T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 24-03-2011, n. 288 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La società ricorrente agisce nella qualità di soggetto gestore di un impianto di distribuzione di carburanti ubicato nel comune di Cassino, alla via Casilina km. 140 + 200, e di altro impianto ubicato nel comune di S. Elia Fiumerapido, alla s.s. Cassino Sora km. 34 + 200.

Con i due ricorsi all’esame essa contesta gli atti con cui il comune di Cassino e la provincia di Frosinone, ciascuno per la parte di sua competenza, hanno autorizzato la controinteressata E.S. di M.P. a realizzare un impianto di distribuzione di carburanti in Cassino, lungo la s.s. Cassino Sora, km. 36 + 516.

2. Precisamente con il ricorso n. 395 del 2009 R.G. l’E. impugna i provvedimenti adottati al riguardo dal comune di Cassino, vale a dire l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto e il permesso di costruire relativo alle corrispondenti opere.

A sostegno del ricorso si denuncia la violazione dell’articolo 83bis, comma 17, d.l. 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in relazione all’articolo 13 della l.r. 2 aprile 2001, n. 8, e la violazione sotto vari profili dell’articolo 1, comma 2 d.lg. 11 febbraio 1998, n. 32 e dell’articolo 4 della citata l.r. n. 8 del 2001.

3. Il comune di Cassino e la E.S. si sono costituiti in giudizio e resistono al ricorso di cui eccepiscono l’inammissibilità e, in subordine, l’infondatezza.

4. Con il successivo ricorso n. 1009 del 2007 l’E. ha impugnato la determinazione, meglio indicata in epigrafe, e il relativo disciplinare con cui la provincia di Frosinone ha concesso alla controinteressata di realizzare i passi carrabili unidirezionali indispensabili a consentire l’accesso e l’uscita dall’impianto di distribuzione di carburanti in contestazione.

La ricorrente denunciava sotto vari profili l’eccesso di potere per carenza di presupposti, contraddittorietà, illogicità manifesta in relazione alla violazione del regolamento concessioni di cui alla delibera C.P. 20 maggio 1994, n. 48 e del documento denominato "Schema di prescrizioni tecniche a garanzia della sicurezza per la concessione di accessi a servizio dei distributori di carburante lungo la SSV Sora A/1", adottato dalla I ripartizione tecnica della provincia di Frosinone, nonché in relazione all’articolo 7, comma 6, lett. a) del d.lg. 30 marzo 2001, n. 165 e all’articolo 7, comma 1, del regolamento provinciale approvato con delibera C.P. n. 282 del 29 luglio 2008 nonché in relazione all’articolo 83bis, comma 17 d.l. 25 giugno 2008, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

5. Il 3 marzo 2010 l’E. depositava motivi aggiunti con cui contestava la violazione del punto 7.1.1. tab. 10 dell’allegato al D.M. infrastrutture e trasporti 19 aprile 2006 e dell’articolo 3 dello "Schema di prescrizioni tecniche a garanzia della sicurezza per la concessione di accessi a servizio dei distributori di carburante lungo la SSV Sora A/1".

6. La provincia di Frosinone e la E.S. si sono costituiti in giudizio e resistono al ricorso di cui eccepiscono l’inammissibilità e, in subordine, l’infondatezza.
Motivi della decisione

1. I ricorsi vanno riuniti, stante la loro connessione, ai fini della decisione con unica sentenza.

2. Preliminarmente occorre esaminare le eccezioni d’inammissibilità sollevate dai resistenti.

2.1. Questi anzitutto contestano la legittimazione dell’E. sotto un duplice profilo. Da un lato si evidenzia che, benché l’E. agisca a tutela di un proprio interesse commerciale, essa non denuncia la violazione di normative volte alla tutela di tale interesse ma di disposizioni tutte preordinate alla tutela di interessi diversi (sicurezza della circolazione, etc…..); sotto diverso profilo viene evidenziato che comunque difetterebbe l’elemento della vicinitas e quindi la concreta incidenza dell’autorizzazione a esercitare l’impianto in contestazione sull’interesse (commerciale) della ricorrente.

