T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, Sent., 24-03-2011, n. 165 Concessione per nuove costruzioni contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato il 29 settembre 2005 e depositato il successivo 14 ottobre 2005, le società ricorrenti agivano per l’annullamento del provvedimento del dirigente del Settore Pianificazione Territoriale – Servizio Edilizia Privata del Comune di Udine n. 113911 – CE/236.1.01 in data 12 marzo 2002, con cui, in occasione del rilascio della concessione edilizia per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione di 2 unità immobiliari attigue site in via Palmanova n. 325 e n. 327, di proprietà rispettivamente della I. s.r.l. e della P. s.a.s., veniva – tra l’altro – determinata e pretesa dal Comune la somma complessiva di Euro 65.880,00 a titolo di contributo di concessione, di cui euro 34.928,07 per oneri di urbanizzazione ed euro 30.951,93 per costo di costruzione.

1.1 Secondo le esponenti il Comune avrebbe, infatti, errato nel determinare tali costi, atteso che l’intervento assentito, funzionale alla realizzazione di una sala per il gioco del Bingo e consistente nei lavori edilizi correlati alla fusione delle due unità immobiliari, era da ritenersi assolutamente minimo (piano terra: demolizione parziale della parete divisoria esistente e realizzazione di servizi igienici; primo piano: tamponatura della scala esistente e, limitatamente ad una sola unità, utilizzazione di parte degli spazi già destinati ad uffici come spogliatoi per il personale e locale controllo quadri elettrici), comportava una riduzione del carico urbanistico (una unità immobiliare in luogo delle due preesistenti) e non comportava modifica della tipologia per la quale era stata rilasciata la concessione originaria.

1.2 Affidavano, quindi, le proprie doglianze ad un unico articolato motivo di gravame, con cui deducevano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 11 del D.P.G.R. 0139 Pres. del 29/4/1997, pubblicato sul B.U.R. del 25/6/1997; l’errata determinazione della superficie imponibile; l’errata qualificazione dell’intervento; l’eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e di diritto, l’illogicità manifesta e l’assenza di adeguata motivazione.

2. Il Comune di Udine si costituiva in giudizio per resistere al ricorso, contestando la fondatezza delle tesi difensive svolte da parte avversa e chiedendone, conseguentemente, il rigetto.

2.1 In via preliminare, l’ente civico eccepiva, tuttavia, la tardività del gravame, per non essere stato lo stesso proposto entro il termine decadenziale di 60 giorni dalla notifica del provvedimento concessorio recante la quantificazione del contributo in contestazione, nonché la sua inammissibilità per intervenuta acquiescenza, avendo le ricorrenti sollevato le loro doglianze, a distanza di tre anni, dopo aver realizzato l’intervento edilizio secondo la qualificazione ad esso attribuita nell’atto di concessione edilizia e alle relative prescrizioni, tra cui il pagamento delle debenze ora contestate.

3. Le parti depositavano memorie e documenti.

4. La causa veniva chiamata alla pubblica udienza del 26 gennaio 2011 e, quindi, trattenuta in decisione.

5. Vanno, in primo luogo, disattesi i rilievi pregiudiziali di irricevibilità ed inammissibilità del ricorso, proposti dall’Amministrazione resistente.

5.1 Il ricorso in esame – che concerne l’impugnazione della parte "determinativa" del provvedimento con la quale è stata affermata, quantificandone l’importo complessivo, la debenza di somme a vario titolo connesse al rilascio del provvedimento abilitativo in materia edilizia – rientra tra le controversie soggiacenti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

In proposito, è noto che ogni questione inerente l’esistenza e l’entità del debito comunque connesso a contributi urbanistici involge posizioni di diritto soggettivo, sottratte agli ordinari termini decadenziali del giudizio impugnatorio pur in presenza di atti amministrativi, presentandosi come un giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario, attivabile nel normale termine di prescrizione (ex plurimis, C.d.S., V, 6 dicembre 1999, n. 2056).

