnazione contestato. Il giudizio, quindi, non vede la ricorrente e il D.L. quali parti direttamente contrapposte.

La giurisprudenza si è occupata varie volte del problema della "causa pendente", e ha ritenuto sussistere ragione di incompatibilità solo in ipotesi del tutto peculiari; ad esempio quando la "causa" (penale) era stata determinata dalla denuncia di un soggetto, cui era seguita da parte dell’altro l’acquisizione della posizione di imputato (a contrariis: Tar Lazio n. 12773/05, secondo cui "va esclusa l’esistenza di una "causa pendente" tra il ricorrente ed i commissari, atteso che, in assenza di atti di esercizio dell’azione penale… in cui non vi è stata formulazione dell’imputazione da parte del P.M., non può venire in rilievo la nozione di "causa pendente" di cui al citato art. 51, I comma, n. 3, c.p.c., quale presupposto dell’istanza di ricusazione"; e TAR Toscana n. 1490/04); ovvero nel caso di pendenza di una vertenza in tema di mobbing, in cui era ben vero che la controparte (come nel presente caso) era la P.A. e non direttamente il controinteressato, tuttavia si è ritenuto che "non si possa invocare lo schermo dell’Amministrazione per negare la sussistenza dell’ipotesi di "causa pendente" in presenza di controversia in materia di mobbing ove il dirigente, della cui compatibilità a far parte della commissione si parla, è indicato come soggetto mobbizzante" (TAR Toscana, n. 6882/10).

Nel caso di specie, pare al Collegio che l’esistenza, in allora, del contenzioso tra la ricorrente ed il Comune di Grado, non integri la sussistenza del requisito di "causa pendente" tra le parti idoneo a determinare l’obbligo di astensione da parte del dottor D.L..

In definitiva, il ricorso va respinto.

5. – Le spese, come di regola, seguono la soccombenza; pertanto la ricorrente viene condannata alla rifusione, in favore del resistente Comune e del controinteressato costituito dottor Carlin, delle spese e competenze di causa, che pare equo quantificare in complessivi Euro 4000,00 (quattromila/00), in ragione della metà a favore di ciascuna parte resistente, al netto di IVA e c.p.a..

5.1. – Non si ritiene invece di dar ingresso alla richiesta del controinteressato di condanna ex art. 96 c.p.c. non ravvisandosi, nella specie, l’esistenza della mala fede o colpa grave che giustificano l’applicazione di tale istituto. Infatti, la circostanza che la ricorrente sia risultata soccombente in sede civile e che il suo ricorso innanzi a questo Tribunale (che, peraltro, aveva ad oggetto situazioni e provvedimenti del tutto diversi) sia stato dichiarato inammissibile per carenza di giurisdizione, non rileva ai fini della presente controversia, né induce a ritenere che la stessa abbia agito – come richiede la giurisprudenza (si veda, da ultimo: TAR Trentino Alto Adige – Bolzano n. 206/10) – nella consapevolezza dell’infondatezza della domanda o delle tesi difensive sostenute, ovvero in difetto dell’ordinaria diligenza nell’acquisizione di detta consapevolezza.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli – Venezia Giulia, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.

Condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del resistente Comune e del controinteressato costituito dottor Carlin, della spese e competenze di causa, quantificate in complessivi Euro 4000,00 (quattromila/00), in ragione della metà a favore di ciascuna parte resistente, al netto di IVA e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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