2.2. L’eccezione è infondata.

2.2.1. Per quanto riguarda il primo profilo ritiene il Collegio che la circostanza che la ricorrente sia legittimata da un interesse di tipo commerciale (cioè l’interesse a non subire la concorrenza del nuovo impianto assentito alla controinteressata) non esclude che essa possa dedurre la violazione di disposizioni non specificamente collegate alla tutela di tale interesse; in altri termini il ricorrente, salvi i casi di legittimazione di tipo eccezionale, non ha l’onere di proporre esclusivamente censure basate sulla violazione di norme preordinate alla tutela del tipo di interesse che lo legittima al ricorso; al contrario, una volta che sia verificato che il provvedimento incide negativamente su un suo interesse protetto, il ricorrente è legittimato e ha interesse a denunciare la violazione di qualsiasi disposizione disciplinante il potere esercitato dall’amministrazione e quindi anche disposizioni che si prefiggono la realizzazione di interessi di natura diversa da quello (necessariamente privato e per così dire "egoistico") che egli si propone di tutelare.

2.2.2. Per quanto attiene al profilo della vicinitas, l’E. afferma di agire quale gestore di un impianto sito sulla via Casilina e di altro impianto sito sulla s.s. Cassino Sora al km. 34 + 200 (precisamente nel primo ricorso l’E. ha fatto riferimento solo al primo impianto, evidenziando in memoria, dopo la contestazione della legittimazione da parte dei resistenti, di essere titolare di un impianto prossimo a quello in contestazione anche sulla Cassino Sora; nel secondo ricorso, invece, si fa esplicito riferimento, quale fattore di legittimazione, a entrambi gli impianti).

Ciò premesso, il Collegio ritiene che, benché le argomentazioni relative alla assenza di vicinitas tra l’impianto in contestazione e quello sulla via Casilina siano persuasive (si tratta infatti di impianti collocati su strade diverse e soprattutto posti al servizio di flussi di traffico diversi), non altrettanto può ritenersi relativamente al secondo impianto della ricorrente che è posto sulla medesima strada sulla quale insiste quello della controinteressata e a distanza che può ritenersi prossima. Insomma i due impianti servono la medesima utenza risultando pertanto "complementari" nel senso indicato dalla giurisprudenza richiamata dai resistenti.

Né persuasivo è l’assunto della controinteressata che sostiene che i due impianti indicati dalla E. sarebbero in realtà di pertinenza di diverso soggetto, cioè della Agip s.p.a.; e infatti costituisce fatto notorio (quasi un evento appartenente alla storia economica italiana), stante l’importanza delle società coinvolte, che l’A.G.I.P. – che era attiva, prima della trasformazione dell’E. in società e della sua privatizzazione, nel settore estrattivo – è stata incorporata dall’E. nel 1997 mentre A.G.I.P. Petroli s.p.a. – che operava invece nel settore della commercializzazione degli idrocarburi – ha subito la medesima sorte con decorrenza 1° gennaio 2003, divenendo la "divisione refining & marketing" di E. s.p.a.. In definitiva è incontestabile che l’impianto in questione è di proprietà dell’E. e ciò legittima quest’ultima al ricorso, indipendentemente dalla volturazione delle autorizzazioni a suo tempo rilasciate all’A.G.I.P. s.p.a.

3. Viene altresì eccepito da E.S., in relazione alla circostanza che il ricorso è stato proposto dal direttore generale della divisione refining & marketing di E. s.p.a., che questo soggetto difetterebbe di rappresentanza con conseguente nullità del mandato da lui conferito ai difensori e decadenza dall’impugnazione.

L’eccezione va respinta dato che risulta del tutto generica a fronte della circostanza che sia nell’epigrafe del ricorso che nel mandato sono indicati gli estremi della delibera del consiglio di amministrazione, con gli estremi della relativa pubblicità legale, che ha conferito il potere di rappresentanza processuale al direttore generale della divisione refining & marketing; in questa situazione risulta applicabile il principio secondo cui "solo nel caso in cui il potere rappresentativo derivi da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, spetta a chi agisce l’onere di provare l’esistenza di tale potere" (T.A.R. Piemonte, sez. I, 24 aprile 2009, n. 1140).

4. Può ora passarsi all’esame del merito del ricorso n. 395 del 2009 R.G..

E" peraltro opportuna una sintetica premessa sui fatti di causa e i loro antecedenti.