Nella specie, le ricorrenti non assumono l’illegittimità di un atto autoritatitivo presupposto sulla cui base il Comune ha ingiunto il pagamento delle somme contestate, ma contestano unicamente, seppur anche sotto il profilo dell’erroneo inquadramento dell’intervento tassato, l’atto paritetico con cui il Comune ha quantificato oneri e contributo, che resta quindi sottratto alle regole delle impugnazioni, nei termini di decadenza, degli atti amministrativi, trattandosi di fattispecie attinente ad una posizione di diritto soggettivo (cfr. C.d.S., VI, 9 settembre 2008, n. 4296 e, in epoca più risalente, C.d.S., VI, 19 giugno 1996, n. 953; C.d.S., V, 18 gennaio 1996, n. 53; C.d.S., V, 25 settembre 1995, n. 1335).

Esse fanno valere, infatti, il loro diritto alla precisa ed esatta quantificazione del contributo dovuto, in base alla legge e alle determinazioni generali di carattere amministrativo dalla stessa legge previste e consentite, per il rilascio della concessione edilizia in data 12 marzo 2002.

Non v’è dubbio, quindi, che il ricorso notificato in data 29 settembre 2005 sia stato tempestivamente proposto e che l’eccezione sollevata debba essere, conseguentemente, respinta.

5.2 Del pari destituita di fondamento risulta, inoltre, la prospettata questione d’inammissibilità del ricorso, atteso che, trattandosi di questione inerente a diritti soggettivi, non sembra, invero, configurabile una qualche acquiescenza da parte delle ricorrenti.

Risulta, comunque, evidente che la R., quale concessionaria del gioco e futuro gestore della sala Bingo, abbia corrisposto il dovuto, addizionato da interessi, al solo scopo di conseguire la concessione edilizia, che in difetto non sarebbe stata rilasciata.

E’ noto, infatti, che il pagamento, senza riserve, del contributo urbanistico, non determina acquiescenza all’atto di liquidazione, non essendo rilasciabile la concessione ove lo stesso non sia stato effettuato (in termini C.d.S., V, 4 maggio 1992, n. 360).

Non risulta, conseguentemente, preclusa la tutela giurisdizionale contro gli atti relativi, perché l’avvenuto pagamento delle anzidette somme non denota l’univoca intenzione di rinunciare a contestare la loro liquidazione, né a richiederne il rimborso, in tutto o in parte, dovendo esso piuttosto essere considerato quale espressione della connaturale esigenza dell’attività imprenditoriale edilizia di dare avvio, senza indugi, alla realizzazione dell’opera progettata (cfr., ex plurimis, C.d.S., V, 14 dicembre 1994, nn. 1471 e 1481; id., 8 settembre 1995, n. 1299; id., 26 marzo 1996, n. 296; T.A.R. Emilia Romagna, Sez. Parma, 9 febbraio 1999, n. 81).

Anche tale eccezione va, quindi, respinta.

6. Passando ora al merito della questione contenziosa sottoposta all’esame del Collegio, si osserva, in linea generale, che le ricorrenti contestano la debenza sia sotto il profilo dell’inquadramento edilizio dell’intervento tassato, sia sotto il profilo della quantificazione del contributo concessorio, oltre a lamentare, in termini più generali, il difetto di motivazione delle determinazioni assunte al riguardo dall’Amministrazione.

6.1 Quanto al primo aspetto, le ricorrenti mettono in discussione la sussumibilità dell’intervento eseguito tra quelli di "ristrutturazione edilizia" di cui all’art. 65 della L.R. n. 52/1991; a loro avviso, la demolizione parziale della parete (del piano terra) dovrebbe rientrare, invero, tra gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 68 della L.R., con conseguente insussistenza di un legittimo presupposto fattuale per la riliquidazione del cd. contributo concessorio, atteso, peraltro, il mancato aumento del carico urbanistico.

6.2 Quanto alla quantificazione, deducono, invece, l’erroneo calcolo della superficie imponibile per la determinazione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e del costo di costruzione, sia con riferimento al I piano che con riferimento al piano terra, anche tenuto conto della non intervenuta variazione della destinazione d’uso già precedentemente assentita.

