Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-03-2011) 29-03-2011, n. 12772 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 8/10/2010 la Corte di appello di Cagliari, confermava la sentenza del Tribunale di Cagliari, in data 26/10/2007, che aveva condannato F.M. alla pena di anni uno e otto mesi di reclusione ed Euro 700,00 di multa per il reato di truffa aggravata, oltre al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, con una provvisionale di Euro 10.000,00 per M.D. ed Euro 2.000,00 per M.S..

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato a lui ascritto ed equa la pena inflitta.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando un unico motivo di gravame con il quale deduce violazione di legge e vizio della motivazione.

Al riguardo eccepisce che il fatto deve essere ricondotto all’interno di una vicenda di mero inadempimento contrattuale. Ripercorre quindi gli elementi di fatto della vicenda, mettendo in evidenza che l’inadempimento è stato causato da sopravvenute difficoltà economiche dell’imputato, dovendosi escludere che questi avesse dolosamente concluso gli accordi con il M. con l’intenzione di non adempiere.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità.

Il motivo dedotto deve ritenersi inammissibile, atteso che, pur denunciando formalmente violazione di legge e vizio della motivazione, costituisce, con tutta evidenza, reiterazione delle difese di merito ampiamente e compiutamente disattese dai Giudici di appello, oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici.

Le censure dedotte svolgono considerazioni in fatto insuscettibili di valutazione in sede di legittimità, risultando intese a provocare un inammissibile intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione adottata dal Giudice del merito.

E’ il caso di aggiungere che la sentenza di secondo grado va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, pronunciata in prime cure, derivandone che i giudici di merito hanno spiegato, in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti nella certezza del pieno coinvolgimento dell’imputato nella commissione del reato ritenuto a suo carico.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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