La controinteressata E.S. di M.P. da circa vent’anni ha in corso di perfezionamento il procedimento per l’apertura di un impianto di distribuzione di carburanti sulla s.s. Cassino Sora al km. 36 + 516.

Per la realizzazione dell’impianto ottenne il relativo titolo edilizio nel 1991; con delibere n. 735 del 27 marzo 1992 e n. 234 del 17 settembre 1999 la giunta provinciale rilasciava quindi l’autorizzazione provvisoria all’apertura dei due accessi carrabili sulla strada; quest’autorizzazione era subordinata al rilascio da parte del comune di Cassino della necessaria autorizzazione commerciale.

Tuttavia il comune di Cassino il 9 marzo 2007 negava l’autorizzazione commerciale, ritenendo che non fosse rispettata la distanza minima con gli impianti preesistenti ex articolo 13 della legge regionale 2 aprile 2001, n. 8; al provvedimento comunale faceva seguito un provvedimento della provincia, datato 21 marzo 2007, con cui l’ente negava il rilascio dell’autorizzazione definitiva, nel presupposto del mancato ottenimento dell’autorizzazione da parte del comune di Cassino e del mutamento delle condizioni di sicurezza del traffico (in quanto l’impianto si sarebbe venuto a collocare a una distanza inferiore a 1.000 metri da uno svincolo sulla strada in corso di realizzazione) e comunicava l’avvio del procedimento preordinato alla revoca dell’autorizzazione provvisoria del 1999.

I ricorsi proposti dalla controinteressata avverso questi atti erano respinti dalla sezione con la sentenza n. 1865 del 19 dicembre 2008.

Poiché nel frattempo era intervenuto l’articolo 83bis, comma 17, d.l. 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, la controinteressata riattivava il procedimento per ottenere l’autorizzazione commerciale all’esercizio dell’impianto; dopo una integrazione di documenti richiesta alla istante, il comune, nel presupposto che fosse venuto meno l’ostacolo al rilascio dell’autorizzazione (in pratica nel presupposto che la normativa sulle distanze minime tra gli impianti fosse stata abrogata dal citato articolo 83bis del d.l. n. 112 del 2008), rilasciava l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto in data 18 dicembre 2008.

Il rilascio avveniva nonostante la provincia di Frosinone avesse fatto presente – con nota acquisita dal comune il 21 novembre 2008 – di non poter rilasciare l’autorizzazione definitiva agli accessi (a causa dell’insistenza dell’impianto su area posta a circa 800 metri da uno svincolo in corso di realizzazione e della circostanza che il "regolamento" del 11 febbraio 2002 recante "Prescrizioni tecniche a garanzia della sicurezza per la concessione di accessi a servizio dei distributori di carburante lungo la SSV Sora A/1" stabilisce una distanza minima tra impianti e svincoli di metri mille).

Tuttavia successivamente l’atteggiamento della provincia – a seguito di diffida inviata dalla controinteressata – si modificava; l’ente infatti acquisiva un parere della propria avvocatura che riteneva "non pienamente applicabile" alla fattispecie il citato "regolamento", essendo l’impianto in contestazione stato provvisoriamente autorizzato e costruito in epoca anteriore e decideva di rivolgersi a un consulente al fine di verificare se fosse possibile autorizzare l’impianto previa adozione degli accorgimenti tecnici occorrenti a garantire la sicurezza del traffico (cfr. nota del 12 febbraio 2009); seguiva il 24 aprile 2009 il rilascio dell’autorizzazione definitiva agli accessi da parte della provincia.

Il provvedimento provinciale e il relativo disciplinare di concessione erano tuttavia impugnati da terzi che ne ottenevano la sospensione da parte di questa sezione (ordinanze nn. 294 e 295 del 18 giugno 2009); la sezione in particolare, pur ammettendo la derogabilità delle prescrizioni del 11 febbraio 2002, riteneva che potesse sussistere un vizio di difetto di istruttoria.

La provincia, allora, annullava il provvedimento del 24 aprile 2009 e adottava il 27 luglio 2009 una nuova determinazione favorevole alla controinteressata che si richiamava esplicitamente ai risultati della consulenza acquisita da parte dell’esperto e recepiva le condizioni indicate da quest’ultimo a garanzia della sicurezza stradale.