6.2.1 In particolare, affermano l’erronea inclusione nel calcolo della superficie imponibile di quella relativa al I piano, pari a 332,62 mq, che, non essendo stata oggetto di opere edilizie (eccettuati i lavori di tamponamento della scala) o di cambio di destinazione d’uso, non poteva essere assoggettata ad oneri di urbanizzazione o comportare costi di costruzione, data l’assenza di aumento di carico urbanistico e di trasformazioni fisiche.

6.2.2 Risulterebbe in ogni caso sbagliato anche il calcolo della superficie imponibile relativa al piano terra, in quanto il Comune include nella stessa dei locali per cui erano già stati pagati gli oneri urbanistici per destinazione commerciale e direzionale da parte della società che ha costruito l’immobile. Inoltre, le nuove forme di utilizzo della struttura non modificano i parametri aggravando il carico urbanistico e i locali costituenti l’unità immobiliare (ad eccezione della sala gioco realizzata previa demolizione della parete divisoria delle due originarie unità) non hanno subito trasformazioni fisiche e, quindi, dovrebbero essere esenti dal costo di costruzione e, laddove ritenuti in contrasto con la già assentita attività commerciale, partecipare al pagamento degli oneri di urbanizzazione limitatamente e in ragione dell’aumento del carico urbanistico ed essere, pertanto, eventualmente essere assoggettati a conguaglio in ragione della nuova destinazione rispetto a quella precedentemente assentita.

7. Ad avviso del Collegio, pur apparendo destituita di fondamento la doglianza tesa a mettere in discussione la qualificazione urbanistica dell’intervento eseguito e quella con cui viene dedotto il difetto di motivazione, non paiono, invero, prive di meritevole considerazione le deduzioni svolte dalle ricorrenti per contestare la quantificazione del contributo concessorio richiesto e pagato all’Amministrazione e di cui ora chiedono la restituzione, per lo meno nella parte relativa alla determinazione del costo di costruzione.

8. Quanto alla dedotta mancanza di motivazione, ci si limita, invero, ad osservare che la prevalente giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che la determinazione del contributo e degli oneri connessi al rilascio della concessione edilizia, ivi compresa quella in sanatoria, costituisce il risultato di un calcolo materiale, essendo in particolare la misura concreta desunta direttamente dai parametri stabiliti rigorosamente dalla legge, senza che residui alcun margine di apprezzamento discrezionale; pertanto, non è configurabile a carico dell’Amministrazione, nella redazione di tali atti c.d. paritetici, un onere di specificare le ragioni della operata decisione (cfr. C.d.S., V, 9 febbraio 2001, n. 584; T.A.R. Toscana, 18 dicembre 2001, n. 2037; T.A.R. Lombardia, Milano, 11 febbraio 2002, n. 495; id., Sez. II, 5 maggio 2004, n. 1620; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 29 marzo 2000, n. 1911; id., 22 aprile 2004, n.2567).

9. Con riferimento all’aspetto della qualificazione urbanistica dell’intervento, il Collegio, in disparte ogni considerazione in ordine alla circostanza che lo stesso venne qualificato come "ristrutturazione edilizia" dalle stesse società P. s.a.s. e I. s.r.l. all’atto della presentazione dell’istanza di concessione (vedi all. 2 e 3 – fascicolo documenti Comune di Udine), ritiene, invece, indubbio che l’intervento medesimo, avuto riguardo alla trasformazione fisica progettata (art. 76, comma 4, L.R. cit.), sia annoverabile tra quelli cui fa riferimento l’art. 65 della L.R. n. 52/1991.

9.1 La fusione delle due originarie unità immobiliari, ottenuta mediante la demolizione della parete divisoria al piano terra e gli altri interventi strutturali o di organizzazione degli spazi interni effettuati anche al I piano, oltre a sostanziarsi in una totale riorganizzazione interna dell’edificio, sia in termini di utilizzo delle superfici che dei volumi, ha portato – in effetti – ad un organismo edilizio diverso da quelli preesistenti da cui ha tratto origine, alterandone, conseguentemente, gli stessi volumi e superfici.