Contro queste nuove determinazioni erano nuovamente proposti due ricorsi da parte di terzi; la sezione con ordinanze nn. 565 e 566 del 19 novembre 2009 respingeva le relative istanze di tutela cautelare; tuttavia le ordinanze citate erano riformate dalle ordinanze nn. 1845 e 1846 del 26 aprile 2010 della V sezione del Consiglio di Stato.

5. Ciò premesso, con il primo motivo la ricorrente deduce che gli atti impugnati – che fanno seguito ad altri che questa sezione aveva annullato a causa del mancato rispetto della distanza minima da altro impianto – si basano sull’erroneo presupposto che la disposizione dell’articolo 83bis, comma 17, d.l. 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 abbia abrogato la preesistente disciplina che prescrive una distanza minima dei nuovi impianti da quelli esistenti (in particolare per la regione Lazio una disciplina sulle distanze minime è recata dall’articolo 13 della l.r. 2 aprile 2001, n. 8).

Al contrario sostiene l’E. che l’articolo 83bis, comma 17 – stabilendo che "al fine di garantire il pieno rispetto delle disposizioni dell’ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e di assicurare il corretto e uniforme funzionamento del mercato, l’installazione e l’esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti non possono essere subordinati alla chiusura di impianti esistenti né al rispetto di vincoli, con finalità commerciali, relativi a contingentamenti numerici, distanze minime tra impianti e tra impianti ed esercizi o superfici minime commerciali o che pongono restrizioni od obblighi circa la possibilità di offrire, nel medesimo impianto o nella stessa area, attività e servizi integrativi" – ha abolito, come poi conferma la lettura del successivo comma 21, i soli vincoli aventi finalità commerciale.

Di conseguenza i provvedimenti impugnati si fondano su un presupposto errato.

Il motivo è infondato; e infatti l’articolo 83bis citato stabilisce inequivocamente che l’apertura di impianti di distribuzione di carburanti non è più subordinata né subordinabile al rispetto di distanze minime tra impianti e il successivo comma 21, lungi dallo stabilire una sorta di ultrattività delle disposizioni che tali distanze minime prevedessero, si limita a disporre che le regioni promuovano il miglioramento delle rete distributiva "secondo criteri di efficienza, adeguatezza e qualità del servizio per i cittadini, nel rispetto dei principi di non discriminazione previsti dal comma 17 e della disciplina in materia ambientale, urbanistica e di sicurezza".

5. Con i successivi motivi – che possono essere esaminati congiuntamente – l’E. denuncia che: a) l’amministrazione non ha valutato e motivato in ordine alla sussistenza del presupposti cui l’articolo 1, comma 2, d.lg. n. 32 del 1998 subordina l’apertura degli impianti né ha dato conto della predisposizione della perizia giurata che deve attestare la conformità dell’impianto alle normative fiscali e concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale etc…..; b) non risulta essere stata verificata la conformità dell’impianto alle disposizioni del P.T.P. relativo all’ambito territoriale n. 14 "Cassino, Gaeta, Ponza"; c) il comune di Cassino ha disatteso immotivatamente tutte le indicazioni provenienti dalla provincia di Frosinone di "segno contrario" all’apertura dell’impianto; d) del tutto irragionevolmente l’autorizzazione del comune si fonda su autorizzazioni provinciali agli accessi carrabili provvisorie e precarie; ad avviso della ricorrente, invece, il comune avrebbe dovuto attendere l’autorizzazione definitiva agli accessi carrabili che costituirebbe un presupposto essenziale per l’autorizzazione commerciale prevista dall’articolo 1 del d.lg. n. 32 e non una condizione di efficacia (peraltro nella fattispecie di impossibile realizzazione dato che la provincia di Frosinone aveva già manifestato la propria contrarietà in relazione a profili di sicurezza stradale).

Le censure così dedotte, a parte la sicura tardività dell’impugnazione dei titoli edilizi che risalgono a circa vent’anni fa e si riferiscono a impianto che, benché non operante, è stato realizzato da anni, sono in parte inammissibili per la loro assoluta genericità e in parte infondate.

Per quanto concerne il rispetto o meno delle prescrizioni di cui all’articolo 1 del d.lg. n. 32 del 1998 le censure prima ancora che infondate sono inammissibili in quanto del tutto generiche, dato che la violazione di quella disciplina viene dedotta senza indicare uno specifico profilo di illegittimità e in forma praticamente "ipotetica"; quanto poi all’asserita mancata considerazione della normativa paesistica il certificato di destinazione urbanistica dell’area interessata dimostra l’assenza di vincoli.

Per quanto invece concerne il profilo relativo all’atteggiamento della provincia, sinteticamente può osservarsi che il comune correttamente ha esaurito il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione commerciale, esistendo un’autorizzazione per quanto provvisoria all’apertura degli accessi carrabili sulla strada e subordinando l’attivazione dell’impianto alla condizione dell’ottenimento da parte dell’interessata dell’autorizzazione definitiva; si tratta infatti di procedimenti (quello relativo al rilascio dell’autorizzazione commerciale da parte del comune e quello relativo all’autorizzazione agli accessi da parte dell’ente titolare della strada) autonomi, per quanto "paralleli"; né può dirsi che la condizione in questione fosse "impossibile", come dimostra se non altro la circostanza che essa si è successivamente verificata (poichè l’autorizzazione definitiva agli accessi è stata poi rilasciata anche se è attualmente sospesa a causa delle pronunce cautelari del Consiglio di Stato cui si è sopra accennato).

6. Può ora passarsi all’esame del ricorso n. 1009 del 2009 R.G..

Con tale ricorso E. impugna gli atti coi quali in data 27 luglio 2009 la provincia di Frosinone ha autorizzato definitivamente la controinteressata a aprire gli accessi carrabili sulla s.s. CassinoSora necessari all’esercizio dell’impianto.

7. Con il primo motivo la ricorrente denuncia che la provincia ha illegittimamente disapplicato le disposizioni – precisamente l’articolo 3 – dello schema recante "Prescrizioni tecniche a garanzia della sicurezza per la concessione di accessi a servizio dei distributori di carburante lungo la SSV Sora A/1", che "tassativamente" vieta l’installazione di impianti di distribuzione di carburanti a distanza inferiore a mille metri da svincoli di uscita e di ingresso.

Il motivo è infondato.

Deve anzitutto rilevarsi che lo schema in questione – datato 11 febbraio 2002 – non può essere considerato un atto di natura regolamentare o comunque normativa, poichè non risulta essere mai stato approvato dagli organi competenti in materia di regolamenti né pubblicato; lo "schema" è semplicemente sottoscritto dal Dirigente della I° ripartizione tecnica e va considerato come un atto interno che l’amministrazione si è data per regolamentare la materia degli accessi, autolimitando la propria discrezionalità in materia; ciò non ne implica la tassatività nella presente fattispecie in cui viene in rilievo un impianto che è stato realizzato in epoca antecedente al 2002 e per il quale la provincia aveva già rilasciato un’autorizzazione, per quanto provvisoria, agli accessi.

Non è quindi illegittimo che la provincia, stante la particolarità della fattispecie, abbia ritenuto di poter derogare allo schema sulla base di una specifica istruttoria in punto di sicurezza dell’impianto che è stata svolta commissionando un apposito studio a un esperto (un docente di "Trasporti" presso l’Università "La Sapienza" di Roma), studio i cui risultati e, in particolare, le cui indicazioni in punto di accorgimenti tecnici preordinati a garantire la sicurezza del traffico, sono "confluiti" nel provvedimento impugnato (che ha autorizzato gli accessi subordinandoli alle condizioni indicate dallo "studio").

8. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione del punto 7.1.1 tab. 10 dell’allegato al D.M. 19 aprile 2006 (recante "Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali"), cioè della disposizione regolamentare che ha parimenti previsto una distanza minima di 1000 metri tra gli accessi e le intersezioni sulle strade extraurbane principali.