9.2 Si è trattato, dunque, di un intervento che, sebbene compiuto sul patrimonio edilizio esistente, ha trasformato le unità edilizie originarie, creandone una nuova, con ciò differendo dalla manutenzione straordinaria, che, pur potendo comportare anche modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti strutturali, ha, invece, finalità conservativa del patrimonio edilizio esistente e non comporta – tra l’altro – la riorganizzazione totale dell’edificio.

9.3 Non v’è motivo di dubitare, quindi, che l’intervento in questione, quale intervento avente rilevanza urbanistica ai sensi dell’art. 61 della L.R. n. 52, fosse soggetto a concessione edilizia a norma dell’art. 77, comma 1, della legge medesima e soprattutto che in base all’art. 90 ("Il rilascio della concessione edilizia comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione e al costo di costruzione…") fosse oneroso, non essendo riconducibile ad alcuna delle fattispecie "gratuite" contemplate dal successivo art. 94.

9.4 Si rammenta, infatti, che la legge urbanistica regionale all’epoca vigente, ai fini di determinare la soggezione o meno della trasformazione urbanistica al contributo di concessione, attribuiva rilievo sia alla tipologia del titolo abilitativo rilasciato che alla natura dell’intervento edilizio preso in considerazione, com’è agevole – del resto – desumere dalla lettura delle norme innanzi richiamate e dell’art. 79, comma 2, della legge, il quale sottraeva, invece, espressamente all’applicazione delle disposizioni in materia di contributo di concessione il rilascio del diverso titolo abilitativo dell’autorizzazione.

9.5 Ad avviso del Collegio, la doverosità del contributo non valeva, tuttavia, ad esimere l’Amministrazione dall’obbligo di verificare, nel caso concreto, la sussistenza dei presupposti per poterlo esigere, avuto riguardo alla natura e alla funzione tipica assolta da ciascuna delle sue due componenti.

9.6 Non appare fuori luogo ricordare, infatti, che il costo di costruzione ha natura tributaria e va commisurato al costo dell’opera, conseguendone che il concessionario tanto più ne andrà colpito quanto più sarà il capitale impiegato nella realizzazione dell’opera.

9.7 Per quanto concerne gli oneri di urbanizzazione, la posizione interpretativa maggiormente affermata in giurisprudenza è, invece, quella secondo cui la relativa quota costituirebbe un corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione ai benefici che la nuova costruzione ne ritrae, cosicché il tipo di uso offre la giustificazione giuridica all’an debeatur, mentre le modalità concrete dell’uso danno la ragione del quantum (cfr. C.d.S., V, 21 aprile 2006, n. 2258; idem 27 febbraio1998, n. 201; idem 23 maggio1997, n. 529).

9.7.1 Ne deriva che il fatto da cui in concreto nasce l’obbligo di corrispondere gli "oneri" anzidetti è l’aumento del carico urbanistico, derivi esso dalla realizzazione di interventi edilizi come da mutamenti di destinazione d’uso (anche in assenza di opere), che lo producono. La quota per oneri di urbanizzazione, in altri termini, compensa l’aggravamento del carico urbanistico della zona, indotto dal nuovo insediamento.

9.7.2 L’incremento del peso insediativo non consegue, infatti, soltanto agli interventi di ristrutturazione generale e globale di un edificio, ma anche alle ristrutturazioni meno marcate, che comunque trasformino la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica dell’immobile. In tal caso la necessità di sottoporre la concessione al pagamento dei contributi è riferita all’oggettiva rivalutazione dell’immobile ed è funzionale a sopportare il carico socioeconomico che la realizzazione comporta sotto il profilo urbanistico (cfr. C.d.S., V, 3 marzo 2002, n. 1180).

9.7.3 Orbene, ciò precisato, non v’è dubbio che la ristrutturazione in questione, seppur progettata e realizzata mediante limitati interventi di carattere edilizio, abbia comportato un effettivo aumento del carico urbanistico.

9.7.4 A tal proposito il Collegio non può, peraltro, che condividere le osservazioni svolte dalla difesa dell’ente civico.

Gli interventi assentiti miravano, infatti, ad una globale riorganizzazione interna dell’edificio, creando, di fatto, un organismo radicalmente diverso, dal punto di vista del carico urbanistico, da quelli da cui aveva tratto origine.

Non può, quindi, tralasciarsi di considerare il diverso impatto rivestito, sotto il profilo urbanistico, da due locali con destinazione commerciale al minuto e annessi uffici a servizio della stessa attività, caratterizzati da un afflusso di pubblico relativamente limitato, rispetto a quello di un locale destinato a sala Bingo, con un afflusso di pubblico corrispondente alla sua capienza, pari a diverse centinaia di persone.

Ne consegue che, tenuto conto del risultato complessivo dell’intervento concessionato e del correlato aumento del peso insediativo, l’Amministrazione ha legittimamente provveduto a calcolare di nuovo il quantum dovuto in relazione al diverso carico urbanistico.

9.7.5 Prive di apprezzabile rilievo paiono, peraltro, le deduzioni svolte dalla ricorrente in ordine all’individuazione della superficie imponibile con riferimento alla quantificazione degli oneri in questione, atteso che, come evidenziato, il maggior carico urbanistico è riferibile alla diversa strutturazione e fruibilità dell’immobile e, dunque, all’intero (nuovo) organismo edilizio e non, invece, a quelle sole parti di esso interessate dalle opere edilizie e, in ogni caso, prescinde dalla circostanza che la destinazione d’uso dell’immobile sia rimasta immutata rispetto a quella delle due unità originariamente concessionate.

9.7.6 Correttamente, pertanto, il Comune di Udine ha tenuto conto di tutte le superfici utili che, in base all’art. 11 del D.P.G.R. 29 aprile 1997, n. 0139/Pres., all’epoca vigente, concorrevano a determinare la superficie imponibile.

9.7.7 In definitiva, la superficie imponibile calcolata dal Comune, pari a mq. 1536,70, pare sfuggire alle censure delle ricorrenti, conseguendone che la quantificazione degli oneri di urbanizzazione effettuata in ragione della stessa in applicazione dei criteri stabiliti dalle norme di riferimento all’epoca vigenti non può essere messa in discussione.

9.8. A conclusioni difformi approda, invece, il Collegio con riguardo all’imposizione del costo di costruzione, che, come evidenziato, va riferito al dato oggettivo della realizzazione dell’edificio.

9.8.1 La modesta entità degli interventi edilizi progettati ed eseguiti porta, infatti, a dubitare della correttezza della sua quantificazione, atteso che, qualora effettivamente dovuto, andrebbe comunque commisurato all’effettiva incidenza del costo delle opere realizzate e tenendo conto delle sole superfici effettivamente interessate dallo stesso e non, invece, di tutte quelle costituenti il nuovo organismo edilizio, considerato nella sua globalità.

9.8.2 In caso di interventi modificativi di immobili già in precedenza assentiti, l’importo relativo va quantificato, infatti, in relazione alle opere aggiuntive rispetto al progetto già assentito e sulla base dei coefficienti vigenti al tempo del rilascio della concessione, atteso che la debenza a tale titolo dovuta è già stata corrisposta all’atto del rilascio della concessione per la costruzione.

9.8.3 Nel caso di specie, il calcolo è, quindi, errato sotto tale aspetto, conseguendone che l’Amministrazione dovrà rideterminarsi tenendo conto di quanto sopra osservato.

10. In conclusione, considerata l’erronea quantificazione del costo di costruzione, il ricorso deve essere accolto sotto tale limitato profilo e, per l’effetto, annullata quella parte della determinazione del contributo concessorio che reca la sua quantificazione, fatte salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.

11. Va, invece, rigettato sotto tutti gli ulteriori profili.

12. Sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare tra le parti le spese e le competenze di giudizio, atteso l’esito dello stesso.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limitati sensi di cui in motivazione, con riguardo alla quantificazione del costo di costruzione. Lo rigetta, invece, sotto tutti gli ulteriori profili.

Compensa interamente tra le parti le spese e le competenze del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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