Tuttavia deve rilevarsi in contrario che la disciplina in questione, risalente al 2006, non è applicabile alla fattispecie dato che l’articolo 1 non solo ne prevede al comma 1 la derogabilità, "per specifiche situazioni allorquando particolari condizioni locali, ambientali, paesaggistiche, archeologiche ed economiche non ne consentono il rispetto, sempre che sia assicurata la sicurezza stradale e siano comunque evitati inquinamenti", e al comma 4 l’inapplicabilità alle intersezioni in corso di realizzazione ed a quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, sia già stato redatto il progetto definitivo ma stabilisce al comma 5 che essa si applica alla realizzazione di nuovi accessi mentre nel caso in esame gli accessi sono stati già da lungo tempo realizzati in base alle autorizzazioni provvisorie che la provincia aveva rilasciato nel 19921999; di conseguenza, tenuto conto che l’impianto della ricorrente è stato realizzato prima del 2006 e che non risulta che il progetto definitivo relativo all’intersezione in questione (definita realizzanda dalla provincia) sia stato approvato prima dell’entrata in vigore del citato D.M. anche sotto il profilo all’esame non è illegittimo che la provincia si sia determinata a una deroga sulla base di un apposito studio della situazione e delle problematiche relative alla garanzia della sicurezza.

Quanto precede implica la reiezione del primo e del secondo motivo e, di conseguenza, anche del terzo (con il quale viene denunciata l’illegittimità della decisione di ricorrere a un consulente esterno non essendo la prestazione richiestagli coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione come richiesto dalla normativa regolamentare provinciale vigente). Al contrario la derogabilità della distanza più volte indicata rendeva giustificato a fini istruttori il ricorso a un consulente esterno che approfondisse la tematica della sicurezza stradale.

9. Quanto poi alla dedotta illegittimità dell’incarico conferito all’esperto esterno (quarto motivo), anche a ammettere la legittimazione della ricorrente a siffatta censura, sta di fatto che essa è infondata perché la deroga alla procedura comparativa è giustificata dal richiamo, recato dall’atto e su cui nulla è stato dedotto dalla ricorrente, all’urgenza ex articolo 14, lett. e) del regolamento approvato con delibera G.P. n. 282 del 29 luglio 2008 (non è invece certo che possa farsi riferimento alla precedente lettera d) dato che questa è stata modificata nel corso del 2010 e la resistente, che invoca tale deroga, non ha fornito il testo vigente al tempo della determinazione di incarico).

10. Con il successivo motivo la ricorrente deduce il vizio di contraddittorietà evidenziando come la provincia si sia determinata al rilascio dell’autorizzazione definitiva agli accessi nonostante in precedenza avesse ritenuto che al rilascio si opponesse l’elemento della distanza dalla realizzanda intersezione.

Il motivo è infondato dato che già si è accennato come la provincia sia addivenuta a un mutamento del proprio orientamento in merito alla vicenda sulla base di una ponderata rivalutazione di essa; in particolare l’organo procedente ha ritenuto di non essere inderogabilmente vincolato allo schema di prescrizioni più volte citato sulla base delle argomentazioni sviluppate in un parere dell’avvocatura (richiamato dal disciplinare di concessione impugnato); sulla base di questo parere e coerentemente con esso è stato quindi commissionato lo studio in materia di sicurezza; è chiaro infatti che, una volta escluso che la mancanza della distanza minima di 1000 metri rispetto alla intersezione realizzanda costituisse un insuperabile ostacolo alla concessione degli accessi, era necessario verificare in concreto se questi accessi potessero essere negati per ragioni di sicurezza della circolazione e, a tal scopo, si è fatto ricorso a uno studio di un soggetto munito di particolare qualificazione in materia, le cui conclusioni – favorevoli alla deroga, al contrario di quanto sostenuto nei motivi aggiunti che risultano quindi infondati – sono stati interamente recepiti dall’atto impugnato. Né può ritenersi che, a fronte dello studio e delle conclusioni e raccomandazioni dallo stesso recate, vi fossero particolari oneri di motivazione da parte della provincia in punto di sicurezza, dato che la ragione del ricorso all’esperto esterno consiste proprio nell’assenza in seno all’organizzazione provinciale di personale munito delle sue conoscenze e della sua particolare qualificazione professionale.

11. Vanno infine respinti il sesto e il settimo motivo che riprendono le censure recate dal ricorso n. 395 del 2009, già esaminate e respinte.

12. Conclusivamente i ricorsi vanno respinti, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sui ricorsi in epigrafe, li respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento a favore di ciascuna delle parti resistenti della somma di euro tremila a titolo di spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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